Alexander Zonjic – Seldom Blues


Alexander Zonjic – Seldom Blues

Confesso che c'è stato un tempo in cui mi piaceva ascoltare lo smooth jazz, forse per la sua atmosfera quasi sempre morbida e orecchiabile. Tra gli strumenti meno inflazionati in questo genere musicale va annoverato certamente il flauto, tuttavia non sono mancate le eccezioni, un pò come avviene nel più complesso e serioso jazz classico. A questo proposito vorrei prendere in considerazione un flautista di indubbia tecnica e di spiccata versatilità come il canadese Alexander Zonjic. La vita musicale di Alexander Zonjic è la prova che il vero destino di un musicista non sempre si definisce nel momento in cui un giovane prende in mano il suo primo strumento. Cresciuto a Windsor, Ontario, Alexander rimase affascinato dalla musica britannica, cominciando a coltivare i suoi sogni con una chitarra all'età di nove anni e poi al liceo dove suonava in una band R&B. La storia racconta che all'età di 21 anni, quando Zonjic era a casa durante una pausa da un tour, uno sconosciuto che lo aveva visto suonare gli offrì un flauto, molto probabilmente rubato, per 50 dollari. E Zonjic lo comprò per molto meno. "Mi piaceva come appariva nella sua custodia", ricorda Zonjic. “Padroneggiarlo fu subito una sfida e provai un desiderio irrefrenabile di suonarlo così come una passione immediata. Poi ho avuto il coraggio di tentare un'audizione per il programma musicale dell'Università di Windsor: in questo modo ho cominciato la mia avventura, e poi la mia formazione classica”. Per quanto riguarda il jazz, mentre suonava al Baker's Keyboard Lounge di Detroit, Zonjic incontrò Bob James, che rimase così colpito dalla sua bravura che chiese al giovane flautista di unirsi alla sua band. La collaborazione diede come frutto un decennio di tournée internazionali negli anni '80, sfociando infine in due registrazioni negli anni '90. Dopo aver inquadrato il personaggio, va detto che Alexander Zonjic è davvero  un bravo flautista, che tipicamente si circonda di talenti di prim'ordine e produce album di una certa raffinatezza. Zonjic non fece eccezione nel 2004 quando pubblicò Seldom Blues, forte di una valida schiera di collaboratori. L'elenco dei musicisti dell'album comprende dunque ben 16 artisti ospiti, tra i quali tastieristi/programmatori e cantanti ed altri strumentisti. Ci sono ad esempio i fratelli Kirk e Kevin Whalum, Angela Bofill, Earl Klugh, Jeff Lorber e Peter White, tra gli altri. Seldom Blues è un classico progetto smooth jazz degli anni duemila, ricercato e di classe, ma anche un po’ asettico e ripetitivo. Per contro è piacevole che per una volta sia il flauto lo strumento principale, piuttosto che il sempre popolare ma inflazionato sassofono. Inoltre Alexander Zonjic è un flautista esperto e di grande talento che riesce a creare una sensazione eterea e fluttuante in grado di dare una dimensione diversa e più attraente ai ritmi spesso un po' monotoni delle programmazioni elettroniche. Tuttavia, è esattamente questo il difetto principale di un album altrimenti di buona fattura: l’approccio stereotipato alle tracce ritmiche. In fondo non c'è niente di sbagliato nell'usare strumenti moderni per migliorare le proprie idee musicali, ma un uso massivo dell'elettronica può diventare a volte banale e troppo piatto. Lo stile di Zonjic è eccellente ovunque, così come le voci e gli assoli degli altri musicisti, ma le ritmiche create dalla tecnologia trasmettono decisamente un senso di mancanza di originalità, il che sminuisce la qualità complessiva del suono. In ultima analisi l’album è una mezza occasione perduta, però Seldom Blues sa comunque farsi apprezzare, complice il sempre ottimo fraseggio del flauto di Zonjic, che dello strumento è un vero maestro. E i cantanti ospiti arricchiscono il menù. Prendiamo ad esempio Kem, impegnato nella title track dell'album: la sua voce calda e rilassante, in contrapposizione al flauto di Zonjic, crea un'atmosfera intrigante. Un altro esempio di buona qualità nella combinazione tra flauto e voce è rappresentato da "Spill the Wine". E’ Kevin Whalum ad accompagnare Zonjic in questo bel brano che lascia comunque il segno per orecchiabilità e piacevolezza. Il maestro Bob James è il principale artefice della programmazione, ma Zonjic impiega anche il talento di James Lloyd dei Pieces of a Dream. Tra gli altri  pezzi forti ci sono "Isabela", con influenze latine e "Under the Moon and Over the Sky" con  la vocalist Angela Bofill, che contribuisce magnificamente con la sua voce caratteristica. Certo una sezione ritmica reale, con un basso ed una batteria, avrebbero fatto un’enorme differenza tra un album al più orecchiabile e un lavoro di ben altro spessore. Alla fine ogni brano del disco, valutato per quello che è, ha un bel groove e può essere gradevole ed adatto a molti stati d'animo. Seldom Blues è un album non essenziale, ma risulta sufficientemente accattivante per una fruizione di facile ascolto, senza impegno.