Stefon Harris - Evolution


Stefon Harris - Evolution

Stefon Harris (23 marzo 1973) è un vibrafonista  afro-americano. Inizialmente  voleva suonare nella New York Philarmonic  Ochestra per perseguire le sue ambizioni di musicista classico, ma dopo aver ascoltato Charlie Parker si convinse a cambiare direzione ed a immergersi completamente nel jazz. Nel 1999, il Los Angeles Times lo ha definito "uno dei più importanti giovani artisti del jazz", e ha detto ancora di lui che è "in prima linea della nuova musica di New York" e "molto richiesto come session man". Harris ha suonato con diversi grandi artisti, tra cui Kenny Barron, Steve Turre, Kurt Elling, e Charlie Hunter, inoltre ha pubblicato  numerosi album molto ben considerati dalla critica. Nel disco del 2004 “Evolution”, Stefon Harris & Blackout hanno creato una potente miscela di jazz e fusion spruzzata di vaghi richiami hip hop. Harris si sdoppia suonando sia il vibrafono che la marimba, aiutato dalla band composta dal tastierista Marc Cary,  dal sassofonista Casey Benjamin e dal bassista Darryl Hall, oltre che dalle percussioni di Terreon Gully.  L'energia del quintetto è immediatamente avvertibile. L’album si apre in modo sorprendente con il brano post-bop "Nothing Personal" del compianto tastierista Don Grolnick, una cover che stravolge il concetto stesso di reinterpretazione musicale giungendo a qualcosa di completamente nuovo.  Daryl Hall ha scritto l'esotico "For Him, for Her" che vede Stefon Harris esibirsi alla marimba mentre il flauto è quello di Anne Drummond. Inusuale ma molto lirica l’interpretazione della ballata "Until" scritta da Sting, che Harris esegue con l’aggiunta di Xavier Davis al pianoforte. Harris conferma la sua attitudine a trasformare le melodie ed a giocare con tutte le possibilità armoniche quando si confronta con lo standard  "Summertime" di George Gershwin. Il ritmo è stralunato,  quasi hip hop ma il brano mantiene la sua magia grazie al caldo assolo di Benjamin e alle fantasiose divagazioni vibrafonistiche di Harris. "Blackout" è ritmicamente complessa, una sorta di moderno hard bop pieno di cambiamenti repentini di tempo ed atmosfera, dove appare semplicemente favoloso l’assolo di marimba proposto da Harris. Notevole anche "King Tut’s Strut" che richiama atmosfere afro: qui meritano attenzione sia l’intervento di piano elettrico di Marc Cary che il tagliente sax di Casey Benjamin, ma il vibrafono del leader non manca di deliziare l’ascoltatore. Riflessiva e delicata “Message To Mankind”, non delude per originalità e qualità degli assoli. Montara vira su un tono più fusion, ma il sound vintage degli strumenti fa pensare alle cose migliori di Roy Ayers o Mike Mainieri. “The Lost Ones” va a pescare nella migliore lounge music corroborando il tutto con un fusion feeling di gran livello. L’eclettismo del vibrafonista è evidente anche in un brano come “A Touch Of Grace” una lenta, circolare ballata che gira attorno alla melodia più e più volte e dove ancora sorprende l’approccio di Stefon in veste di solista. Il suo vibrafono a momenti vola imprevedibile, in altri diventa riflessivo ed etereo. Il talento di questo “nuovo” paladino del vibrafono è assolutamente cristallino. Harris incanta come strumentista e mostra grandi potenzialità anche come compositore ed arrangiatore. Evolution è un album davvero convincente: sa essere serio e complesso senza mai risultare noioso o prolisso. La band ed il leader eseguono egregiamente tanto gli originali quanto le coraggiose cover di brani jazz storici. Stefon Harris ha dichiarato: “Gli studi mi hanno dato l’opportunità di esplorare le diversità dei mondi della musica classica e di quella jazz ed alla fine di trovare la direzione artistica che realmente volevo prendere”. Il jazz ringrazia:  questo classe 1973 non solo ha rinvigorito la tradizione del vibrafono, ma ha iniettato nel panorama musicale contemporaneo una bella dose di personalità, talento ed innovazione.