Wayne Shorter – Speak No Evil


Wayne Shorter – Speak No Evil

Wayne Shorter è stato un leggendario sassofonista jazz e compositore americano, nato a Newark, New Jersey, nel 1933. E’ mancato a 89 anni lasciando un grande vuoto nel mondo del jazz e non solo. Wayne è giustamente considerato uno dei musicisti più importanti e influenti nella storia del jazz moderno. E’ incontestabile la rilevanza di Wayne Shorter tra le figure di spicco del jazz della fine del XX e dell'inizio del XXI secolo, sia come compositore che come sassofonista. Figlioccio artistico del genio John Coltrane, con il quale si esercitò a metà degli anni Cinquanta, Shorter sviluppò presto una propria voce e un proprio stile con il sax tenore, ma anche con il sax soprano. Conservò per molto tempo l'intensità e la sonorità del suo sound puro, per poi in anni più recenti, aggiungere elementi di funk e un afflato di modernità. Al soprano, incredibilmente, Shorter è quasi completamente un altro musicista. Il suo timbro diventa delicato ed intimo, la sua scelta di note più scarna e sembra quasi essere più in sintonia con i momenti lirici e meditativi che la sua fede buddista probabilmente gli hanno trasmesso. Come compositore, scriveva melodie complesse ed articolate, decisamente originali, molte delle quali ora sono standard. Shorter ha iniziato a suonare il sassofono all'età di 15 anni, per poi avviarsi alla carriera professionale negli anni '50, quando si trasfertì a New York City. Ha lavorato con alcuni dei più grandi nomi del jazz dell'epoca, tra cui Art Blakey (Jazz Messengers), Maynard Ferguson e Miles Davis, con il quale ha registrato alcuni degli album più iconici del jazz, come "Kind of Blue", In a Silent Way e "Bitches Brew". La sua partecipazione nello storico gruppo dei Weather Report lo ha consacrato anche ad un pubblico più vasto, complice la formula che la band ha sintetizzato in anni di attività, contaminata dal funk e dal rock progressivo. Shorter è anche conosciuto per la sua carriera solista, durante la quale ha pubblicato numerosi album come leader, spesso in collaborazione con altri grandi musicisti jazz. Tra i suoi album più famosi si possono citare "Speak No Evil", "The All Seeing Eye", "JuJu" e "Native Dancer". Oltre al suo lavoro come sassofonista, Shorter è anche un prolifico compositore ed è egli stesso autore di molte delle sue canzoni più famose, tra cui "Footprints", "JuJu", "Nefertiti" e "Speak No Evil". Shorter ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per la sua carriera, tra cui dieci Grammy Awards, il NEA Jazz Masters Award, e la medaglia di merito della città di New York. "Speak No Evil" è l’album di cui vorrei parlarvi, rendendo a modo mio a Wayne Shorter un doveroso omaggio a seguito della sua scomparsa: fu pubblicato nel 1966 dalla Blue Note Records. È stato uno dei primi album di Shorter come leader ed è uno dei suoi lavori più importanti. L'album presenta un'atmosfera misteriosa e sognante, con melodie fortemente influenzate dal blues e dall'hard bop. La band che accompagna Shorter è formata da alcuni dei migliori musicisti dell'epoca, tra cui il pianista Herbie Hancock, il bassista Ron Carter, il batterista Elvin Jones e il trombettista Freddie Hubbard. Giunto alla sua terza registrazione per la Blue Note nel corso stesso anno, Wayne Shorter decise di cambiare il gruppo dei precedenti dischi, riuscendo finalmente a convincere i critici ed i fan di jazz del suo talento come sassofonista. Forse per le sue precedenti collaborazioni con McCoy Tyner, Elvin Jones e Reggie Workman, Shorter era stato ingiustamente etichettato come "solo un altro discepolo di Coltrane", nonostante le sue composizioni fossero molto originali e insolite. Niente di più sbagliato e riduttivo. Infatti qui su Speak No Evil, con il solo Elvin Jones rimasto ed i suoi nuovi compagni del Miles Davis Quintet, Shorter finalmente trovò la consacrazione che meritava. Da qui scaturì un'importante rivalutazione anche del suo lavoro precedente. Il primo brano, "Witch Hunt", inizia con un ostinato basso di Carter, seguito dalle note inquietanti di Shorter al sax tenore. La melodia è scandita da brevi pause e da un ritmo lento ma deciso, con assoli di Hancock e Hubbard che si alternano con il sassofonista. Le strane strutture armoniche utilizzate per comporre "Fee-Fi-Fo-Fum", con la sua architettura da ballad nella quale il blues e l’hard bop sono sviluppate secondo schemi modali, creano l'illusione di una band molto più grande. "Dance Cadaverous", è caratterizzato da un'atmosfera sognante e da un'armonia complessa, con un interplay impeccabile tra tutti i musicisti. Nella title track, la linea melodica orientata al post-bop  e costruita su un'ampia tavolozza cromatica di accordi minori in unione con il pianoforte di Hancock ad occuparsi dei contrappunti, ci dimostra come Shorter (qui al sax soprano) riesca ad unire l'avanguardia con l'hard bop degli anni '50. "Infant Eyes", il brano successivo, ha un'atmosfera delicata e intima, con un tema semplice ma toccante che sembra cullare l'ascoltatore. Il set si conclude con la bellissima "Wild Flower", una ballata cadenzata dagli accenti spigolosi di Hancock al piano. Lo swing è gentile ma evidente e permette di cogliere appieno il singolare lirismo di Shorter sia come sassofonista che come compositore. In generale, "Speak No Evil" è un album eccezionale che rappresenta uno dei capolavori di Wayne Shorter. L'atmosfera misteriosa e sognante dell'album, insieme alla grande abilità dei musicisti coinvolti, lo rendono un must-have per tutti gli amanti del jazz. Inutile dire che il grande Shorter ci mancherà: è il ciclo della vita, ma la sua musica ci accompagnerà per sempre. Ha continuato a suonare ed a registrare fin quasi all’ultimo e la sua influenza sulla musica jazz e sulla cultura musicale in generale è straordinaria. Nam Myoho Renge Kyo, Wayne.