Groovopolis - Groovopolis


Groovopolis - Groovopolis

A volte il nome di un gruppo è già di per se una dichiarazione programmatica riguardo a quale tipo di musica questo possa suonare, o quanto meno può darne un'idea generale. A questo punto, se parliamo di una band che si chiama Groovopolis dovremmo avere un quadro piuttosto delineato. Se è vero che si associa quasi sempre la parola groove al funk, Groovopolis sembrerebbe dunque suggerire una predisposizione per quello specifico genere. Probabilmente è un tipo di denominazione che ci si aspetterebbe da un gruppo sullo stile dei Funkadelic o dei Cameo. Tuttavia Groovopolis non contiene esattamente quel tipo di funky vocale, quanto piuttosto dell’ottimo jazz/funk strumentale: in ultima analisi il loro nome non va considerato del tutto inappropriato, anzi. Dietro al progetto Groovopolis si cela un chitarrista di grande esperienza come Chris Cortez. Cortez ha trascorso gli anni '80 e '90 lavorando principalmente come sideman, al seguito di musicisti come Herbie Mann e Lou Rawls. Anche come compositore è rimasto a lungo nell’ombra: fino alla pubblicazione di alcuni album da solista che gli hanno consentito di raggiungere un certa popolarità, riscuotendo al contempo delle buone critiche. Agli inizi del 2001 decise di iniziare un nuovo progetto che chiamò per l’appunto Groovopolis: si trattava di una collaborazione con il trobettista Jay Webb, il bassista Lenny DiMartino, il tastierista Dan Fransen e il batterista Jeff Mills. L’album di debutto è finalmente apparso nell'autunno del 2002 ma fu registrato nel corso del 2001 e del 2002: è un lavoro non certo rivoluzionario, tuttavia è un’opera prima che mantiene un alto livello di qualità e di suggestioni. Un risultato ottenuto pagando un sostanziale tributo alla musica degli anni ’70, ma non senza un minimo di originalità e di sicuro divertendo l’ascoltatore. Come dicevo, i Groovopolis sono una band piuttosto attenta alle sonorità degli anni '70, e fanno del jazz funk di quell’epoca una base sulla quale elaborare una propria identità musicale. Questo disegno artistico è concretamente espresso sia quando la band esegue il suo materiale originale (la maggior parte del quale è stata composta dal leader e chitarrista Chris Cortez) come pure nell’interpretazione di un classico del 1971 di Marvin Gaye, la celeberrima "What's Going On" o quella di “Go Home” di Stevie Wonder. Innegabilmente tutta la musica proposta dai Groovopolis è caratterizzata da una rivisitazione del vintage sound e dalla derivazione diretta da quest'ultimo. Ma quella stessa palese ispirazione non significa tuttavia che debba necessariamente uscirne qualcosa di scontato o banale. Se Groovopolis non potrà mai essere accreditato di una sperimentazione spinta del jazz-funk, va detto che il loro primo (e unico) album resta pur sempre godibile e ben suonato. Si può tranquillamente far rientrare il progetto Groovopolis nella corrente acid jazz  poiché il loro sound ritmato e accattivante offre di fatto tutte quelle peculiarità che contribuiscono ad appagare gli appassionati di quel genere. Ed allora ecco il groove ricco di fiati, il piano elettrico, una struttura jazzistica con assoli estesi e degli arrangiamenti sempre molto precisi. La provenienza di Cortez dall’area di New Orleans permette al chitarrista di introdurre anche qualche richiamo allo stile tipico della Lousiana, ma sempre nel contesto di una sofisticata e più alta architettura musicale.  Groovopolis è un progetto serio e mette sul tavolo la mentalità specifica dell’improvvisazione jazz. Ai solisti viene concesso molto spazio per esporre la loro abilità e ne escono passaggi complessi ed un ottimo bilanciamento sonoro.  Contrariamente a quanto sostenuto con atteggiamento snob dai puristi ad oltranza del jazz, anche questa è espressione di quella stessa cultura musicale. I 13 brani che compongono Groovopolis sono tutti al di sotto dei 5 minuti di lunghezza, una caratteristica che sottende quasi ad una volontà di sintesi. I momenti migliori si possono ascoltare sulla swingante Mr.Noom, sull’intrigante ed inusuale Jammin With Jay, ma anche sul bop “funkyzzato” di New Blood e Distinquitive. Belle entrambe le cover: con Go Home di Wonder più ironica e scanzonata, e What’s Going On? di Gaye che mantiene la struttura armonica per fare da trampolino a dei notevoli assoli di chitarra e tromba. Groovopolis è un album che soddisferà gli appassionati di jazz venato di funk e soul, in una parola piacerà ai fan dell’acid jazz strumentale che non smettono mai di apprezzare le registrazioni degli anni '70, quelle dei grandi artisti di quell’epoca irripetibile.  Per intenderci quelle di Grover Washington, Jr., dei Crusaders, dei Funk, Inc. ma anche di Donald Byrd, Stanley Turrentine o degli Headhunters. Non sarà un capolavoro ma è ugualmente un disco godibile e divertente che scorre fluido, con più di un motivo di interesse.