Stefano Torossi - Feelings

Stefano Torossi - Feelings

Chi è Stefano Torossi ? Vediamo di fare luce su questo musicista italiano davvero oscuro ma dotato di un grande talento compositivo. Classe 1938, ha effettuato studi classici di contrabbasso al conservatorio di Roma. Dal 1957 al 1959, grazie ad una borsa di studio, si è trasferito negli Stati Uniti, dove ha  studiato presso il Williams College di Williamstown, in Massachusetts e la Brandeis University a Boston. Tornato in Italia, si è iscritto alla SIAE, è entrato nel gruppo The Flippers e con loro ha suonato il contrabbasso dal 1959 al 1961. Dopo aver abbandonato il complesso, ha iniziato l'attività di compositore per la RAI e per il cinema, scrivendo numerosi commenti sonori e musicali per rubriche, filmati e documentari di ogni genere. Ha scritto anche canzoni per altri artisti e come musicista ha realizzato molti dischi di musica strumentale: tra questi il più memorabile,  quello che è diventato un vero cult è l'album Feelings. Nella ristampa dell’etichetta Easy Tempo è stato distribuito con una copertina psichedelica piena di colori che ben ne rappresenta il contenuto musicale, che è un originale connubio tra la musica psichedelica  degli anni '60, il funky in stile Motown e il sound delle colonne sonore dei film polizieschi. Feelings è un capolavoro della scena italiana degli anni '70: il maestro Torossi concepì nel 1974 questa straordinaria proposta funky jazz corredata da un grandioso mix di archi, fiati e sostenuta dalla più classica e tradizionale delle strumentazioni elettriche (piano elettrico, basso e batteria).  Il risultato è una registrazione  così ricca di groove che può rivaleggiare tranquillamente con i migliori lavori made in USA. Un sound intriso di vibrazioni blaxploitation, una library music sexy ed avvolgente dove la vera protagonista è l’orchestra, che davvero riesce a colpire le corde giuste per ammaliare ed ipnotizzare l’ascoltatore.  Ciò non toglie che anche gli strumenti solisti possano avere il loro spazio e ritagliarsi momenti di esaltante protagonismo.  Come ha detto di recente lo stesso Torossi,  l'album "è stato interpretato solo da musicisti di studio ... i migliori che abbiamo trovato in quel momento, ed i risultati si sentono". L'album vede la partecipazione di Sandro Brugnolini, Giancarlo Gazzani, Puccio Roelens e Stefano Torossi stesso. Se arrivati a questo punto vi state giustamente chiedendo cos’è la library music di cui prima ho parlato, provo a rispondervi per sommi capi e senza addentrarmi nei complicatissimi distinguo che pure andrebbero fatti. Prendete le musiche «di servizio» che trovate in documentari, notiziari, sceneggiati radio, film TV, e via di questo passo. Ecco, quella è library music ovvero, per dirla all’italiana, musica per sonorizzazioni. La differenza con le «colonne sonore» vere e proprie è sottile, addirittura risibile in taluni casi. Esponenti della library music furono Ennio Morricone e Piero Umiliani, giusto per fare due nomi… Una curiosità su questo album è che fu pubblicato inizialmente sotto gli pseudonimi di Jay Richford e Gary Stevan, una scelta necessaria dettata da vincoli contrattuali che impedivano ai due veri protagonisti ed autori, Brugnolini e Torossi, di comparire in altre produzioni discografiche. Il susseguirsi delle dieci tracce è un piacere ed una scoperta continua. La musica scorre meravigliosamente fluida, ora frenetica e nervosa, ora malinconica e dolce. Impossibile non ripensare agli anni ’70, alle commedie sexy, ai polizieschi all’italiana, alle immagini in bianco e nero della televisione, allo stadio di San Siro avvolto nella nebbia o ad una Roma senza traffico e ancora bellissima. E mille altre ricordi che ognuno di noi vedrà emergere dalla propria memoria trascinati allo scoperto dal potere di suggestione di questa gemma musicale. Definitela come volete: jazz funk, lounge o library music:questo è un disco particolare, diverso, unico: è un ascolto che consiglio a tutti.