Brandon Fields – Fields And Strings


Brandon Fields – Fields And Strings

Brandon Fields è un sassofonista di talento, sicuramente in parte influenzato da David Sanborn, ma che ha la versatilità per destreggiarsi con disinvoltura sia nella fusion che nell’hard bop. Fields è cresciuto nell’Orange County, in California e ha iniziato a suonare il sax alto alto all’età di dieci anni. E’ stato un musicista freelance fin da quando era un adolescente, per poi trasferirsi a Los Angeles nel 1982 e dal quel momento lavorare come session man (ad esempio per George Benson o i Rippingtons) ed infine registrare una serie di album a suo nome. E' risaputo che una delle più grandi eredità culturali del secolo passato sono gli standards della cultura popolare. Fields And Strings è un album di Brandon Fileds del 1999, nel quale il sassofonista si cimenta (da jazzista) con alcuni dei più bei temi della tradizione musicale americana. Non importano l’anzianità delle composizioni o la situazione contingente,già le prime note di uno standard hanno indubbiamente  il potere di regalare emozioni per il cuore e riflessioni per la mente. Un artista ed un musicista come Fields, il cui curriculum personale è tanto stilisticamente valido quanto lo è la sua personale collezione di influenze musicali, non poteva non accettare la sfida di registrare un album ambizioso e particolare come questo. Il sassofonista, a partire dalla metà degli anni 1980, ha costruito un imponente discografia jazz su una miscela entusiasmante di brillanti brani originali e cover ben fatte che spaziano dal be-bop alla fusion fino ai moderni classici R&B. Su Fields And Strings Brandon si accompagna con un'orchestra diretta dalla moglie Gina Kronstadt e usufruisce dei magnifici arrangiamenti di un vincitore del Grammy Awards come Jorge Calandrelli. Il lavoro vuole rendere omaggio ad un'epoca passata della musica moderna con alcune nuove ed ispirate interpretazioni di dodici dei suoi pezzi preferiti di tutti i tempi. Non a caso, il progetto ha preso forma come una sorta di attività di famiglia, con il signor e la signora Fields in qualità di produttori esecutivi e la Kronstadt, che è una violinista veterana, collaboratrice ad esempio di Sarah Vaughn e degli Earth, Wind & Fire in veste di solista e direttrice d'orchestra. Brandon Fields è sempre stato un estimatore della combinazione unica ed intricata tra la raffinatezza armonica e la bellezza complessiva della presentazione, attuata da un arrangiamento sofisticato. Qui una sezione d'archi di quaranta elementi (violini, viole, violoncelli) crea emozioni magistrali e fantastiche atmosfere dietro il quartetto jazz principale che vede Fields al sax contralto, tenore e soprano, Alan Pasqua al piano, Dave Carpenter al basso e Peter Erskine alla batteria. Fields And Strings inizia con "Little Sunflower" e la sua malinconica melodia proposta dal sax soprano, il sassofonista crea un contrappunto onirico sul ritmo crescente degli archi. Su "When Sunny Gets Blue" Brandon Fields esegue la partitura con una vena ricca di soul e sentimento, in “Misty” propone uno stile gentilmente percussivo su un ritmo di valzer, mentre "The Look of Love" si muove dal dolcemente atmosferico al giocoso e viceversa. Interessante la lettura di "Summertime" sorniona, lunatica e sottile, giocata abilmente da Fields sopra i groove ipnotici di Carpenter e Erskine al basso ed alla batteria. Il tono diventa più vivace per la cover di "I’ll Remember April", con lo scoppiettante sax alto di Fields a duettare con il clarinetto di Dan Higgins. "Loverman" da quasi la sensazione di una colonna sonora, ma il suo romanticismo non viene certo sminuito dall’intimistica esecuzione del sax e dall’importante orchestrazione. Come il brano richiede, su "Stolen Moments" il quartetto imbastice una stupenda combinazione tra ritmo e melodia, mentre l'orchestra costruisce un’atmosfera drammatica e suggestiva. Fields richiama alla mente Stanley Turrentine per gusto ed eleganza su "Angel Eyes". Il set si conclude con la sempre magica "What a Wonderful World" sulla quale  il bel timbro del sax di Brandon Fields appare come avvolto in una ricca carezza dell’orchestra. Se è un dato oggettivo che spesso le orchestre non fanno bene ai dischi di jazz, bisogna ammettere che in questo caso l’operazione nostalgia  messa insieme da Brandon Fields, con l’aiuto di un grande ensemble di archi appare come perfettamente riuscita. Il tono è romantico e spesso malinconico ma non risulta mai troppo pesante, ed anzi sembra tagliato su misura per interpretare al meglio questi dodici standard immortali, grazie alla misura ed al buon gusto degli arrangiamenti ma soprattutto per merito della bravura del quartetto jazz di Brandon Fields.