Joe Farell - Outback


Joe Farell - Outback

All’inizio degli anni ’70 Joe Farrell, uno dei più noti flautisti della storia del jazz, (ma suonava, e bene, anche il sax ed il clarinetto) firmò per la prestigiosa etichetta CTI di Creed Taylor dove rimase fino al 1976, registrando numerosi album. La produzione musicale di quel periodo combinava il suo stile hard bop con alcuni elementi pop e fusion, cosa che  lo fece diventare per un breve momento abbastanza popolare anche presso gli appassionati che non avevano familiarità con il suo precedente lavoro jazzistico. Farrell ha iniziato a suonare il clarinetto all'età di 11 anni e, dopo la laurea presso la University of Illinois nel 1959, si trasferì a New York. Nella metropoli ha avuto numerose e importantissime esperienze come ad esempio con la Maynard Ferguson Big Band (1960-1961) e Slide Hampton (1962). Inoltre ha registrato con Charles Mingus, Dizzy Reece, con Jaki Byard (1965). Senza dimenticare la Thad Jones / Mel Lewis Orchestra (1966-1969) e il gruppo di Elvin Jones (1967-1970).  È stato anche un membro della formazione originale dei Return to Forever tra il 1971 ed il 1972. Joe Farrell ebbe un periodo piuttosto creativo nel corso degli anni ’70 ed i suoi dischi da solista registrati con la  CTI ottennero buone vendite. Purtroppo Farrell è morto di cancro alle ossa nel 1986, a soli 48 anni. Outback è il secondo degli album di Joe per l’etichetta “fusion” di Creed Taylor. Registrato in quartetto nel 1972, con Elvin Jones alla batteria, Chick Corea al piano elettrico, Buster Williams al basso più il percussionista brasiliano Airto Moreira. Farrell non si limita qui a proseguire nella direzione del concettualismo jazzistico, ma sposa anche il più moderno e contaminato stile CTI. Ne esce Outback, che non è propriamente un album funky o fusion con smaccate tendenze commerciali, ma è invece soprattutto un viaggio avventuroso, un esercizio sul filo del rasoio tra composizione e improvvisazione, tra tradizione e innovazione, tra ricerca e concretezza. Sono solo quattro le composizioni registrate sull’album, tutte composte da Farrell. Il set inizia con “Outback” che da il titolo al disco. Incentrato su una serie di accordi di minore, Joe  utilizza principalmente flauto e ottavino per tessere una affascinante serie di melodie ascendenti in contrasto le armonie del piano di Corea.  Elvin Jones suona curiosamente molto più soft di quanto sia solito fare. "Sound Down" è invece un brano più vivace nel quale Farrell decide di esibirsi meravigliosamente al sax soprano. La ritmica vede Buster Williams suonare una breve linea di basso mentre Jones questa volta fa sentire molto più marcatamente la sua batteria. Ogni assolo del leader è accompagnato da una favolosa risposta pianistica di Chick Corea. "Orchid Bleeding" è una sorta di ballata giocata tutta su degli intervalli continuamente mutevoli, contrappuntati pregevolmente da Buster Williams con una serie di pizzicato di basso. I trilli e le armoniche di Farrell combinano classicismo jazz con echi di musica mediorientale. "November 68th ", evoca la "My Favorite Things" di John Coltrane  per come Joe Farrell riesce a sfruttare in profondità il registro medio del sax, donando al brano una splendida raffinatezza blues. Quello di Outback è un Joe Farrell in grande forma, al culmine della sua parabola evolutiva e circondato da eccezionali musicisti che spingono il suo volo sonoro ad un’intensità quasi inimmaginabile. Outback è uno lampo, uno schianto. Breve ed esplosivo, ispirato e affascinante. Insieme al successivo “Moon Germs”, uscito l’anno dopo è  il miglior album che Joe abbia mai registrato.