Oscar Peterson Trio - Plus One


Oscar Peterson Trio - Plus One

Oscar Peterson è stato uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi. Un musicista con una tecnica fenomenale, allo stesso livello del suo idolo, un altro grandissimo del jazz: Art Tatum. Velocità, destrezza, e la capacità di di padroneggiare qualsiasi tempo erano le doti incredibili di questo straordinario virtuoso canadese nativo di Montreal. Lui era molto efficace nel contesto di piccoli gruppi, nelle jam session, ed anche nell’accompagnamento dei cantanti. Tuttavia Oscar dava il suo meglio in assoluto durante l'esecuzione di musica in perfetta solitudine. Il suo stile originale non rientra in nessun linguaggio specifico. Come Erroll Garner e George Shearing, il modo di suonare distintivo di Peterson si forma tra la metà e la fine degli anni '40 ed è collocabile da qualche parte tra lo swing ed il be bop. Oscar Peterson è stato criticato, nel corso degli anni, per il suo uso strabordante di tante note, per non essersi evoluto molto dal 1950, e per aver registrato un notevole numero di album. Critiche immeritate al cospetto di un artista immenso, fine esecutore e valido compositore. E va detto anche che non c'è nulla di sbagliato nel mettere in mostra la propria tecnica quando questa è al servizio della musica.Nel suo caso è esattamente così. Come con Johnny Hodges e Thelonious Monk, per citare due mostri sacri, Peterson ha vissuto la sua carriera come una crescita continua all'interno del suo stesso stile piuttosto che nella ricerca di grandi cambiamenti; ha focalizzato il suo approccio, ha stabilito un riferimento e ne è diventato il massimo esponente. Essendo il pianista preferito di Norman Granz (insieme a Tatum) un produttore noto per la tendenza a far registrare eccessivamente alcuni dei suoi artisti, Peterson ha pubblicato un numero incredibile di album. Non tutti sono essenziali, e alcuni sono forse di routine, ma la grande maggioranza è davvero eccellente, e tra questi alcune decine sono diventati dei veri e propri classici. Con questo bellissimo album del 1964 cogliamo Oscar Peterson in uno dei suoi momenti migliori. C’è da dire anche che alcuni solisti ospiti dei suoi dischi vengono qualche volta offuscati dalla abilità tecnica del grande pianista, mentre altri beneficiano del suo talento traendone a loro volta ispirazione e nutrimento. Il trombettista Clark Terry si colloca  in quest'ultimo gruppo. Con il supporto del batterista Ed Thigpen e del fido bassista di una vita Ray Brown i due solisti si rivelano in piena intimità creativa nei dieci brani dell'album. Così mentre Peterson ci delizia come al solito con una miriade di stati d'animo, dall'impressionismo stile Duke Ellington sui pezzi lenti come "They Didn't Believe Me", a lampi di follia creativa come in "Squeaky's Blues", Clark Terry vira fortissimo sul blues su originali come "Mumbles" e "Incoherent Blues". Il trombettista esce anche singolarmente al di fuori alcuni dei suoi schemi di strumentista regalandoci sprazzi di  meraviglioso canto scat. Meritano attenzione anche la ballata "Jim" raramente suonata in ambito jazzistico  e la ancora più oscura "Brotherhood of Man" dal musical di Broadway “How to Succeed in Business Without Really Trying” di Frank Loesser. Nell’immenso universo della musica di Oscar Peterson questo disco molto piacevole e coinvolgente è solo un piccolo ma significativo passaggio. Resta il fatto che questo grande uomo ed impareggiabile musicista ha portato il pianismo jazz ad un livello di assoluta e totale eccellenza, mostrando al mondo delle doti tecniche straordinarie e un talento così grande che le parole non sono sufficienti ad esprimere compiutamente. Unico.