Les McCann - Layers


Les McCann - Layers

Les McCann è in primo luogo un pianista jazz, tra l’altro dotato anche di un gran talento. Ma visto il gradimento che riscuoteva la sua voce ruvida e profonda, ha cominciato ad usarla sempre di più diventando in breve tempo un cantante/pianista. È così che si è guadagnato la fama di innovatore dello stile soul jazz,  proprio fondendo il jazz con il funk, il soul e svariati ritmi da tutto il mondo e colorando il tutto con la sua particolare voce.  Parte della sua musica dei primi anni ‘70 in qualche misura anticipa gli album di Stevie Wonder di quel decennio. Inoltre va sottolineato come grazie alla sua naturale curiosità ed al suo spirito di innovazione McCann fu tra i primi musicisti jazz ad utilizzare il piano elettrico, il clavinet, ed il sintetizzatore. Questo innovativo disco di fusion è davvero diverso da qualsiasi altro Les McCann abbia mai pubblicato. Per prima cosa è privo di parti cantate, in secondo luogo Layers è un album totalmente suonato con i sintetizzatori, nel quale l’unico supporto “umano” è riservato ad una sezione ritmica di tre percussionisti ed al bassista Jimmy Rowser. Probabilmente è una delle prime registrazioni jazz con alle spalle una tale filosofia. Secondo le note di copertina, l'ambizione di McCann era quella di essere lui stesso l'intera orchestra, così come la immaginava nella sua testa, e a tal fine il tastierista decise di esplorare profondamente le possibilità sonore che la tecnologia dell’epoca gli permetteva. Per farlo utilizzò massicciamente il nuovo e rivoluzionario  sintetizzatore ARP.  A questo vanno aggiunte, in alcuni punti, alcune sovraincisioni di piano elettrico, strumento nel quale Les si è sempre dimostrato un maestro. La varietà dei toni disponibili sulla piattaforma synth della ARP dà a McCann un ampio spazio su cui giocare liberamente, e lui ne approfitta imitando i fiati, gli archi, il basso slap, e perfino le intonazioni del cantato umano. Qualcosa di straordinario per quegli anni e di certo un esperimento destinato a raccogliere moltissimi proseliti e seguaci. Layers ribadisce il suo pionieristico impatto sul mondo della musica anche per il fatto di essere stato il primo album in assoluto a prevedere la registrazione in formato 32 tracce. La caleidoscopica  capacità di McCann di inserire i giusti colori musicali ed una varietà di contrasti tonali, dà all'album un suono ricco, pieno e variegato. Ma ciò che veramente permette a Layers di avere una dimensione umana e sorprendentemente calda, a dispetto della sua natura, per così dire sintetica,  è l’impegno emotivo che McCann mette nel suonare il suo complesso set di sintetizzatori e tastiere, il cuore che ci mette. Certo va necessariamente considerata l’epoca e la tecnologia disponibile nel 1972, che se paragonata a quelle attuali, ci appare rozza ed obsoleta. Tuttavia i semi piantati in questa occasione matureranno in seguito, esplodendo in modo definitivo negli anni '90, soprattutto, va detto, al di fuori del jazz. McCann ha suonato la gran parte delle sezioni che compongono l’album in presa diretta, lasciando che le diverse tracce confluissero direttamente l'una nell'altra, con il risultato di produrre quasi due lunghe suite continue. Il formato da one-man band sembra scatenare la libertà espressiva del tastierista in un flusso musicale onirico e riflessivo, in particolare sui brani più lenti e “cosmici” anche se non mancano i momenti più canonicamente ricchi di funky groove. McCann lavora sul suo nuovo strumento come farebbe un bambino con un nuovo giocattolo: è entusiasta, coraggioso ma anche genuino. La particolare natura di questo album non appassionerà particolarmente i fan del jazz tradizionale, che probabilmente non lo riterranno molto di più di una semplice curiosità. In realtà, Layers è abbastanza all'avanguardia se riferito all’anno di pubblicazione, e denota da parte di Les McCann una notevole sensibilità musicale ed un grande spirito di ricerca ed innovazione. E’ un album veramente lungimirante ed in anticipo sui tempi.