City Of Sounds – Beneath The Smooth Surface


City Of Sounds – Beneath The Smooth Surface

A volte un progetto artistico che sulla carta potrebbe apparire un’operazione commerciale come tante altre, può invece rivelarsi una bellissima sorpresa. Per fortuna c’è ancora qualcuno che è musicalmente disposto a rischiare qualcosa in più pur di spingersi al di fuori degli schemi ormai piuttosto ristretti e stereotipati di quello che viene comunemente definito smooth jazz. City Of Sound è una sorta di collettivo musicale che nel 2002 diede alla luce un album intitolato “Beneath The Smooth Surface”, il cui titolo, già da solo, voleva testimoniare la volontà di andare oltre la patinata veste dello smooth jazz per tornare ad una fusion più profonda, meno superficiale, più vicina allo spirito del jazz, sia pure di quello contemporaneo. Questa sorta di big band formata da un mix di affermati musicisti quali Jimmy Haslip, Bob Mintzer, Mike Stern e Mike Cunningham e molti altri strumentisti meno noti, è stata in grado di raggiungere questo obiettivo, ed  è un peccato che, alla luce del risultato finale, il successo di pubblico e di critica siano stati complessivamente modesti. Beneath The Smooth Surface comprende undici belle tracce che si muovono nel territorio della fusion di classe, intensa e priva di cadute di stile. Ovviamente il suono è per molti versi comunque legato anche al linguaggio orecchiabile dello smooth jazz, tuttavia le composizioni sono più sofisticate della media e ricche di una propria distintiva personalità. Merito anche degli arrangiamenti che sfruttano pienamente sia la completezza di colori musicali della grande orchestra sia le peculiarità artistiche dei protagonisti principali. Bob Mintzer e Jimmy Haslip, forti della loro lunga militanza con gli Yellowjakets  portano dentro questo progetto l’esperienza di un collettivo senza un leader, nel quale ogni membro è chiamato in egual misura a comporre, arrangiare, suonare e prendere decisioni. Anche lo stesso Mike Stern, nonostante il suo status di stella del jazz contemporaneo, contribuisce con misura ed equilibrio alla buona riuscita di questo singolare album, così come l’arrangiatore e tastierista Mike Cunnignham. Il quale, pur non godendo di grande popolarità presso il grande pubblico, è un artista di talento e grande sensibilità, in grado di spaziare dalla musica classica, alla brasiliana alla fusion con apparente semplicità. I City Of Sound si dimostrano inoltre piuttosto vari ed eclettici, riuscendo a proporre una selezione di brani che toccano con uguale qualità diversi sotto generi del jazz contemporaneo: dalla fusion classica allo smooth jazz, passando per la latina e alcuni richiami new age. Ad aprire il cd c’è subito un pezzo fusion: “Techno” innesta il sax di Mintzer, il piano elettrico di Cunningham e le chitarra di Stern su di un ritmo ossessivo, fino all’esplosione controllata dei fiati. Sound rilassato su “Kegon Falls” brano che vede ancora Bob Mintzer assoluto e solitario protagonista nel disegnare una bella linea melodica e quindi un intenso assolo. Veloce e ritmata “City Of Sound”, è la prima traccia che ha il fulcro in Mike Stern e nella sua chitarra ; questo è uno dei momenti più ispirati dal sound degli Yellowjackets di tutto il cd. “From The Underground” ci porta in piena atmosfera smooth jazz, con la bella linea di basso di Haslip in evidenza e un’affascinante tromba con sordina a dettare la melodia principale, mentre Mike Cunningham fa sentire quello che sa fare con il pianoforte. Salto nella musica latina dai toni molto contemporanei con il cha cha  di “That Look” e un Mike Stern che non perde occasione per dimostrare tutta la sua versatilità. Si torna di seguito in pieno contemporary jazz con “Streetlevel”, una canzone che potrebbe essere inserita nel repertorio degli Spyro Gyra. Quando l’atmosfera si fa più rarefatta e sognante è il momento di un numero alla Pat Metheny, ed infatti è Mike Stern a caratterizzare la suggestiva “Across The Years”, ma bisogna sottolineare lo stupendo intervento di piano acustico di Cunningham. Ancora fusion della migliore in “Against The Grain” con il suo up-tempo profumato di blues. “Turn In The Road” è proposta in perfetta solitudine da Mike Cunningham al pianoforte : un romantico intermezzo di purissima new age. I colori tipici degli Acoustic Alchemy sono richiamati prepotentemente dalla morbida, chitarristica “Step By Step”, quasi mediterranea nel suo sereno andamento. Ancora gli Yellowjackets tornano a fare capolino dietro la rarefatta e sofisticata “Higher Ground” che è forse il  brano più jazzistico dell’intero album. City Of Sounds propone una sua via al jazz contemporaneo, fatta di ottimi musicisti, composizioni belle ed originali (sia pure ispirate dai mostri sacri della fusion degli ultimi anni) ed una grande concretezza. Beneath The Smooth Surface non è album che si perde in sterili dimostrazioni di virtuosismo, ne in un’eccessiva e ridondante ricerca estetica. Bada al sodo, appaga l’appassionato e diverte senza tediare. È indubbiamente una piacevole alternativa ai “soliti” nomi e in ultimi analisi è certamente un cd che vale più di un ascolto.