George Braith - Extension


George Braith - Extension

George Braith è un sassofonista nativo di New York, noto per la sua capacità di suonare due strumenti contemporaneamente, in modo analogo a quello sperimentato per primo dal maestro Roland Kirk. Ha anche inventato il Braithophone:  una singolare combinazione di sax alto e sax soprano uniti insieme da connessioni, valvole ed estensioni. Braith è attivo fin dai primi anni ’60 e come musicista è saldamente ancorato ad uno stile hard bop con profonde radici nel soul-jazz.  Extension del 1965, è il suo terzo album ed è stato registrato con il supporto di Billy Gardner all’organo, Grant Green alla chitarra e Clarence Johnston alla batteria, ovvero il classico combo che caratterizza il soul jazz groove. E’ in questo lavoro che George Braith estende al massimo l’idea di suonare più ance contemporaneamente, facendo di Extension la sua opera più significativa ed importante e dell’originalità della sua tecnica strumentale un vero e proprio marchio di fabbrica. Braith si spinge nell’esplorazione delle zone più estreme della sua musica e pur restando fedele ai canoni del soul jazz si avventura felicemente in un ambito più complesso ed articolato con risultati senza dubbio gratificanti. Le sue composizioni risultano pienamente compiute attraverso una sapiente esposizione melodica, stratificata e complessa quanto basta per offrire a se stesso e a due pilastri come Grant Green e Billy Gardner il più favorevole dei background di opportunità solistiche. Quando Braith si propone con la tecnica del doppio sax, come ad esempio nella title track “Extension”,  ci troviamo di fronte ad un sound impressionante, quasi ultra terreno, che ben si adatta a questo tipo di avventurosa ricerca musicale. Lo standard "Ev'ry Time We Say Goodbye" di Cole Porter suona forse un pochino più goffo attraverso la voce sdoppiata delle due ance insieme e tuttavia anche questo numero è valorizzato da degli ottimi assoli. Ma va detto, ad onor del vero, che il quartetto da il meglio di se nelle composizioni originali, mettendo in mostra nei cinque brani composti dal polistrumentista di New York un invidiabile interplay nonché una perfetta coesione di gruppo. “Nut City” è un esempio perfetto: ritmo veloce, l’azione dell’organo che recita la doppia parte del basso e dell’armonia e ovviamente il sax del leader che si prende con autorità il suo assolo, senza tralasciare di proporre nell’intro e nel finale la strabiliante tecnica del doppio sax. “Ethilyn’s Love” ci riporta nella classica e calda atmosfera delle ballads, mentre Braith usa il suo tenore sulla vena di Ben Webster e Coleman Hawkins.  Approccio nervoso e muscolare per “Out There” che scatta, si ferma e riparte  complessa e frenetica come richiesto dallo stile hard bop . Certo è inevitabile fare accostamenti con Rahsaan Roland Kirk, però un confronto diretto non è nemmeno onesto, in quanto il maestro Kirk davvero non ha paragoni. Alla circolarità ed alla tecnica di respirazione che arrivarono a vette mai più eguagliate, Braith risponde con il suono dei suoi due sax strettamente allineato, unisono eppure stranamente dissonante. In alcuni momenti l’album diventa più rilassato e rassicurante, ma il senso di mistero insito in una tecnica così particolare è sempre presente. Extension è il punto più alto della carriera di George Braith, senza dubbio il suo personale capolavoro. Ritengo che per gli appassionati sia un aggiunta necessaria in una collezione di jazz che ambisca ad essere un minimo completa. Per tutti gli altri ascoltatori può invece rappresentare una stimolante curiosità, in grado di suggerire spunti e suggestioni molto interessanti.