Catalyst - Perception


Catalyst - Perception

I Catalyst furono un quartetto di Philadelphia il cui materiale sonoro ha precorso i tempi, anticipando il lavoro dei successivi artisti di jazz fusion. Il gruppo riscontrò  un discreto successo locale attorno al 1970 e diventò maggiormente conosciuto dopo la riedizione delle loro registrazioni su CD. Tuttavia non raggiunsero mai una reale notorietà, nonostante il fatto che il loro talento fosse innegabile. Il gruppo è stato scoperto dal produttore Skip Drinkwater, che li ingaggiò  per conto della Muse Records dopo averli sentiti suonare in un club di Philadelphia. Drinkwater stesso e Dennis Wilen hanno prodotto il loro omonimo album di debutto, uscito nel 1972 con la seguente formazione: Eddie Green (tastiere e voce), Sherman Ferguson (batteria e percussioni), Odean Pope (sassofono, flauto eoboe) e Alphonso Johnson (basso). I Catalyst  hanno poi registrato e pubblicato un secondo album sempre nel 1972 intitolato Perception, ma il bassista Alphonso Johnson aveva, a quel punto, lasciato il gruppo per unirsi ai Weather Report, ed era stato sostituito da Tyrone Brown. il quartetto, che non faceva certo musica facile ed immediata, fu paragonato agli stessi Weather Report e ai Return to Forever creandosi un piccolo seguito di appassionati. Nel 1974 uscì il terzo lavoro: Unity, sempre su etichetta Muse, che ha segnato l’avvento di Billy Hart alla batteria in aggiunta ai suoi membri principali. Del 1975 infine la pubblicazione del loro ultimo disco, A Tear And A Smile. Le scarse vendite ed una subentrata delusione verso l'industria discografica hanno portato il gruppo a sciogliersi nel 1976. La loro era musica d’avanguardia, non c’era alcuna indulgenza verso contaminazioni popolari perciò, dopo un quinquennio di attività, non ebbe una seconda opportunità. Perception è un album decisamente di jazz elettrico. I brani sono complessi ed articolati, caratterizzati da ritmiche elaborate e da assoli molto interessanti. Si inizia con la title track  di 14 minuti, veicolo ideale per il sax acido, quasi free, di Odean Pope che poi passa al flauto con toni meno nervosi. Bello l’assolo di basso di Tyrone Brown così come il finale di batteria e percussioni di Ferguson. “Uzuri” per contrasto è dolce e melodica, caratterizzata dal bel flauto aulico di Pope, peccato che duri solo tre minuti. Segue “Celestial Bodies” un nuovo numero al confine del free jazz elettrico, dominato dal lacerante sax tenore di Odean Pope a disegnare linee melodiche assolutamente ardite. L’enigmatica ”Ile Ife” ci regala un bell’intervento al Rhodes del pianista Eddie Green. Chiude questo album, probabilmente troppo corto, “Got To Be There” che è di fatto il pezzo più orecchiabile dell’intera registrazione. Come ospite alla chitarra c’è Norman Harris che è l’unico solista, niente sax: tutti gli altri  semplicemente ad accompagnare il chitarrista. Se Perception ha un difetto è proprio quello di risultare quasi incompleto a causa della sua inopinata brevità. Non a caso al momento della riedizione dei quattro album su cd, i primi due lavori sono stati uniti su un unico supporto, così come il terzo ed il quarto. La loro discografia va ascoltata come un unico, monolitico affresco di jazz fusion embrionale, i semi del quale non tarderanno a germogliare, senza che Odean Pope e compagni potessero raccoglierli. In questo modo si può senza dubbio apprezzare meglio il talento e la carica innovativa di questo oscuro gruppo di musicisti afro americani, chiedendosi al contempo come sia possibile che tanta abilità sia passata quasi completamente inosservata. I Catalyst il loro segno nel jazz contemporaneo lo hanno lasciato eccome, sempre senza compromessi verso il rock e con poca affinità anche verso il funk. Le leggi del mercato discografico e la scarsa fruibilità ne hanno comunque decretato l’inesorabile caduta nell’oblio. Il “Bollettino Meteorologico” di Zawinul e compagni così come la svolta elettrica di Miles (Davis) avevano già rubato loro la scena, forse era davvero impossibile competere.