Sixun – Nomad’s Land


Sixun – Nomad’s Land

I francesi Sixun si sono formati nel 1984 e vantano quindi più di trent’anni di attività. Il nome Sixun è l’unione di due vocaboli che si riferiscono al numero dei membri della band (sei, six in francese) provenienti da varie parti del mondo, che suonano insieme come un'unità (uno, un in francese). Il nucleo del gruppo è costituito da Paco Sery (batteria, percussioni), Jean-Pierre Como (tastiere), Alain Debiossat (sassofono), Louis Winsberg (chitarra) e Michel Alibo (basso) ed infine Jaco Largent (percussioni). Questa formazione è rimasta praticamente invariata nel corso degli anni. I Sixun hanno iniziato la loro vera carriera discografica nel 1985 con l’uscita di un primo album intitolato “Nuit Blanche”, arrivando a pubblicarne fino ad oggi ben dodici.  Il genere di riferimento è senza dubbio la jazz fusion, ma sono fortemente avvertibili delle significative influenze dettate dalle origini multiculturali dei musicisti della band, in particolare quelle caraibiche e africane. Di fatto le costruzioni poliritmiche e le complesse melodie costruite dai Sixun sono molto importanti e ne determinano in larga misura il sound. I Sixun sono spesso paragonati, a ragione,  ai Weather Report, la cui grande influenza pare davvero aver ispirato profondamente questi musicisti francesi. Va detto anche, ad onor del vero, che i membri della band sono tutti indistintamente dotati di una grandissima tecnica individuale e le composizioni non sono affatto prive di una loro originalità e di grande fascino, al punto da rendere i Sixun piuttosto riconoscibili e caratteristici. Un orecchio attento percepirà qua e là gli echi di Zawinul, Pastorius, Shorter e compagni, echi che a volte diventano quasi dei richiami espliciti e diretti, attuati con le tipiche sonorità ben note ai fan dei Weather Report. Non mancano accenni alla musica etnica che attingono sia alla tradizione gitana sia a quella più genericamente mediterranea. Nomad’s Land è il sesto album per il gruppo francese, ed è composto da undici tracce piuttosto omogenee. Il lavoro del 1993 sposta decisamente il baricentro della musica verso un’area più jazz fusion, lasciando  sullo sfondo le influenze afro caraibiche e/o etniche, molto marcate negli album precedenti. Dal mio punto di vista trovo questa scelta azzeccata e vincente dato che Nomad’s Land mi pare un gran bel disco, molto diretto e corposo. Complessivamente risulta ricco, variegato ed interessante, nella consapevolezza che il territorio è quello di una sofisticata architettura musicale di matrice jazz rock, in cui la sezione ritmica lavora in perfetta simbiosi per creare il corretto tappeto sul quale poggiano i virtuosi interventi dei solisti. In questo senso non si può non notare la bravura sia del bassista della Martinica Michel Alibo che del batterista ivoriano Paco Sery. Highlights dell’album sono la super-funky e sincopata “Ali Gogo”, l’atmosferica e rilassata “Parakali”, la veloce e nervosa “James Machine” ed una pirotecnica “Tooklao” che riassume tutti i tratti salienti della band. Ovvero padronanza assoluta a livello tecnico, grandi assoli, buon gusto e bel suono collettivo. Forse non occorre sempre essere americani o inglesi per suonare della buona fusion, anche noi europei (continentali) possiamo farlo in modo egregio: i francesi Sixun ne sono la dimostrazione tangibile.