Herbie Hancock – Man Child


Herbie Hancock – Man Child

Per Herbie Hancock il 1973 fu un anno di radicale cambiamento di rotta. Dopo aver registrato qualche album per la Warner Bros. nel triennio 1969-72, in cui si palesavano i prodromi della contaminazione con il linguaggio fusion, il pianista svoltò decisamente verso un più accessibile jazz-funk strumentale. In primis con  Headhunters e poi con i successivi album per la Columbia, come Secrets e Man Child. Confrontare il gruppo di Hancock di Sextant con gli Headhunters sarebbe come paragonare il quintetto di Miles Davis di fine anni ‘50 con il cast ascoltato in seguito su Bitches Brew. A dire il vero, non sono stati pochi quelli che hanno rifiutato sdegnosamente il sound di Man Child, bollato troppo superficialmente come un prodotto eccessivamente commerciale. In compenso ci furono folte schiere di appassionati di jazz funk (e non solo) che apprezzarono immensamente il groove irresistibile di brani come "Hang Up Your Hang Ups", "The Traitor" e "Steppin' In It". Inoltre, a rendere Man Child un album imperdibile, Hancock si esibisce qui in assoli memorabili, così come fa anche il sassofonista Bennie Maupin. Man Child è senza dubbio uno degli album più spavaldamente funk della carriera di Herbie Hancock, un lavoro dove i brani sono caratterizzati da brevi, ripetuti riff da parte della sezione ritmica, dei fiati e del basso inframmezzati dagli assoli straordinari di Herbie al piano elettrico ed ai synth. L’album vede  infatti una minor partecipazione della band nelle improvvisazioni per dare il maggior spazio possibile a Hancock che mette in mostra una formidabile confidenza con questo stile più leggero, valorizzato da un arsenale di tastiere che, per l’epoca, era qualcosa di eccezionale . Ma la vera specificità del nuovo suono di Man Child sta nell'aggiunta della chitarra elettrica, affidata alle mani sapienti di Melvin "Wah-Wah Watson" Ragin, DeWayne "Blackbyrd" McKnight e David T. Walker. L’ampio  uso del wah-wah è esattamente ciò che contribuisce a dare all'album un’impronta molto  funky, unitamente come è ovvio alla sezione ritmica nel suo insieme. La sezione fiati dal canto suo gioca ad alternarsi con il piano elettrico, il sintetizzatore e la chitarra in un innovativo ed ipnotico botta e risposta. Paul Jackson, Bill Summers, Harvey Mason, Bennie Maupin, e Mike Clark formano il nucleo del gruppo degli Headhunters con cui Hancock aveva registrato per i tre anni precedenti e questo rappresenta il loro ultimo album come band. La classe del maestro Hancock non conosce confini, sia che si tratti di jazz mainstream, sia che si cimenti in divagazioni di carattere più accessibile, il grande pianista riesce (quasi) sempre a produrre musica stimolante ed originale. "Hang Up Your Hang Ups" da il via all'album con quel suono di tastiera e chitarra così caratteristico a cui accennavo precedentemente. Hancock galleggia dolcemente sopra i riff funk del wah wah di Watson, mentre i fiati  di tanto in tanto si incuneano nella tessitura musicale. Fondamentalmente il brano è una sciolta jam session in stile Headhunters, ma è al tempo stesso un’orecchiabile funky disco. “Bubbles” è molto calma e rilassata pur essendo interessante ed organica. La dimostrazione che gli Headhunters possono cimentarsi anche in toccanti numeri d’atmosfera con la stessa scioltezza con la quale affrontano il funk più estremo. Stupendo l’assolo di sax Wayne Shorter. “Sun Touch” ci trasporta nel cuore dello space funk degli anni ’70 e gli amanti del piano elettrico ameranno alla follia ciò che Herbie riesce a proporre qui.  E’ un suono etereo e rilassato pur rimanendo energico e vivace. Con la ritmata “Steppin’ In It” torniamo nel territorio del groove elegante e propulsivo, in uno dei pezzi più genuinamente funk che Hancock abbia mai scritto. Simpatico l’intervento di armonica di Stevie Wonder. Si tratta di un’interpretazione della black music esattamente come dovrebbe essere. Allo stesso modo “The Traitor” mette in mostra tutta l’anima funk degli Headhunters, tra ritmiche complesse, linee di basso irresistibili e gli immancabili assoli di Hancock, tra i quali si distingue quello di synth. Se siete alla ricerca dell’Herbie Hancock più orientato verso il jazz puro allora è meglio non guardare da queste parti. Ma se siete interessati al funk o agli altri mondi esplorati da questo gigante della musica Man Child è un ottimo album per iniziare, dal momento che ciò che propone è un ascolto accessibile, colorato ed energico nel contesto della più alta qualità artistica. Man Child altro non è se non un classico, un album che è, senza dubbio, uno dei migliori dischi jazz funk mai realizzati. Coloro che amano il jazz contaminato da un abbondanti iniezioni di funk non dovrebbero assolutamente perdersi questo eccellente lavoro di Herbie Hancock.