Paul Chambers – Paul Chambers Quintet

Paul Chambers – Paul Chambers Quintet

Paul Chambers è stato uno dei più preminenti contrabbassisti della sua epoca: ha partecipato ad un grandissimo numero di registrazioni significative ed è stato membro di altrettante formazioni che possono essere considerate fondamentali nella storia della musica jazz. Su tutte la sua presenza nell'album Kind of Blue con il sestetto di Miles Davis e quella su Giant Steps di John Coltrane, che rappresentano probabilmente gli apici della sua carriera. Dopo aver lasciato la band di Davis, si unì a Wynton Kelly e a Jimmy Cobb per formare un trio che divenne la sezione ritmica più popolare della scena jazzistica, accompagnando praticamente tutti i solisti più importanti dell'epoca per gran parte degli anni sessanta. Il motivo di questo successo professionale ed artistico era  che Chambers fu un bassista con una perfetta intonazione, un magistrale senso del tempo ed una altrettanto virtuosistica padronanza dello strumento. In qualche misura si può dire che Chambers sia stato l’archetipo del bassista nei periodi dell’hard bop e del jazz modale. Al suo stile ed alla sua tecnica hanno fatto riferimento moltissimi musicisti venuti dopo di lui e la sua eredità artistica è di inestimabile valore. Dal 1955 al 1965, Paul Chambers è stato anche probabilmente il bassista jazz più prolifico al mondo. Come dicevo è apparso in decine di album, inclusi alcuni dei migliori e più famosi di tutti i tempi. Non fu quindi del tutto una sorpresa quando, nel 1957, uscì quello che, a suo modo, si può considerare un punto di svolta per quanto riguarda le registrazioni in cui il basso diventa lo strumento di punta. Quel disco, intitolato opportunamente Bass on Top ha letteralmente ribaltato il jazz, trasformando il contrabbasso nello strumento principale nella definizione della melodia. Era un'idea nuova, ma al contempo era anche un concetto difficile da digerire per molti appassionati. Pochi mesi prima di registrare quell'album storico, Chambers guidò una band più convenzionale, con un disco di hard bop nel solco della consuetudine, chiamato semplicemente Paul Chambers Quintet. È un disco piacevole, anche se non rivoluzionario. Qui sono i fiati che, nelle figure del trombettista Donald Byrd e del sassofonista tenore Clifford Jordan, prendono il comando, insieme ai deliziosi contributi del pianista Tommy Flanagan ed alla base ritmica dettata dal grandissimo Elvin Jones. Ogni dubbio sul fatto che questa sia una band guidata da un contrabbassista è fugato dal brano di apertura: "Minor Run-Down" di Benny Golson. Il pezzo è toccante, di fatto un blues piuttosto orecchiabile nel quale all’inizio è proprio Paul Chambers a prendersi la scena con un lungo assolo. Poi Byrd e Jordan vanno in prima linea e tutto si trasforma in un bellissimo hard bop pieno di soul e vigore. Un altro bel brano dell'album è un originale di Chambers intitolato "Beauteous": un pezzo d'insieme con un ampio spazio per gli assoli e un ritmo leggermente latino. E’ un momento divertente e godibile anche se non è niente che non si sia già ascoltato prima. Il quintetto si rianima davvero con le due tracce a metà del disco dove le parti di basso sono davvero fuori dall'ordinario. "Softly, as in a Morning Sunrise" è il classico di Oscar Hammerstein, ma ripreso ad un ritmo più veloce e con la melodia che viene disegnata proprio al contrabbasso. Qui si può davvero apprezzare la diteggiatura magistrale di Chambers così come la sua inusuale melodicità, prima che lo spazio sia lasciato all'assolo di pianoforte di Flanagan. "Four Strings" è un altro brano di Golson dove il ritmo è ancora una volta veloce ed inizia con una lunga performance di basso, suonato anche con l'archetto direi molto appropriatamente per una canzone intitolata “quattro corde”. Sax e tromba sono fantastici così come l’intervento di Tommy Flanagan è tanto agile quanto piacevole, tuttavia è il basso di Chambers a renderlo inaspettatamente straordinario. Charles Mingus è stato il bassista jazz più famoso e innovativo degli anni '50 e '60, e magari Bass on Top dello stesso Chambers potrebbe essere considerato l'album più schiettamente orientato al basso di quel periodo. Ma Paul Chambers Quintet è un momento felicemente riuscito di hard bop convenzionale, forte di quattro meravigliosi sidemen e del talento cristallino di uno dei più grandi contrabbassisti della storia del jazz. E’ un lavoro che si staglia sopra la media e vale indubbiamente un ascolto, soprattutto per apprezzare appieno l’arte indiscussa del maestro Paul Chambers, anche lui come molti altri colleghi jazzisti morto prematuramente a soli 34 anni nel 1969.