James Taylor Quartet - A Few Useful Tips About Living Underground


James Taylor Quartet - A Few Useful Tips About Living Underground

Il James Taylor Quartet è, secondo alcune autorevoli voci giornalistiche, la band la cui musica ha determinato la creazione del termine “acid jazz”; al di là dell’annosa discussione su come, quando e dove il genere abbia avuto inizio è innegabile che Taylor e il suo mitico quartetto siano senza dubbio tra i capostipiti di quel mitico movimento. Nel corso della sua ormai lunga carriera, iniziata a metà degli anni ’80, JTQ ha esplorato con successo e determinazione il soul-jazz, il funk, le colonne sonore dei film e delle serie tv e la dance. James Taylor originariamente suonava l'organo Hammond B-3 nella banda mod revival inglese The Prisoners ma nel 1985 formò il suo quartetto jazz iniziando a suonare un genere molto specifico, ispirato ai rare grooves del jazz-funk, allora molto in voga a Londra. Quello della scena underground londinese degli anni ’80 era un movimento musicale in pieno fermento ed estremamente vitale che di fatto  aveva generato l’acid jazz, ponendo il James Taylor Quartet in prima linea tra gli esponenti di queste nuove tendenze. Gli album del tastierista britannico sono tradizionalmente in gran parte strumentali e sono tra di loro tanto diversi quanto mirabilmente compiuti, spaziando con grande naturalezza in uno spettro che va dagli anni '60 al  jazz contemporaneo. “A Few Useful Tips About Living Underground” va a colpire un genere di nicchia un po’ nostalgico ma particolarmente gratificante per i cultori dello stile fusion: un jazz-rock che rievoca le colonne sonore dei classici programmi televisivi polizieschi degli anni '70 ma anche gli elevati standard musicali di band come la Mahavishnu Orchestra, i Weather Report, o gli Headhunters di Herbie Hancock e altri mostri sacri  del genere. Su A Few Useful Tips About Living Underground, James Taylor è letteralmente scatenato con il suo organo Hammond, e impazza in lungo e in largo deliziando l’ascoltatore con i suoi assoli funambolici e l’esposizione sempre attenta e precisa dei temi. "Selectivity" è da subito una chiara dichiarazione d’intenti: dagli altoparlanti sgorga potente l’arrangiamento dei fiati, conditi dalla chitarra wah wah in puro funky style accompagnata da un ritmo vertiginoso. "Creation (Fanfare For The Third Millennuim)" ha un’energia pazzesca, e l’Hammond del leader è assolutamente irresistibile. "Staying Active"  non fa che aggiungere benzina sul fuoco del groove, e fluttuando in piena blaxploitation, ci porta tra le strade buie di New York in pieno clima poliziesco, con un sound che non potrebbe essere più “acid”.  Solo di poco più rilassata è invece "It’s Your World" il cui tema suona maggiormente cantabile ma il cui groove non può essere messo in discussione. "Theme from  Dirty Harry" trasforma la partitura originale di Lalo Schifrin in un inseguimento implacabile tra l’organo e il flauto mentre un martellante jazz funk latino scorre attraverso le vene: sembra di vedere Clint Eastwood in piena azione. Una linea di synth vintage guida la bella "Summer Fantasy" verso un’atmosfera ancora una volta cinematografica, sempre sottolineata da un basso pulsante e dalla ritmica in perenne tensione. "Check It Out" è come una celebrazione degli stereotipi dei b-movie degli anni ’70: lo spirito di Bootsy Collins e dei suoi Funkadelic si è impossessato di James Taylor,  per un flash musicale a base di Cadillac piene di afroamericani carichi di catene d’oro, pellicce, belle donne, camicie colorate e colletti a punta. A Few Useful Tips About Living Underground continua così, senza cadute di tono, conducendo l’ascoltatore in un bellissimo viaggio a ritroso fino al cuore del periodo d’oro del funk.  Per tutta la durata dell’album Taylor e la sua band sono effervescenti e badano al sodo senza fronzoli ma senza mai essere troppo asciutti. Colpisce il perfetto equilibrio tra l’energia dell’improvvisazione e la lucidità, per non parlare della coerenza dei contenuti musicali. Il James Taylor Quartet offre una solida musicalità e un impegno costante per raggiungere l'eccellenza.  Questo album è deliziosamente retrò, senza mai scadere nel ridicolo. È potente ed energico ma mai volgare.  In poche parole è un bagno integrale nel passato glorioso del jazz funk perpetuato con devozione filologica ma con i piedi ben piantati nel presente.