Ramon Morris – Sweet Sister Funk


Ramon Morris – Sweet Sister Funk

Ramon Morris è stato un eccellente sassofonista e flautista che nella sua carriera ha suonato anche con Art Blakey e Woody Shaw, ma di lui purtroppo non abbiamo alcuna registrazione ad eccezione di un singolo album pubblicato per l’etichetta Groove Merchant nel lontano 1972. Ebbene, questo straordinario e rarissimo lavoro ufficiale da solista che ci rimane di Ramon Morris è uno dei dischi jazz funk più notevoli del suo tempo. Il sassofonista tenore, dal sound agile e passionale, si dimostra perfettamente a fuoco nell’interpretare al meglio l'idioma del jazz-funk, e Sweet Sister Funk (il titolo del disco) raggiunge un equilibrio quasi perfetto tra le sue due anime artistiche: quella più tradizionale e quella  maggiormente sperimentale. L’album è forgiato su una serie di formidabili groove che suonano tanto fantasiosi quanto accessibili. Si tratta di una vera gemma nel vasto archivio dei rare grooves e del vintage sound. La band di supporto scelta per questa registrazione include il trombettista Cecil Bridgewater e il percussionista Tony Waters, il bassista Mickey Bass, il chitarrista Lloyd Davis, il batterista Mickey Roker ed il tastierista Albert Dailey. L'album, come spesso succedeva in quei favolosi anni ’70 irradia un’energia positiva ed è pervaso dal ritmo e dal groove. Viene immediatamente da pensare che sia un vero peccato che Ramon Morris non abbia mai più registrato un singolo lavoro come solista, perché Sweet Sister Funk fa intuire delle enormi potenzialità. Questo gioiello dimenticato e tra l’altro molto difficile da reperire, è stato registrato durante quello che viene considerato il periodo d’oro per questa particolare evoluzione del jazz, a cavallo tra il funk ed il soul. Ramon Morris entrò nella scuderia Groove Merchant non molto tempo dopo la sua militanza con Art Blakey e i suoi famosi Jazz Messenger e quella immediatamente successiva nel gruppo di Woody Shaw. Sweet Sister Funk è ricco di interessanti spunti melodici ed arrangiamenti molto indovinati, frutto di un'alchimia perfetta tra il jazz ed il funk, tali da poterlo considerare un disco di riferimento del suo tempo. Il sound di Morris è una miscela del soul-jazz dello Stanley Turrentine dell'era CTI e del pirotecnico Joe Henderson, con in più una palpabile propensione ad esplorare anche sonorità al limite del free. Il suo breve assolo in "First Come, First Served" (scritto dal tastierista Albert Dailey) ad esempio è una chiara dichiarazione di intenti. Il trombettista Cecil Bridgewater, che ha molte affinità con il mito Freddie Hubbard, è eccellente in tutto l'album. La musica appare molto cinematografica senza però sconfinare in una mera clonazione del famoso blaxploitation sound (le colonne sonore dei film black di quel periodo). Certo il tenore generale rispecchia una evidente propensione al funky con in più uno spessore ed una creatività non comuni. La band denota quanto questi musicisti siano sintonizzati su delle coordinate artistiche condivise. Un esempio è un brano come "Wijinia" dove l’eccellente interplay di gruppo è particolarmente in evidenza, cosa che in realtà sottende poi alla buona riuscita dell’intero album. Come sottofondo ad una scarna e diretta melodia, le trame di chitarra e piano elettrico si distinguono per la loro brillantezza. E’ molto interessante anche "Sweat", una sorta di ibrido boogaloo/funk che rimanda subito a Fat Albert Rotunda (1970) di Herbie Hancock. C’è anche del jazz più tradizionale con la swingante "Don't Ask Me" che è un omaggio alle composizioni di Wayne Shorter del suo periodo alla Blue Note della metà degli anni Sessanta. Il momento clou dell'album è probabilmente "Lord Sideways", un'altra composizione di Albert Dailey. E’ fantastico come Ramon Morris danzi sulle variazioni armoniche con grande ispirazione, rilasciando vibrazioni evocative, mentre l'assolo di Rhodes dello stesso Dailey è sfolgorante nella sua semplice bellezza. L'album si chiude con un'eccellente cover del classico del popolare gruppo soul The Stylistics, 'People Make The World Go 'Round': il brano gode di per se di una piacevole orecchiabilità ma in questa esecuzione strumentale di Morris resterà in testa al primo ascolto. Sweet Sister Funk è un piccolo capolavoro davvero da scoprire: l’unico problema con una registrazione di questo livello è che se ne vorrebbe ancora e rendersi conto che invece resterà un episodio unico ed irripetibile lascia l’amaro in bocca. Questo è il vintage sound nella sua espressione migliore.