Porcupine – Look But Don’t Touch


Porcupine – Look But Don’t Touch

Il pianista Bill Cunliffe ed il batterista Bernie Dresel, entrambe musicisti di grande esperienza e talento, alla fine degli ’80 formarono un gruppo chiamato Porcupine, orientato al jazz con una chiara connotazione stilistica verso il genere smooth. Una band piuttosto sconosciuta che produsse due soli album, entrambe di notevole valore. Il fatto che lo stile dei Porcupine sia quello che ormai comunemente viene definito smooth jazz non deve trarre in inganno ed allontanare gli appassionati. In realtà i Porcupine hanno espresso una qualità musicale che può convincere anche i più scettici verso la declinazione più contemporanea del jazz. Infatti il progetto artistico di questo gruppo è quanto di più vicino alla perfezione stilistica che il jazz contemporaneo possa offrire. Le melodie accattivanti ed originali sono la chiave di volta, ma è un po’ tutto il complesso degli arrangiamenti e dell’esecuzione che rende questo album speciale, così come il precedente. Proprio quando un ritornello sta diventando troppo prevedibile, o una struttura armonica potrebbe risultare banale ecco che è il ritmo a tenere alta l’attenzione. Oppure un assolo del sax di Bob Sheppard, o magari le percussioni puntuali di Kurt Rasmussen, la brillante chitarra di Thom Rotella o la tromba di Clay Jenkins. E’ così che le tracce spiccano il volo e splendono di creatività. Questo secondo lavoro dei Porcupine è esattamente quello che i due fondatori del gruppo sostengono che sia: un album musicalmente accessibile che però mantiene una sufficiente dose di interesse da catturare anche l'orecchio di un purista del jazz. Le composizioni di Cunliffe e Dresel sono affini al loro modo di suonare: melodicamente ricche e piene di inaspettati slanci ed aperture. "Moonwatchers" è rappresentativa di questa mentalità, con il suo vivace tema che lascia il posto agli assoli sulla base di un ritmo di samba su cui Cunliffe esibisce le sue doti al pianoforte. Il chitarrista Thom Rotella lavora sapientemente sia con l’acustica che con l’elettrica. Meglio ancora è l'introduzione stravagante di "Armed Response" o le melodie mutevoli di "If Not Now". . . When?, nella quale la tromba di Clay Jenkins riecheggia il maestro Miles Davis di Tutu. Bernie Dresel mantiene il ritmo in tensione senza eccedere in complicati controtempo. La sua batteria conferisce profondità agli arrangiamenti, anche quando le melodie non sono poi così impegnative. E’ assolutamente degno di nota il lavoro del sassofonista Bob Sheppard nella brillante title track in cui va sottolineato anche il gioco di sintetizzatori. Ottimo anche il raffinato basso di Jimmy Johnson in "Los Angeles". C’è posto anche per un ospite d’eccezione come il sassofonista Gerald Albright che suona su tre delle migliori selezioni del disco. Nonostante la sua interpretazione del jazz contemporaneo sia sempre sofisticata, la sua presenza non aggiunge molto all’album che probabilmente si sarebbe presentato ancora più interessante se avesse lasciato più spazio per l'improvvisazione. Su Look But Don’t Touch è eccellente il lavoro di batteria di Bernie Dresel ma è il pianista Bill Cunliffe a fare la parte del leone. Facendo leva sulle sue influenze classiche ed un indubbio talento, suona con grazia  ed inventiva con un approccio innovativo del pianoforte jazz. La mirabile produzione è di Kazu Matsui il quale si avvale dell’esperienza maturata al fianco della moglie, la straordinaria pianista Keiko. Il secondo album (e anche l’ultimo) dei Porcupine è stato un significativo passo avanti nel panorama appiattito dello smooth jazz, ma purtroppo il gruppo oggi non esiste più e perciò non c’è stata la possibilità di assistere ad un ulteriore e auspicabile crescita artistica di questo interessante progetto.