Red Garland - Soul Junction


Red Garland - Soul Junction

La storia professionale del pianista jazz Red Garland è piuttosto particolare. Red è un artista dai grandi meriti che, ingiustamente, è rimasto all’ombra dei grandi jazzisti con i quali ha suonato (Miles Davis e John Coltrane in primis, vale a dire i più grandi…), confinato ad un ruolo di comprimario che non ha mai realmente messo in luce il suo valore. Ma se un genio come Miles lo volle con se per almeno un triennio non è difficile capire che ci troviamo davanti ad un musicista di enorme spessore sia tecnico che artistico. In verità Garland è stato effettivamente un talentuoso ed innovativo maestro del suo strumento, in grado di influenzare molti dei pianisti jazz venuti dopo di lui con il suo stile complesso, caratterizzato da un fraseggio articolato e dall'estensivo uso degli accordi  a blocchi. Per Red Garland la notorietà arrivò nel 1955 con l'assunzione nel famoso primo quintetto (in seguito sestetto) di Miles Davis, assieme a John Coltrane, Philly Joe Jones e Paul Chambers, con cui registrò i famosi album della Prestige: Workin', Steamin', Cookin' e Relaxin' with the Miles Davis Quintet. Il suo approccio pianistico impreziosisce tutte queste registrazioni con le sue tipiche sonorità, i trilli, le sequenze di note veloci. Il suo contributo a questa band, così seminale nella storia del jazz, va anche oltre il mero connotato stilistico. Garland figura anche sul primo disco del quintetto per la Columbia 'Round About Midnight inciso nel 1956 quasi in contemporanea con i quattro album Prestige. Poi però il suo rapporto col leader iniziò a deteriorarsi e già nel 1958 la sua partecipazione al quintetto fu più occasionale. Davis finì inspiegabilmente col licenziarlo, per poi riassumerlo nel sestetto (che era composto dalla formazione precedente più Julian Cannonball Adderley) con cui registrò Milestones. Negli anni successivi, dal 1958 in poi Garland si allontanò definitivamente da Davis per formare il suo trio e negli anni successivi si esibì e registrò con molti altri jazzisti di grande levatura. Soul Junction è probabilmente il migliore dei lavori di Red Garland, sia per i contenuti musicali che per la formazione, che vede il pianista a capo della sua nuova band con un giovanissimo Donald Byrd alla tromba, George Joyner al contrabbasso ed Art Taylor alla batteria. Come sideman Garland chiamò niente di meno che John Coltrane, anch'esso come lui reduce dalla militanza (peraltro ancora in corso in quel momento) nel quintetto storico di Miles Davis. Il mitico ingegnere del suono Rudy Van Gelder disse nel 2007 a proposito di quella registrazione, a 50 anni dalla sua pubblicazione: “mi ricordo molto bene quelle sessioni, mi ricordo di come i musicisti volevano suonare e rammento le reazioni quando si riascoltavano. Oggi mi sento di dire che fui il loro messaggero”. Quello era un periodo di particolare fermento per i jazzisti della corrente denominata hard bop. Red Garland, che di quello stile era uno dei massimi interpreti, con questo disco giunge alla sua terza prova da leader, ed il risultato è appunto "Soul Junction", uscito per la Prestige. Un titolo importante, che fa riferimento al collegamento tra le anime dei musicisti e quelle degli ascoltatori.  E così si intitola anche il lunghissimo pezzo che apre il disco, firmato dallo stesso Garland: dal punto di vista compositivo si tratta di un blues classico ma sotto l’aspetto concettuale ed esecutivo è un brano intenso ed espressivo. Emergono le radici sudiste di Garland, che è nativo di Dallas ed ottime sono le interpretazioni di Coltrane e Byrd: i due con i loro assoli fanno sì che un brano di questa lunghezza ed in più relativamente semplice, non finisca per annoiare. In ogni caso dopo la lunga volata di Soul Junction arrivano due bellissimi pezzi di Dizzy Gillespie: numeri che aggiungono immediatamente spessore e varietà a tutto l’album. Prima "Woody'N You", un pezzo molto amato in gioventù da Red Garland nel quale un Coltrane in forma sfoggia un gran fraseggio, potente e rabbioso come la sua interpretazione dell’Hard Bop ci ha abituati. Subito dopo è il turno di "Birk's Works", forse il momento topico del disco, dove il livello si alza ulteriormente per toccare l’apice della creatività. Il brano si presenta con una intro di Garland realizzata con un giro di piano di pregevole fattura per poi sfociare in un accattivante tema esposto all'unisono da uno smagliante Byrd e dal sempre prezioso Coltrane. La continuità del vivace flusso sonoro viene interrotta dall'unica ballad di Soul Junction, "I've Got it Bad" di Duke Ellington: questo è il territorio jazzistico dove Garland può maggiormente dare libero sfogo al suo raffinato tocco. Al contempo anche Coltrane riconferma nelle ballate la sua straordinaria capacità di fraseggio e la bellezza del suo sound, dandone un saggio davvero notevole proprio qui, nel classico del 1941 firmato dal Duca del jazz. L’album si conclude con "Hallelujah", un brano spumeggiante, aperto da uno straordinario Donald Byrd: il giovane trombettista fa sentire in questo numero tutta la sua classe cristallina, che verrà confermata da una lunga e prestigiosa carriera. Soul Junction è un buonissimo disco, con un’ottima scelta dei brani oltreché suonato in maniera superba. La purezza dell’hard bop di questo album va comunque al di là dell'evidente competenza tecnica della band: consente a Soul Junction di brillare di una propria bellezza trascendente. Ed è la conferma che il fin troppo dimenticato Red Garland può davvero essere considerato un vero mito del pianoforte Jazz.