Gary Burton - Times Like These



Gary Burton -  Times Like These

Uno dei due grandi vibrafonisti ad emergere negli anni ‘60 (insieme a Bobby Hutcherson), il fenomeno Gary Burton ha perfezionato la notevole e difficilissima tecnica vibrafonistica a quattro bacchette (esemplificata al meglio su una versione non accompagnata di "No More Blues" del 1971 e rintracciabile su youtube, video in b/n). Questa metodologia strumentale può farlo suonare all’orecchio al pari di due o anche tre musicisti contemporaneamente e risulta particolarmente impressionante in considerazione delle peculiarità del suo strumento. Burton ha avuto l’opportunità di esibirsi e registrare in una vasta gamma di generi e con moltissimi artisti mantenendo sempre una propria e distintiva firma musicale. Per il suo debutto con l’etichetta GRP, il vibrafonista si è riunito con il suo ex allievo, il chitarrista John Scofield, ha ingaggiato  il bassista Marc Johnson ed il batterista Peter Erskine, e ha ospitato il sax tenore di Michael Brecker in due delle otto tracce dell’album. Times Like These, va detto subito è un lavoro bellissimo: intenso, tecnicamente perfetto ed emozionante. Gary brilla di luce propria grazie alla sua tecnica mirabolante e ad una capacità interpretativa carica di sensibilità. Magia e atmosfere rarefatte, condite da un innato senso della melodia accompagnano ogni tocco del suo vibrafono come meglio non si potrebbe. La band è al suo livello ed asseconda il leader in tutto, addirittura stimolandolo ad esprimere ogni sfaccettatura della sua arte. Burton ha optato, su Times Like These, per un set di composizioni varie, ritagliandosi il suo spazio d’autore con la sola "Was It So long Ago". Gli altri originali sono di Makoto Ozone, Vince Mendoza, Jay Leonhart ("Robert Frost"), Chick Corea e John Scofield. A proposito del chitarrista John Scofield c’è da aggiungere che, poiché più di un decennio prima non aveva avuto l'opportunità di registrare nel quartetto di Burton durante il suo anno di militanza, con questa registrazione va finalmente a colmare questa lacuna. L’album si apre con la title track e le caratteristiche armoniche di chitarra di Scofield, a cui si aggiunge il profondo sax di Brecker che dolcemente introducono l’arrivo del vibrafono di Gary Burton in un crescendo sonoro di grande impatto. L’assolo del leader è suadente e fresco mentre la ritmica di Erskine e Johnson fornisce una connotazione molto contemporanea al brano. Appare evidente come Burton utilizzi il suo strumento al pari di un pianoforte, ora dettando le armonie altre volte lanciandosi in assoli mozzafiato. “Or Else” vira su atmosfere fusion di altissimo livello, e John Scofield da un saggio della sua bravura con un intervento dai tratti inconfondibili come sempre. Etereo ed ancora una volta delizioso Burton. Il blues diventa il protagonista della bella “Robert Frost” e a rubarsi la scena sono nuovamente Scofield e Burton che si alternano nel ruolo di solisti.  Affascinante nel suo andamento rilassato “Why’d You Do It” che ha a sua volta una base blues e vede lo straordinario Marc Johnson piazzare un assolo di contrabbasso da brividi. I continui cambi di ritmo e la velocità sono invece la firma sonora di “P.M.”. Il numero firmato da Burton stesso è una ballata, stile tango, con ospite ancora Michael Brecker, il quale suona da par suo, ma quello che incanta è la liquida poesia che il leader riesce a proporre. L’hard-bop regna sovrano sulla stupenda “Bento Box”, brano che farà felici sia gli appassionati di jazz mainstream che tutti coloro che amano il vibrafono: Gary Burton è un concentrato di fluidità e scorrevolezza unite ad un’incomparabile originalità improvvisativa. L’album si chiude con un ultimo brano intitolato “Do Tell”  che, auspicabilmente, si mantiene in territorio hard bop. Gary Burton si distingue ancora una volta per essere un vibrafonista molto originale e per l’innovativo contributo che ha dato al jazz con il suo suono e la sua tecnica strumentale. Non c’è da stupirsi se questo artista è stato ampiamente imitato. Times like These è un album moderno, non rivoluzionario ma certamente molto interessante. Inoltre, cosa non da poco, è magnificamente suonato da una band perfettamente amalgamata e diretta in modo magistrale da un Gary Burton che qui troviamo nel pieno della sua vena creativa. Una nota infine per la qualità della registrazione, che come da tradizione dell’etichetta GRP, raggiunge e supera gli standard più elevati.