Ben Webster - Soulville


Ben Webster  - Soulville

Quando, molti anni fa, mi stavo accostando timidamente al jazz, alcuni personaggi mi colpirono quasi immediatamente, tra questi molti erano sassofonisti e in mezzo a loro rimasi impressionato particolarmente da Ben Webster. Webster è considerato uno dei "tre grandi" tra i sax tenori di formazione swing, insieme a Coleman Hawkins (la sua principale influenza) e Lester Young. Aveva una timbrica potente e roca caratterizzata dai suoi personalissimi fraseggi aspri e modulati, attraverso i quali plasmava un suono corposo e fremente piuttosto che roboante. Tuttavia sulle ballate suonava con straordinario calore e sentimento, utilizzando abbondantemente il soffiato, con una sensuale sinuosità che egli contribuì ad associare in maniera quasi imprescindibile al sassofono tenore. Nel 1940 (dopo brevi periodi nel 1935 e nel 1936), Ben Webster divenne il primo grande tenore solista di Duke Ellington. Durante i tre anni successivi ha partecipato a molte registrazioni famose del geniale Duca del jazz. Ben Webster, ormai maturo e brizzolato, con il suo sound unico e riconoscibile ebbe il suo momento d’oro all’epoca della sua militanza con la storica etichetta Verve. Durante un periodo che va dal 1953 al 1959, l'alunno prediletto di Ellington mise in mostra il suo stile eccellente  pieno di raffinatezza e arguzia sia che suonasse con piccoli gruppi sia quando si esibiva con grandi orchestre. Questo album del 1957, registrato con l'Oscar Peterson Trio è uno dei momenti più significativi di quel periodo aureo per il jazz che furono gli anni '50. Ricordo quando curiosando tra i vinili di un noto negozio milanese, mi ritrovai tra le mani Soulville: era uno dei miei primi dischi di jazz, lo comprai ed a casa  subito lo misi sul giradischi. Da lì in poi, non ho mai più pensato a questo genere musicale nello stesso modo. Mai prima di quel momento avevo sentito suoni così pieni di sentimento, sensuali e blues, e da allora fu una passione infinita. Fu proprio il tono aspro, roco e ringhiante di Webster che attirò la mia attenzione di adolescente avido di nuova musica. Come detto, in questa sessione, il grande sassofonista viene accompagnato dal gruppo di Oscar Peterson, che comprendeva il bassista Ray Brown, il chitarrista Herb Ellis e il batterista Stan Levy. Il loro modo di accompagnare il solista è incredibilmente sintonizzato con lo stile di Webster, con Peterson che ebbe il buon senso di limitare la naturale esuberanza che metteva nei suoi assoli (con l'eccezione di "Late Date") in favore di un approccio più defilato. L'album inizia con un paio di blues originali, "Soulville" e "Late Date", che non possono non evocare quelle romantiche immagini in bianco e nero di fumosi club o bar che siamo abituati a vedere ormai solo nei vecchi film. E poi finalmente arrivano le proverbiali ballate di Ben Webster. Lui era un vero maestro della ballata: soffiava nel suo sax con quel timbro così particolare, sensuale, dai toni caldissimi. E’ tutto così saturo di sentimento e sensibilità che non può non rimanerti nel cuore. Così come Billie Holiday faceva con la voce, Webster poteva trasformare una banale canzone d’amore in un toccante affresco di pura bellezza. Nelle adorabili "Time On My Hands" e "Where Are You", Webster dipinge le emozioni con poche note, ma quella essenzialità ti colpisce nell'anima, al contrario di altri sassofonisti che ti sommergono di musica. E’ incredibile sapere che quando registrò Soulville lo stile di Webster era in qualche misura considerato fuori moda. I giovani leoni della musica afroamericana stavano definitivamente prendendosi la scena, mettendo in ombra gli artisti della generazione precedente. Ma in ultima analisi il sax di Ben Webster è una voce senza tempo ed ancora oggi è in grado di toccare le corde dell’emozione. Ascoltare "Makin 'Whoopee", qui magistralmente interpretata,  fa capire alla perfezione cosa intendo: il confronto con la versione classica di Ray Charles non solo non sfigura ma addirittura ci guadagna. Se siete dei jazzofili esperti Ben Webster non sarà certo una scoperta, ma se invece siete dei neofiti e volete cominciare con qualcosa che possa convincervi ad iniziare il viaggio nel mondo del jazz, non esitate: Soulville e Ben Webster sono il punto giusto da cui partire.