Lonnie Liston Smith - Expansions


Lonnie Liston Smith - Expansions

Quando Lonnie Liston Smith lasciò la band di Miles Davis nel 1974 per iniziare una carriera da solista, era un artista abbastanza maturo per intraprendere la sua personale avventura musicale, allo stesso modo di tanti suoi colleghi ex allievi del genio di Alton. Ovviamente in quel momento non poteva immaginare che il suo percorso artistico sarebbe stato importante per almeno due decenni ed avrebbe influenzato lo stile musicale delle future generazioni. Il suo catalogo di album è molto vasto e la decade dei seventies è indubbiamente il periodo di massima prolificità ma anche quello con la migliore qualità. Expansions è sicuramente uno dei suoi dischi migliori, e si distingue anche per i contenuti che sono chiaramente jazzistici, ma anche ovviamente ricchi di un funk jazz venato di soul. Delle sette composizioni presenti nell’album, sei sono dello stesso Smith, più una cover del classico di Horace Silver "Peace". La band include il bassista Cecil McBee, il sassofonista soprano David Hubbard, il sassofonista Donald Smith (che si esibisce anche al flauto), il batterista Art Gore, e  i percussionisti Lawrence Killian e Michael Carvin. Lonnie da parte sua utilizza sia il piano acustico che l'elettrico e svariate tastiere. I suoi brani sono molto jazzy, ariosi, aperti, ricchissimi di groove e di tanto in tanto sconfinano maggiormente verso il funk. Ascoltando Expansions oggi, si può forse intuire che Smith non era completamente a suo agio con la direzione presa da Miles Davis nel periodo finale della loro collaborazione e tuttavia gli echi del grande maestro ci sono e non possono essere trascurati. Ma qui Lonnie Liston Smith anticipa di dieci anni lo stile che sarà proprio del cosiddetto "Smooth Jazz" senza la freddezza delle patinate registrazioni degli anni ’80 e soprattutto molto distante dalla diffusa mancanza d’immaginazione ed audacia che caratterizzerà le future versioni commerciali del jazz. Abbiamo qui un pianismo leggero e fluido, dinamico e preciso, ma mai banale, caratterizzato da quella sorta di stile liquido e spaziale che diventerà il vero marchio di fabbrica di Lonnie Liston Smith. Il groove è potente anche per via della ritmica sempre scoppiettante e ricca di colori afro caraibici.  Il disco si apre con la title track, “Expansions”, uno dei tre brani cantati da Donald Smith presenti sul disco (Gli altri sono “Peace” e “My Love”). I testi sono quelli tipici della metà degli anni '70 (amore, pace, fratellanza, gioia, unità ecc.) , ma si percepisce l’onestà e la profondità del messaggio che appare privo di ambiguità o forzature. In ogni caso Expansions è un bellissimo pezzo, in cui in realtà le parti vocali sono ridotte all’essenziale mentre gli inserti strumentali sono eccezionali a cominciare dal flauto di David Smith ma senza tralasciare lo stupendo lavoro di Rhodes di Lonnie stesso. "Desert Nights" è irresistibilmente morbida e sensuale con il pianoforte combinato con un sapiente mix di flauto e percussioni. Smith si prende un assolo fantastico riempiendolo di bellissimi passaggi giocati sul registro centrale della tastiera. Su "Summer Days" e "Voodoo Woman" il piano torna ad essere lo strumento centrale con una grazia ed una misura che risultano irresistibili, sul primo Smith usa quello acustico, sul secondo suona il suo magico piano elettrico pieno di effetti e filtri. Ma anche in questi due numeri sono da sottolineare gli interventi di sax soprano e flauto. “Peace” è invece una classica ballata jazz acustica, molto ben cantata da Donald Smith con la sua voce d'impronta black. “Shadow” mostra chiaramente cosa Lonnie Liston Smith intenda per cosmic funk, su un tappeto ritmico che sembra quasi anticipare certe dinamiche drum’n’bass, scorrono liquidi e spaziali prima il sax soprano e poi le tastiere del leader. Davvero mirabile. “My Love” chiude l’album con un’ultima ballata, che altro non è se non il tema di Expansions riproposto a velocità ridotta. In tutto l’arco della registrazione appare formidabile il contributo al basso di Cecil McBee, che disegna linee originalissime ed imprescindibili ai fini dell’effetto finale. Bravissimo a supportare tutto il progetto anche il batterista Art Gore che non è mai banale nel suo approccio. In questo importante e seminale disco ascoltiamo una vera e propria formula magica che Smith cercherà di ripetere spesso nei suoi lavori a venire. Egli sarà sempre alla ricerca del giusto mix tra funk, jazz, soul e i suoni più dance che sul finire degli anni ’70 troveranno sempre più spazio, Lonnie qualche volta è riuscito nell’intento mentre in altre occasioni è uscito un po’ troppo dalla strada maestra.  Quel che è certo è che la musica di  Expansions resta un grandissimo esempio di soul-jazz magicamente sospeso nel tempo e nello spazio, per questo suona attuale in ogni epoca.