CTI All Stars - California Concert: The Hollywood Palladium


CTI All Stars - California Concert: The Hollywood Palladium

Un’ incredibile adunata di svariate personalità musicali riunite per un concerto jazz registrato dal vivo davanti ad una grande platea. Questa potrebbe essere la definizione del progetto CTI All Stars. Freddie Hubbard, Stanley Turrentine, Hubert Laws, George Benson, Johnny Hammond, Hank Crawford, Ron Carter, Airto Moreira e Billy Cobham hanno fatto tutti parte della CTI Records, la rivoluzionaria etichetta discografica che il produttore Creed Taylor aveva creato con lo scopo dichiarato di dare spazio alla fusione tra il jazz ed altri generi musicali.  La band CTI All Stars non è altro che un collettivo formato dal maggior numero possibile di artisti sotto contratto con l’etichetta, attivo in occasione di alcuni concerti organizzati presso teatri di grandi dimensioni. Una novità assoluta, quella dei grandi spazi, in un momento in cui il jazz era ancora in gran parte relegato ai piccoli club, ma soprattutto un modo per veicolare al mondo l’esistenza del marchio CTI attraverso le esibizioni dei suoi talentuosi musicisti. Così nasce questo album che è stato registrato dal vivo all’Hollywood Palladium nel 1971. Taylor credeva fortemente in una prima linea di artisti che fosse d’impatto e di esperienza, in grado di districarsi al meglio anche con i brani più complessi e articolati. Ed infatti la band è composta da nove elementi tra i quali anche il chitarrista George Benson e il sassofonista Hank Crawford, con l'inclusione di Hubbard e Laws tutti in veste di solisti. Come introduzione del concerto, fu scelto “Impressions” di John Coltrane: ventiquattro minuti di jam session che possono essere considerati come un impegnativo riscaldamento per tutti i musicisti. Il bassista Ron Carter dirige l’orchestra e insieme all'organista/pianista elettrico Johnny Hammond, il batterista Billy Cobham, e il percussionista brasiliano Airto Moreira, fornisce il pulsante motore ritmico e armonico a tutti i solisti.  La band si impegna poi in una lettura dolcemente funky di "Fire and Rain", del cantautore James Taylor, terreno fertile per un solo fantastico del flauto di Hubert Laws. Lo stesso fa con una versione molto interessante della famosa "It’s Too Late" di Carole King, interpretata da Hammond con un pathos ricco di soul. I solisti  Hubbard, Turrentine e Crawford suonano vigorosamente, come si conviene in una performance live ma sono convincenti anche gli interventi di George Benson e del funambolico tandem Cobham e Moreira. California Concert prevede anche una versione inedita del classico "So What" di Miles Davis, una proposta sempre gradita che si aggiunge all’iniziale Impressions di Coltrane. Una cover brillante, eseguita in quintetto senza i fiati e disegnata per Benson e la sua chitarra solista, che si dimostra un artista dal virtuosismo sconcertante e dall’ampia immaginazione. Un’immagine molto jazzistica della nota star,  prima che il richiamo di una maggiore notorietà cominciasse a spostare la direzione della sua musica verso lidi più commerciali. Un altro brano molto interessante è la versione di venti minuti di “Straight Life” di Freddie Hubbard. Una lunga jam con il trombettista che mette in mostra tutta la sua mirabile tecnica insieme ad un ispirato Benson che sciorina cascate di note e dimostra che dal vivo è possibile spingersi oltre i limiti, senza perdere un’auspicabile  accessibilità. Stanley Turrentine irrompe, mettendosi in evidenza su "Sugar": a giudicare dagli applausi, il sassofonista era già un beniamino dell’entusiasta pubblico del Palladium di Hollywood anche prima di questa esibizione. La composizione di Eumir Deodato, "Blues West", eseguita per la prima volta, è un numero jazzistico e corale dall’andamento blueseggiante che ci rivela un lato non molto conosciuto delle capacità compositive del pianista brasiliano . Lungo quasi ventuno minuti è un veicolo potente per valorizzare  tutta la band nel suo insieme, con una menzione particolare per Ron Carter, il cui solo, relativamente breve, è però carico di lirismo e tecnica. "Leaving West" che va a toccare anche i colori della bossa, è un bellissimo brano scritto da Carter e Turrentine appositamente per questa performance, ed allude apertamente al lato più  latino delle registrazioni della CTI, ampliamente esemplificato dall’album Stone Flowers di Antonio Carlos Jobim pubblicato nel 1970 proprio dall’etichetta di Creed Taylor. In particolare si distingue George Benson , che condisce il suo lungo assolo di colori blues. Queste sono due ore e mezzo di musica che davvero non si fa fatica ad ascoltare, viene proposto un jazz sempre giocato sul filo del divertimento e del gusto dell’esibizione che tuttavia non appare mai futile o noioso. Gli artisti sono tutti al top della loro forma, appaiono affiatati ed in perfetta sintonia gli uni con gli altri, disposti ad incantare il pubblico ed a dilettarsi loro stessi nel contesto di una magica serata. In California Concert troviamo nove dei musicisti che, per un periodo relativamente breve di tempo, sarebbero diventati quasi il sinonimo dello stile inconfondibile della mitica etichetta CTI di Creed Taylor. La registrazione è stata splendidamente rimasterizzata ed a quarantacinque anni di distanza è pienamente godibile. Le note di copertina di Bob Belden sono molto esaustive e pongono nel modo più corretto l’album e la CTI nel giusto contesto storico. Per chi non sapesse nulla dell’etichetta e dei suoi contenuti,  California Concert: The Hollywood Palladium rappresenta il punto di partenza giusto per iniziare ad esplorare un fenomeno di grande rilevanza nella storia del jazz. Per i fan appassionati di Creed Taylor e della sua creatura potrebbe essere una piacevole scoperta, visto che questa registrazione include moltissimo materiale inedito e mai eseguito dal vivo.