Hubert Eaves – Esoteric Funk


Hubert Eaves – Esoteric Funk

Ritorno a parlare di rare grooves e lo faccio andando a pescare un misconosciuto mago delle tastiere di nome Hubert Eaves.  Eaves negli anni ‘70 era ben noto nell’ambiente musicale come valido e apprezzato session man, ma era altrettanto sconosciuto al grande pubblico. Voglia di sperimentazione, un’ottima tecnica, l’ampia gamma di sonorità che poteva offrire ne fecero ben presto una scelta ambita per un ampio ventaglio di artisti di svariati generi musicali. Questa meritata fama di bravo tastierista tra gli addetti ai lavori non sfociò mai, di fatto, in una vera e propria carriera da solista. In effetti esiste un solo album a suo nome, questo Esoteric Funk che, pur essendo un gioiellino del funk-jazz, sono in pochi a conoscere. Hubert Eaves lo registrò per l'etichetta Inner City nel 1976 con i membri della band di Miles Davis,  Reggie Lucas e Mtume e altri straordinari musicisti come René McLean e Malachi Thompson. Eaves si esibisce con ogni tipo di tastiera all’epoca conosciuta: dall’ARP al Moog, dal Rodhes al piano Steinway. Con sei brani da lui stesso composti e arrangiati,  il leader disegna un ricco quadro di solidissimo funky permeato di jazz e di soul, ma non privo di una venatura di esoterismo e oniricità che ben si riflettono nel titolo stesso dell’album. Il groove domina la scena, l’atmosfera è tipicamente seventies, a cavallo tra la colonna sonora di un poliziesco e le feste psichedeliche piene di colletti improbabili, pantaloni a zampa d’elefante, colori vivaci e acconciature afro. Due esempi tra le sei tracce: "Call to Awareness" che all’inizio scorre rilassata, con un magico Rhodes a suggerirne l’atmosfera quasi spaziale, per poi esplodere in modo inaspettato pilotata da una bella linea di basso e con i fiati a sottolinearne il groove prettamente jazzistico. E "Slow Down" che è invece strutturata su una serie di crescendo legati insieme da una dinamica piattaforma di piano acustico. Il resto dell’album è comunque molto variegato e in qualche misura sorprendente per la qualità, la complessità ed anche l’originalità della proposta musicale. Era un epoca d’oro per questo genere e non è certo un caso che gli amanti dell’acid jazz continuino a cercare avidamente nel repertorio degli anni '70 alla ricerca di lavori dimenticati ma ricchissimi di spunti, contenuti, sonorità e ritmi che la scena musicale attuale può soltanto cercare di imitare. Hubert Eaves con il suo “funk esoterico” e le sue magiche tastiere ne sono un bellissimo esempio.