Ramsey Lewis - Sun Goddess


Ramsey Lewis - Sun Goddess

Oggi mi occupo di una delle personalità di spicco del jazz e del funk.  Ramsey Lewis: un pianista di 81 anni dal talento cristallino, tecnicamente formidabile e compositore di valore. Ininterrottamente attivo dalla metà degli anni ’50 fino ai giorni nostri. Tralasciando il suo periodo jazzistico “puro”, è invece a partire da metà degli anni '60 che Ramsey Lewis comincia ad interessarsi della contaminazione tra il jazz ed il soul e il funk. Come molti altri musicisti, anche lui, verso la fine di quel decennio sente l’urgenza creativa di esplorare le nuove strade dettate dalla fusione di diversi stili musicali. E arriviamo così agli anni d’oro del funk quando Sun Goddess viene pubblicato (nel 1974). E’ subito evidente come il più grande successo del decennio di Lewis, si collochi ad una grande distanza dalle atmosfere morbide e lounge di "The In Crowd" (l'altra sua pubblicazione popolare). E’ chiaro come a questo punto, Ramsey si sia trasformato da classico pianista mainstream in un attento e curioso seguace della modernità, scegliendo il piano elettrico ed il sintetizzatore in luogo del piano acustico e dell'organo. L'operazione è infatti compiuta piazzando i più moderni strumenti su un tappeto di arrangiamenti che fondono il jazz con il funk, l'R&B con il soul e incredibilmente aggiungendo anche qualche tocco di rock progressivo. Va detto che Sun Goddess è anche una sorta di album ombra degli Earth, Wind & Fire, che a questa produzione partecipano non solo con i loro musicisti chiave ma anche con il bagaglio di suoni e atmosfere che sono tipiche del gruppo di Maurice White. Fin dal brano di apertura "Sun Goddess", si intuisce che ciò che arriverà “sarà” molto intrigante: il mitico giro di chitarra ritmica accompagnata da una penetrante gran cassa ci dice che il groove emergerà potente per dominare la scena e conquistarci. Questo pezzo da solo è sufficiente a portare questo album tra i classici del periodo jazz-funk: la magia prende forma con un paio di semplici accordi, spontaneità, improvvisazione e un arrangiamento che dà l'impressione di far galleggiare tutto su una nuvola. L’assolo di Rhodes di Lewis merita una menzione a parte perché lo ritengo uno dei più begli esempi di come valorizzare al massimo il piano elettrico, grandioso. Un modo fantastico per aprire un album, ma anche un rischio se non si riesce a dare un seguito con pezzi dello stesso livello. Quello che arriva è  invece comunque eccellente, con il blues di "Living For The City" e il romanticismo di "Love Song". Si piomba così in un groove quasi afro con "Jungle Strut", che sarebbe piaciuta ai produttori di hip-hop di questi ultimi tempi. I pezzi che seguono sono su questa falsa riga. "Hot Dawgit" è un bel brano, ma avrebbe forse potuto essere meglio sviluppata risultando il numero che mi piace meno. "Tambura" è un gran pezzo di funky, quasi in stile Herbie Hancock. "Gemini Rising" sembra a tratti provenire da un album dei Return To Forever, risulta un po’ fuori contesto rispetto al resto dell'album, tuttavia nella sua spigolosa diversità si nasconde un’altra strepitosa esibizione del leader al piano elettrico. Sun Goddess è un album molto interessante, magari non perfetto, ma alla fine, un vero grande classico, pieno di spunti e sonorità che hanno influenzato un’intera epoca e moltissimi altri musicisti. Si ascolta gradevolmente, tutto d’un fiato, lasciando l’ascoltatore con la voglia di continuare con il groove, la musica e gli assoli del magico piano Rhodes di questo grande ed iconico artista  che risponde al nome di Ramsey Lewis.