Viktoria Tolstoy - Letters to Herbie


Viktoria Tolstoy - Letters to Herbie

La brava vocalist svedese Viktoria Tolstoy, pro-pronipote di Lev Tolstoj per linea materna, è giunta, a dispetto della scarsa notorietà internazionale, al nono album. Con questo “Letters to Herbie” propone un'elegante raccolta di brani del repertorio di Herbie Hancock, reinterpretati con un certa personalità. Nell’album traspare una grande (e doverosa) ammirazione per il grande pianista americano. Viktoria è stata una grande fan di Herbie fin dalla sua giovinezza e d il progetto di realizzare un tributo al suo idolo è stata per lei certamente una sfida emozionante. L’idea è nata durante un festival del jazz, nel 2004, quando la cantante ha avuto il privilegio di condividere lo stesso palco sul quale avrebbero suonato anche Hancock e la sua band, con ospite anche il grande Wayne Shorter. Dopo il concerto il grande pianista ha invitato a cena la bella Viktoria che ha così potuto conoscere personalmente sia Herbie che Wayne. E’ chiaro che ciò che più ha colpito la Tolstoy, nella musica del grande maestro, è la storica apertura di Hancock verso il pop, il soul ed il funk, dato che lei stessa ha trovato i maggiori consensi proprio con il suo pop sofisticato e fortemente contaminato dal jazz e dal funk. Con "Letters To Herbie", pubblicato del 2011,  Viktoria Tolstoy ha dovuto affrontare subito una scelta difficile: selezionare 12 brani dall'enorme discografia disponibile. Alla fine ha ascoltato il suo cuore, prendendo l’intelligente decisione di non scegliere banalmente i più grandi successi di Hancock, come "Cantaloupe Island" o "Watermelon Man", già troppo spesso reinterpretati in passato, ma selezionando invece le canzoni che sentiva più vicine alla sua personale sensibilità. Ecco allora che l'attenzione si concentra in gran parte sui brani della fase funky, a cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80: ad esempio "I Thought It Was you" o "Give It All The Heart", ma senza tralasciare alcuni classici. Tra questi "Butterfly" o "Naima" di John Coltrane, di cui Hancock regisìtrò un’emozionante versione nel 2002. Sia nelle ballate jazzistiche, come "Chan’s Song", che nei pezzi più carichi di funky groove, tipo la bonus track "Come On, Come Over", le versioni della Tolstoy suonano adeguate, prive di artificialità, moderne ma rispettose dell’originale. La bella voce di Viktoria, dà alla musica un tocco speciale con la sua invidiabile chiarezza. L'effetto complessivo è molto interessante e molto del merito va ascritto anche alla band che appare meravigliosamente in sintonia con la vocalist, in particolare Nils Landgren. Oltre a produrre l'album e suonare il trombone, Landgren ha anche scritto la title track “Letters to Herbie” e la canta insieme alla Tolstoy, raccontando la storia dell'incontro di Viktoria con Hancock. Il pianista di fiducia della cantante, Jacob Karlzon, accetta a sua volta  la sfida di suonare nel solco del maestro e riesce a convincere con raffinati assoli di pianoforte e una varietà di toni e colori anche con le tastiere e il piano elettrico Fender Rhodes. Matthias Svensson al basso e Rasmus Kihlberg alla batteria forniscono il groove che serve ovvero il tappeto ritmico più consono a questo tipo di musica. La chitarra di Krister Johnsson è fortemente influenzata dal soul e di tanto in tanto evoca George Benson (ma senza dimenticarsi mai un uso puntuale del pedale wah-wah, tipico del funk). Una menzione d’onore va fatta anche ai potenti fiati arrangiati da Magnus Lindgren. Per scoprire tutte le sfumature tecniche e le sottigliezze musicali di questo lavoro, come ad esempio proprio la sezione fiati in "Come Running To  Me" e la straordinaria qualità delle singole interpretazioni, bisogna ascoltare i brani più volte. Il tono generale è sofisticato e tende a suonare come un disco piacevole e ben equilibrato, abbordabile anche da coloro che non masticano volentieri il jazz e i suoi derivati. Da ascoltare con le luci soffuse, un buon hi-fi,  magari sorseggiando un bicchiere di buon vino in una piovosa serata autunnale come questa. Atmosfera ideale.