Jeff Lorber Fusion - Hacienda


Jeff Lorber Fusion - Hacienda

Se pensate che la definizione "fusion" sia qualcosa che tende a sminuire i generi musicali che invece vuole coniugare, non fatelo sapere a Jeff Lorber, che invece della fusion è un vero e proprio pioniere fin dal debutto nel 1977. Il suo gruppo infatti portava (e porta) dentro al suo stesso nome proprio il controverso termine fusion, quasi a sottolineare una sorta di manifesto programmatico di quale sia la sua musica preferita. Jeff Lorber, sessantaquattrenne poliedrico tastierista, arrangiatore e produttore di Philadelphia ha al suo attivo 14 album come solista più altri 9 lavori intestati al suo gruppo Jeff Lorber Fusion ed inoltre una quantità enorme di collaborazioni con centinaia di musicisti di ogni genere musicale. A quasi quarant'anni di distanza dall'uscita dell'album "The Jeff Lorber Fusion" il tastierista ha ridato vita nel 2010 al suo progetto originario dimenticato per moltissimo tempo. Diciamo subito che il Jeff Lorber Fusion nuova edizione è un esperimento molto ben riuscito fin dall'album Now is the time, ma con questo Hacienda del 2013 l'asticella della qualità e della creatività si è spostata ancora di più verso l'alto. Hacienda piace già al primo ascolto, soddisfa per l'energia profusa, la freschezza dei contenuti e l'eccellente fluidità che si evidenzia in ogni passaggio. Lorber è una gran musicista, abilissimo nell'uso dei sintetizzatori e del piano elettrico Rhodes del quale è uno dei moderni paladini. Qui troviamo sia i primi che il secondo usati in modo magistrale, con gusto e tecnica ma senza eccessi o invadenze fastidiose. Il progetto Fusion si avvale della collaborazione fattiva e portante del grande Jimmy Haslip al basso, di due batteristi fenomenali come Dave Weckl e Vinnie Colaiuta (il top del drumming contemporaneo), della chitarra di Paul Jackson, Jr., del sax di Eric Marienthal e delle percussioni di Lenny Castro. Una vera reunion di star del jazz dei nostri giorni. La musica si discosta dallo smooth jazz di cui pure Jeff Lorber è un esponente di rilievo, esplorando invece territori più complessi e difficili, decisamente jazzistici, sia pure declinati in maniera molto contemporanea. Il termine jazz rock, ormai dimenticato, pare quello che più si avvicina alla proposta di questo Hacienda, ma lo stesso nome del gruppo direi che può ben cogliere l'essenza di questo stile così composito e pregno di echi di vari generi. Si apre con un numero intitolato Corinaldo evidentemente dedicato alla piccola cittadina marchigiana, veloce, scattante immediatamente arricchito dal synth fluidissimo di Lorber e da una ritmica coinvolgente. A seguire Solar Winds nel quale spiccano, oltre al consueto tappeto ritmico gagliardissimo e sincopato, un  gran bell'assolo al sax di Eric Marienthal, l'immancabile fuga tastieristica del nostro Jeff e l'intervento chitarristico di Paul Jackson, Jr. Favolosa arriva a questo punto la cover che il gruppo fa della King Kong di Frank Zappa: un brano complesso e strutturato dove davvero tutti i musicisti danno il loro meglio in un tripudio jazz rock arricchito dalle due guest star zappiane Jean Luc Ponty al violino e Ed Mann alla marimba. Vale da solo un album. The Steppe da modo al lirismo del sax di Marienthal di esprimersi in un contesto più rilassato nel quale Lorber si inserisce questa volta al piano acustico, dimostrando ancora una volta la sua ecletticità. La title track Hacienda è un pezzo scanzonato molto up tempo, divertito e piacevole con il leader ispiratissimo al Rhodes. Più orientato in un ambito smooth jazz è invece Fab Gear dove ancora una volta è il piano elettrico a dominare la scena. Si prosegue su questa falsa riga per i restanti brani con un livello di tensione creativa sempre alto ed una serie di esecuzioni più o meno adrenaliniche ma tutte degne di nota. Una menzione particolare va certamente al bassista Jimmy Haslip che si distingue lungo tutto il percorso dell'album per una costante e viva pulsione ritmica accompagnata dal suo stile mai ovvio e molto melodico, tipico del mancino ex Yellow Jackets. Vinnie Colaiuta alla batteria è una delizia per le orecchie degli appassionati ma non mancherà di colpire anche i neofiti: il suo drumming è così esplosivo e raffinato che gli elogi non sono mai abbastanza. Paul Jackson, Jr. è un chitarrista estremamente valido, il suo apporto è sommesso ma mai scontato ed ascoltando con attenzione si può cogliere quanto questo musicista sia interessante e probabilmente sottovalutato. Hacienda è stato nominato quale miglior album strumentale del 2013 nella categoria pop (pop? ma dov'è il pop qui...) ai Grammy Awards ed avrebbe certamente meritato la vittoria. Ascoltandolo si capisce perchè. Il Jeff Lorber Fusion è ormai una realtà consolidata e dopo questo lavoro sono usciti altri due album entrambe molto belli. Un sodalizio di talenti assoluti al servizio di una musica fresca, vigorosa e molto stimolante. Ad maiora.