Kandace Springs - The Women Who Raised Me


Kandace Springs - The Women Who Raised Me


Gli album di covers possono essere suddivisi in due distinti e per certi versi opposti gruppi. Il primo è quello nel quale confluiscono delle collezioni di musica, spesso priva di interesse, non particolarmente ispirata e che sono destinate ad essere presto archiviate e dimenticate. Il secondo gruppo, più ridotto, è composto da quei pochi album dove invece il o la protagonista in copertina è riuscito ad esprimere qualcosa di più della semplice replica degli originali. I musicisti che ambiscono ad appartenere a quest'ultima categoria trovano il modo, con il loro talento, di aggiungere un tocco personale alle canzoni che propongono. In altre parole fanno sì che ogni brano interpretato rinasca a nuova vita attraverso le caratteristiche proprie dell’esecutore. Kandace Springs è una giovane pianista e cantante il cui talento è evidente: sia per quanto concerne la voce, sia per la sua tecnica strumentale: la sua estrazione e la sua preparazione sono di stampo jazzistico. A fronte delle sue indubbie doti, i suoi precedenti lavori non hanno completamente convinto.  Indigo (registrato per la Blue Note nel 2018), era improntato ad una miscela  a tratti irritante e qualche volte troppo generica di influenze pop e R&B, con il jazz che restava colpevolmente sullo sfondo. Il suo debutto del 2016 era orientato invece verso sonorità blues più tradizionali, ma senza particolari sussulti di creatività. Finalmente Kandace ha deciso di scostarsi da quei percorsi con il suo terzo album, intitolato The Women Who Raised Me. Questa è sì una raccolta di covers, ma ciononostante è un disco che rappresenta decisamente un balzo in avanti nella sua giovane carriera. Soprattutto è un lavoro che segna una nuova fase per la Springs, una fase in cui il jazz da ultimo torna ad avere un peso. Kandace, come tutti le artiste che fanno della voce il loro strumento principale, è stata influenzata profondamente da molte grandi cantanti del passato e del presente. Per questa ragione ha deciso di mettere insieme una serie di canzoni rese famose proprio dalle grandi cantanti che hanno ispirato la sua crescita artistica. In questo ultimo album la Springs ha cercato di dare un’interpretazione personale ad ognuno di quei famosi brani. Per fare ciò ha reclutato un trio di musicisti che comprende il chitarrista Steve Cardenas, il bassista Scott Colley e il batterista Clarence Penn: tutta gente che ha qualche legame con i suoi punti di riferimento. Tutto questo, combinato con un gruppetto di ospiti di alto profilo e le sagge scelte del repertorio, rendono The Women Who Raised Me un album di valore. C'è una nitida purezza nel suo modo di cantare e se è pur vero che la Springs si avvale della moderna tecnologia, è altrettanto evidente che non è un’artista che ne abusa impunemente. Non a caso Kandace eccelle proprio nelle canzoni che rappresentano la sfida più difficile, quelle che la spingono ad osare ed a raggiungere l'apice delle sue vaste capacità. E’ qui che la bella cantante/pianista trova il culmine della tensione e gestisce al meglio l'intensità interpretativa. Ascoltare "I Put A Spell On You", consente di apprezzare esattamente questi aspetti emozionali, sia per quanto concerne la voce che per il fraseggio al piano. Magnifico l’assolo di David Sanborn al sax alto, che esplode improvvisamente facendo schizzare l’emozione a mille. È un perfetto esempio di ciò di cui la cantante è capace quando si impegna al massimo e di come sia importante essere  supportati dal talento di un valido gruppo di accompagnatori. Questa interpretazione a tratti dark e di  grande spessore di un brano così famoso e già molto “sentito” in precedenza, offre una visione su un possibile  futuro di Kandace Springs, ponendo la performer all’interno di quello che è il suo contesto ideale: il jazz. Le due stupende ballate "Pearls" e "The Nearness Of You" sono sobriamente cantate ma emanano quel fascino e quella passione profonda che non può essere trascurata da nessun ascoltatore. Un altro momento da evidenziare è la celebre "Angel Eyes",  qui proposta in duetto con la star Norah Jones, che tra l’altro è proprio una delle artiste che la Springs considera una grande fonte d’ispirazione. Nessuna delle due tenta di sopraffare l'altra, sicché la loro versione può addirittura competere con quella resa famosa da Ella Fitzgerald nel 1958. La coppia di brani che vede Chris Potter al sassofono, "Gentle Rain" e "Solitude", oltre alla precedente collaborazione con David Sanborn, dimostra quanto possa giovarsi una cantante nell’avere un grande sax nel suo mix sonoro. La parata di magnifiche canzoni continua con alcuni classici davvero senza tempo. Ad esempio la Strange Fruit di Billie Holiday, che Kandace affronta addirittura in solitudine accompagnata solo dal suo piano elettrico è semplicemente fantastica. Mi è piaciuta molto anche la cover che la Springs offre di una canzone celeberrima come Killing Me Softly With His Song che suona davvero personale ed è impreziosita anche da un assolo di flauto di grande valore di Elena Pinderhughes. Va detto che l'aggiunta di una tromba o di un ancia (sax o flauto che sia) conferisce ad ogni pezzo un tocco di emozione in più e si rivela una scelta molto intelligente. Senza i vincoli della tradizione o di enormi aspettative a livello commerciale, Kandace finalmente mostra tutto il suo grande talento e lo fa con sobrietà,  senza eccedere in personalismo e con una gradita dose di buon gusto. La sfida era di quelle difficili ed il confronto con un repertorio della portata artistica di quello contenuto in questo album poteva rivelarsi una montagna troppo alta da scalare. Ma Kandace ne esce alla grande ed anzi appare addirittura più forte e più pronta per le prossime tappe della sua maturazione di cantante e di musicista. Sempre più raramente nell'era moderna ci si può sorprendere a meravigliarsi della bellezza della voce di un cantante. Siamo così distratti dall’immagine che viene venduta prima ancora dell’abilità o magari dal presunto messaggio politico abbinato ad un artista  che spesso fatichiamo ad accorgerci di chi ha realmente il vero e puro talento. Oggi è difficile sottrarsi all’attrazione della fama: siamo nell'era dei video su Internet e di una quanto mai necessaria autopromozione. Ma Kandace Springs non è così, appartiene ad un’altra categoria: gioca con i suoi punti di forza e non indugia minimamente ad un qualsiasi tipo di discorso commerciale. Lei non è solo brava, è anche autentica. The Women Who Raised Me entra di diritto nella seconda delle categorie in cui ho diviso gli album di covers. Quella migliore, quella rara. Quella che lascerà un segno.