Bud Powell – The Insible Cage


Bud Powell – The Insible Cage

Earl Rudolph "Bud" Powell (New York, 27 settembre 1924 – New York, 31 luglio 1966) è stato uno dei più grandi pianisti e compositori della storia del jazz. La sua più grande fonte di ispirazione fu un altrettanto geniale pianista come Art Tatum. Insieme ad altri mostri sacri come Charlie Parker, Thelonious Monk e Dizzy Gillespie, Powell è stato un musicista centrale e imprescindibile per la nascita e lo sviluppo dello stile denominato be-bop e più in generale di tutto il jazz moderno. Bud Powell è stato uno splendido virtuoso del pianoforte ma al contempo anche un notevolissimo compositore: senza ombra di dubbio il suo pianismo e le sue creazioni hanno dato uno slancio grandissimo a tutta l’espansione del concetto di armonia nel jazz. In verità gran parte del pianismo moderno gli è enormemente debitore: da Hank Jones a Bill Evans, fino a Herbie Hancock e Chick Corea. Ci sono due aspetti importantissimi che riguardano la musica di Bud Powell che spesso vengono confusi. In primo luogo abbiamo visto come sia stato un musicista originale, un innovatore ed un autorevolissima fonte d'ispirazione per generazioni di pianisti. Il secondo aspetto è che tra tutti i grandi del be bop, egli fu senza dubbio il più spiritualmente vicino a Charlie Parker. Powell non a caso interpretò il ruolo del pianoforte alla stregua di quello di un sax o di una tromba, smarcandosi dalla schiavitù dell’uso della mano sinistra in funzione ritmica e delegando a questo ruolo la coppia basso e batteria. In più era affascinato dalle dissonanze, dalle alterazioni, sostituzioni ed estensioni delle sequenze di accordi. Ed è proprio da queste pionieristiche esplorazioni che sono venute fuori le frasi poi divenute il clichè dello stile be bop. Sfortunatamente la mente di Bud Powell era pericolosamente ed inesorabilmente instabile. Lui era ed è rimasto un enigma: tanto brillante musicalmente quanto minato profondamente per tutta la sua vita da una malattia mentale che lo costrinse a lungo in ospedale.  Era come se fosse separato dal mondo da una gabbia invisibile. Ecco perché uno dei suoi ultimi album porta il titolo The Invisible Cage: una sorta di riassunto del suo stato mentale sintetizzato in tre parole. E’ proprio di The Invisible Cage che vorrei parlarvi dopo aver speso qualche parola in più per descrivere doverosamente il personaggio e l’uomo. Il disco, registrato nel 1964 a Parigi poco prima della scomparsa di Bud Powell, è noto anche con un altro titolo: Blues for Bouffemont. E’ stata una delle sue ultime registrazioni, probabilmente l’ultima davvero valida. A causa dei suoi problemi di salute mentale infatti i suoi album possono essere piuttosto incoerenti e spesso deficitari. Considerando quindi che The Invisible Cage è arrivato praticamente alla fine della sua carriera, è sorprendentemente buono, anche se  forse non esattamente una rappresentazione di Bud Powell al suo meglio. Tra i lati positivi, Powell qui suona molto rilassato e la sua esibizione mostra anche, a tratti, quella bizzarra follia che si percepisce ugualmente in altre registrazioni e che lo rende ancora più unico. Questa vaga sensazione di tranquillità nelle sue esecuzioni è una sorpresa gradita rispetto ad alcune quasi schizofreniche registrazioni passate, ma allo stesso tempo, sembra quasi togliere a Powell la vetrina per le sue straordinarie abilità nei tempi ultraveloci e il gusto per la ricerca delle frasi complicate. Stilisticamente parlando The Invisible Cage regala molta varietà: si va dal be bop veloce alle ballate,  dallo swing al blues per arrivare persino al calypso jazz. Blues For Bouffemont parla da sola: è blues ma di più è anche quello che il blues dovrebbe sempre essere. Bud Powell mostra il suo umorismo nero su di un classico sentimentale come "Like Someone in Love" e ascoltare la sua folle sequenza di accordi è un buon modo per cercare di comprendere il suo talento impareggiabile. Una Noche Con Francis mostra una grande flessibilità ritmica, ma è sulle classiche gemme del bop come Moose The Mooche e Little Willie Leaps che il pianista ci delizia con le sue linee di note fluide e velocissime che enfatizzano i suoi assoli. In una ballata come My Old Flame possiamo poi apprezzare la profondità e la grande intensità con la quale in maturità Powell interpretava i brani lenti e romantici. Quasi una vivisezione armonica delle composizioni da cui il maestro traeva poi la linfa per trasformare e reinventare qualsiasi partitura. Per l'ascoltatore è quasi inevitabile percepire una sorta di tensione creativa e godere di una conseguente soddisfazione musicale: un fatto raro non solo nel jazz. Proprio come Jimmy Smith e Keith Jarret, Bud Powell è conosciuto per il suo "canticchiare" le frasi musicali in sottofondo, non lo faceva sempre e in molti album non compare, ma in questo lo si percepisce chiaramente.  Anche se qualche critico ha rimarcato che in alcuni brani il pianista sembra quasi svogliato, in realtà l’album non è affatto male e forse l’unico vero punto debole è l’esecuzione di "Relaxin at Camarillo", dove probabilmente Powell non era del tutto sobrio. Il trio che registrò questo album è completato da Michel Gaudry al contrabbasso e Art Taylor alla batteria. Il mondo di Bud Powell purtroppo era fatto di continui alti e bassi, addirittura durante una stessa sessione, di conseguenza così erano anche le sue registrazioni. Un momento poteva essere sublime, un attimo dopo sconfortante. The Invisible Cage appartiene alla via di mezzo, tuttavia se si pensa alle sue condizioni di salute può essere considerato un buon disco. L’arte di Powell volava altissimo e il suo prodigioso talento spesso riusciva a fare altrettanto, però nello stesso modo, la sua mente lo imprigionava in una “gabbia invisibile”, inchiodandolo alla più triste delle condizioni umane.