Freddie Hubbard – Red Clay


Freddie Hubbard – Red Clay

Uno dei più grandi trombettisti jazz di tutti i tempi, Freddie Hubbard.  Il musicista di Indianpolis ha forgiato il suo suono nella scia della tradizione di maestri come Clifford Brown e Lee Morgan, e dai primi anni '70, è stato indubbiamente uno dei battistrada più significativi del jazz. Tuttavia, una serie di album palesemente commerciali pubblicati più avanti nel decennio hanno danneggiato la sua reputazione e proprio quando Hubbard, nei primi anni '90, (con la morte di Dizzy Gillespie e Miles Davis), sembrava potersi definitivamente prendere il ruolo di maestro veterano della tromba, la salute ha cominciato a dargli gravi problemi. Fu praticamente obbligato ad abbandonare il suo amato strumento per dedicarsi, con molta parsimonia, al solo flicorno. Questo importante album del 1972, Red Clay, può essere considerato il momento più bello di Freddie Hubbard come leader, in quanto incarna perfettamente la sua dirompente personalità artistica  e mette in risalto tutti i suoi punti di forza come compositore, solista e frontman. Su Red Clay Hubbard combina il glorioso passato hard bop con le innovazioni degli anni ‘60, e rilegge il tutto attraverso la modernità dell’elettro fusion funk dei '70s. Questa sessione vede il trombettista in compagnia di autentici giganti come il sassofonista Joe Henderson, il pianista Herbie Hancock, il bassista Ron Carter e il batterista Lenny White: praticamente un super gruppo. Le cinque composizioni di Hubbard provengono tutte dal territorio della cultura blues, sono splendidi retaggi che si innestano su delle moderne strutture funky hard bop degne della migliore tradizione jazzistica. Su di essa si stratificano avvalendosi anche delle nuove e calde tendenze del soul jazz. La title track “Red Clay” è un brano di oltre 12 minuti introdotta da un lacerante urlo di sax e tromba che di seguito prende un ritmo 4/4 sul quale Hubbard prima, Hancock ed il suo rhodes dopo ed infine Henderson con il suo sax inanellano una splendida e suggestiva sequenza di assoli. Una sorta di vero e proprio manifesto programmatico. "Delphia" inizia come una ballata dalle lente e morbide linee di flicorno per poi aprirsi in un mid-tempo, con un inusuale organo hammond a sostegno, ed infine si snoda nei meandri tenebrosi del blues. Il brano forse più rappresentativo di questo album però è "The Intrepid Fox" con la sua apertura alla maniera di Miles Davis  e un Freddie Hubbard che nuota perfettamente a suo agio nel mare magnum delle muscolari e complesse architetture dell’hard bop. Suona splendente il lavoro in background del divino Herbie Hancock al piano elettrico così come straordinario è il suo assolo. Iconici infine Hubbard e Henderson nel loro gioco di sfida tra tromba e sax nel quale su tutto vincono il talento ed il cuore. La ristampa del cd prevede un brano aggiuntivo che è la versione live della title track: un ottimo modo per comprendere quanto i musicisti di questo quintetto di star fossero al loro meglio anche dal vivo. In alcuni passaggi non mancano echi al limite del free jazz, a testimonianza di una grande libertà espressiva e dell’ambiziosa integrità musicale di Freddie Hubbard, che qui nulla concede alle tentazioni commerciali. Attenzione: sarà anche elettrico, contaminato, fusion quanto si vuole, ma questo è un classico del jazz, giù il cappello. Red clay è un grande album. E Freddie Hubbard è stato un grandissimo maestro della tromba e del flicorno, impossibile negare l’evidenza.