Randy Weston – Blue Moses


Randy Weston – Blue Moses

Costringere la figura di Randy Weston dentro la ristretta categoria degli eredi del be bop racconta solo una parte della storia di questo musicista inquieto. Partendo effettivamente dal linguaggio del bop, Weston ha gradualmente assorbito l’influenza e lo spirito dei ritmi e delle melodie africane e caraibiche riuscendo a saldare tutto insieme attraverso una ricerca continua ed uno spirito avventuroso davvero straordinario. Il suo lavoro al pianoforte spazia tra diversi stili, dal boogie-woogie al bop, dal free al funk, con una firma distintiva che se da una lato ricorda quella di Thelonious Monk non ne è tuttavia del tutto diretta discendente. Registrato nel 1972, Blu Moses, è l'album di maggior successo commerciale nel catalogo di Weston ma rimane uno dei suoi più controversi a causa dei suoi stessi sentimenti conflittuali sul prodotto finale, che a suo giudizio suonava troppo pulito e preciso e quindi forse un pò lontano dall’intento originale dell’artista. E’ innegabile che la registrazione sia fortemente influenzata dall’impronta dell’etichetta CTI di Creed Taylor, che era effettivamente una garanzia certa di una produzione patinata, ma in realtà Blue Moses appare ugualmente originale e rivoluzionario. Randy Weston suona sia il pianoforte acustico che il Rhodes; la band è quella formata da alcune delle star stabilmente sotto contratto con la CTI: il trombettista Freddie Hubbard, il sassofonista Grover Washington, i flautisti Hubert Laws e Romeo Penque, il batterista Billy Cobham, i bassisti Ron Carter e Bill Wood, e i percussionisti Phil Kraus, Airto Moreira, e il figlio di Weston, Azzedin. A questo si aggiunge una incisiva sezione fiati orchestrata da Don Sebesky. Blue Moses, è composto da soli quattro brani ed è un progetto particolare di Weston che mirava a mostrare quanto l'influenza della musica "Ganawa" del Marocco avesse avuto un impatto importante su di lui in veste di compositore. "Ganawa (Blues Moses)" spinge l'ascoltatore in un nuovo esotico spazio, qualcosa che si colloca al di fuori dei soliti schemi del jazz, pur mantenendo intatto il legame con esso. Ci sono le sue frenetiche linee di pianoforte, ma sono innestate in un contesto sonoro Medio Orientale, dove scorrono ritmi nordafricani e i fiati sono aggressivi, pieni di dinamica, giustamente aperti e freschi. Sebesky sapeva perfettamente quello che aveva in mente Randy Weston, e governa i suoi musicisti quel tanto che basta per valorizzare gli arrangiamenti senza sminuire la sostanza delle composizioni. "Marrakesh Blues" è un blues modale orientaleggiante nel quale la sezione fiati viene usata per aumentare la drammaticità ed il pathos. Bellissima la tromba di Hubbard gemellata con il flauto,  e splendidi sono gli assoli di piano elettrico così come il profondo e ipnotico giro di basso. Il brano forse più astratto e labirintico è "Night In Medina" che sa essere assolutamente suggestivo e colorato, grazie all’emozionante interazione tra i sublimi accordi di Weston e il fluido sax di Washington, per quello che sembra quasi un agile groove jazz “spirituale”. In ultima analisi poco importa quello che lo stesso Randy Weston pensa realmente di Blue Moses: questo è un album di successo e di valore a tutti i livelli. La creazione di un’opera commercialmente possibile che non perdesse di vista gli elementi importanti proposti dal suo compositore non deve essere stata facile, ma Creed Taylor ha messo il massimo impegno ed una grande cura per consegnarci tutta la bellezza di questo disco senza minimamente compromettere il genio di Weston.