Karl Denson - The D Stands For Diesel


Karl Denson - The D Stands For Diesel

Ho da poco parlato dei Greyboy AllStars quindi resto, per così dire, all’interno della stessa scuderia ed anche nell’ambito del genere acid jazz. Vorrei quindi proporre alla vostra attenzione un musicista molto interessante che risponde al nome di Karl Denson. Lui è un sassofonista e flautista funk-jazz americano, nativo di Santa Ana in California che di fatto del gruppo The Greyboy Allstars è fondatore insieme al più noto DJ Greyboy. Forse la sua collaborazione più popolare è la militanza nella band di Lenny Kravitz, ma nel corso della sua carriera Denson ha suonato anche con artisti del calibro di Jack DeJohnette, di Dave Holland e con le star del rock The Rolling Stones. The D Stands For Diesel secondo me è uno dei migliori album di questo sassofonista, anche se è praticamente sconosciuto al di fuori della peraltro ristretta cerchia dei fan dello stesso Denson. Il motivo per cui un pur valido disco come questo non ha conosciuto una vasta popolarità va ricercato in parte nel fatto che è stato pubblicato su un'etichetta indipendente come la Greyboy Records e dunque non ha avuto la promozione di una major importante. In realtà questo album, insieme al suo “gemello” Dance Lesson # 2 rappresenta il top della produzione discografica di Karl Denson. I due lavori sono molto simili nelle sonorità ed anche le composizioni rispecchiano uno stile omogeneo. Da notare che la band impegnata su The D Stands For Diesel è composta principalmente dagli stessi musicisti che lavorano con Denson nei The Grey Boy Allstars ovvero Zak Najor alla batteria, Chris Stillwell al basso elettrico, Elgin Park alla chitarra e il grande Robert Walter alle tastiere. Un gruppo indubbiamente di alto livello in grado di fornire al sassofonista americano il supporto ottimale per le sue velleità da solista. Forse la differenza più marcata tra i due album è che su questo si percepisce un maggior senso di libertà e una spiccata tendenza alla jam session rispetto al più controllato e sofisticato Dance Lesson # 2. E’ quel tipo di sound che interessa coloro che apprezzano il grande soul jazz registrato negli anni ‘70 per l'etichetta Prestige, sotto l’egida del produttore Bob Porter, da  musicisti come ad esempio Melvin Sparks, Johnny "Hammond" Smith, Bernard Purdie, Rusty Bryant e Leon Spencer Jr. Ma il richiamo c’è anche verso gli Headhunters dei primi anni '70, e perché no, alle band più contemporanee come Medeski Martin e Wood. Karl Denson è un sassofonista che mette in mostra un suono di sax tenore piuttosto grasso e caldo, ma anche scuro e ruvido: probabilmente la sua caratteristica migliore come strumentista. Ogni tanto non disdegna di utilizzare anche il sax contralto col quale si destreggia altrettanto bene, ma con meno personalità. L’album vede la partecipazione in veste di ospite del cantante Andy Bey, un esperto pianista e vocalist che può vantarsi della stima di un genio come John Coltrane. Bey presta a Karl Denson la sua voce profondamente soul-blues in due brani. 8 sono i brani che compongono The D Stands For Diesel:si inizia benissimo con il titolo d’apertura Louis & Co in cui il sax tenore è in evidenza con tutto il suo sound caratteristico su un tappeto ritmico davvero molto stimolante. Bouganvillea è il primo dei pezzi cantati da Andy Bey: sulle prime suona come un brano blues, ma presto il ritmo funk si impossessa del mood grazie ad un bellissimo tappeto ritmico ed un valido arrangiamento. Si può apprezzare Karl Denson al flauto nel successivo The Grind e va sottolineata una certa personalità del musicista californiano anche con questo strumento. Sunday School è una nota più allegra e divertente, in stile soul-boogaloo. Russian Qualude vede di nuovo Denson impegnato al flauto con un atmosfera forse un po’ più smooth jazz. Il funk torna padrone della scena sulla bella Jam Sandwich, ottima anche per apprezzare una volta di più il grande Robert Walter al Rhodes. Steamed Waters ci porta in un territorio quasi fusion in cui sia la ritmica che i solisti danno un saggio di grande vigore. Il lungo assolo di sax e quello altrettanto bello di piano elettrico galleggiano su una base di batteria e basso impressionanti. L’ultimo brano è anche il secondo cantato da Andy Bey, il cui punto di forza è tuttavia soprattutto la parte di sax tenore di Karl Denson e l’arrangiamento di fiati del finale. The D Stands For Diesel è un bell’album di funk jazz, apprezzabile soprattutto da tutti i fan delle sonorità vintage e ovviamente dagli appassionati di acid jazz. Alimentato splendidamente da una band il cui affiatamento e la cui coesione rasentano la perfezione, suona asciutto, potente e schietto come la voce del sax di Karl Denson. Non mancherà di riservare piacevoli sorprese a chiunque sia alla ricerca di qualche nome diverso per staccarsi dall’appiattimento del contemporary jazz di questi ultimi tempi.