Bobby Hutcherson - Happenings


Bobby Hutcherson - Happenings

Bobby Hutcherson può senza dubbio essere considerato uno dei più grandi vibrafonisti della storia del jazz. Egli ha interpretato il suo strumento in stretta relazione con il periodo in cui è emerso come musicista, nello stesso modo in cui Lionel Hampton ha fatto con lo swing o Milt Jackson con il be bop. Tuttavia Hutcherson non è noto come i suoi due citati predecessori, forse perché quando venne alla ribalta, agli inizi degli anni ’60, si dedicò all’esplorazione dei territori più cerebrali e meno accessibili del jazz, quelli che per intenderci spesso rasentarono l'avanguardia ed il free jazz. Insieme con Gary Burton, l'altra fondamentale figura del vibrafono degli anni '60, ha contribuito a modernizzare il suo strumento, ridefinendo il concetto stesso di cosa si può fare con esso, aprendo ancora di più le porte dell’espressività di una percussione che in fatto di sonorità è davvero unica. Lo ha fatto dal punto di vista sonoro ed anche tecnicamente, melodicamente, ed emotivamente. In questo lungo, laborioso e rivoluzionario processo, è diventato una delle voci fondamentali nel glorioso “roster” della magnifica etichetta Blue Note. Hutcherson a poco a poco convertì il suo stile in un più tradizionale post-bop modale che, anche se non avventuroso come suoi primi approcci, ha conservato intatta la sua reputazione di essere uno più avanzati maestri del vibrafono. Happenings fu registrato nel 1966, con il presupposto di elaborare un nuovo stile meno strutturalmente audace e avanguardista. Per questo motivo viene piuttosto ingiustamente considerato meno importante rispetto al lavoro che è venuto immediatamente prima (intitolato Components). A mio parere è invece un’opera di grande spessore sia dal punto di vista compositivo che per le singole prestazioni  dei musicisti coinvolti, che sono eccezionali. Happenings è anche il primo album a presentare Hutcherson come un classico solista che fronteggia una sezione ritmica jazz convenzionale. Nel dettaglio: Herbie Hancock al pianoforte, Bob Cranshaw al contrabbasso e Joe Chambers alla batteria. Tutti i brani dell’album sono dello stesso Bobby Hutcherson ad eccezione dello stupendo "Maiden Voyage" del pianista Herbie Hancock, e sono da inserire nel contesto di un moderno hard bop: sono combinati con sapienza in un indovinato mix di ballate, sapori latini, qualche spruzzata di avanguardia e classici e veloci up tempo. “Aquarian Moon” è l’apertura del disco e anche il punto culminante della musica espressa dal quartetto: Hutcherson fa viaggiare il suo vibrafono al top della tecnica e così fa anche il divino Hancock con il pianoforte nel suo scattante e suggestivo assolo. La resa di “Maiden Voyage”, che già di per se è un capolavoro a livello compositivo, è a dir poco sensazionale, il vibrafonista mette tutta la sua maestria operando di concerto con la proverbiale bravura di Herbie Hancock in un connubio tra i due strumenti che suona etereo ma al tempo stesso evocativo e pieno di passione. Da sottolineare il lavoro di batteria di Joe Chambers, metronomico ma così magicamente propulsivo, pur se giocato principalmente sui piatti. "When You Are Near Me" è una ballata di grande classe ed è senza dubbio il più forte tra gli originali di Hutcherson su Happenings, peccato duri meno di quattro minuti che è quasi una perversa beffa dato che la si vorrebbe di ben altra lunghezza per goderne appieno. “The Omen” ha invece velleità da musica d’avanguardia ed è senza dubbio l’esperimento meno riuscito di tutto l’album che invece è molto ben completato dalle altre tre tracce “Bouquet”, “Rojo” e “Head Start”. Brani che spaziano dalla lenta ballata al ritmo latino fino al tradizionale bop.  Raramente la storia del jazz può essere interpretata come una linea completamente diritta. Dopo gli iniziali e forse incompresi sforzi nel free jazz, Bobby Hutcherson, con il suo vibrafono, ha cambiato direzione e si è rivelato come un musicista straordinario ed un formidabile compositore proprio nel campo delle correnti più tradizionali della musica afro americana. Happenings e in seguito anche il favoloso “Oblique” sono delle testimonianze imperdibili di uno dei più sottovalutati talenti del jazz e meritano un ascolto attento ed una profonda rivalutazione complessiva.