Michel Petrucciani Trio – Trio in Tokyo


Michel Petrucciani Trio – Trio in Tokyo

Michel Petrucciani è stato un grandissimo pianista jazz che può essere descritto con poche parole in questo modo: 97 centimetri per 27 kg di assoluto genio. Una vita tanto luminosa sui palchi di tutto il mondo quanto oscuramente dolorosa. Michel Petrucciani era nato con una rara malattia alle ossa che ha gravemente inibito la sua crescita, lo ha costretto ad un’esistenza di sofferenze ed infine lo ha portato ad una prematura scomparsa. Petrucciani infatti era affetto da osteogenesi imperfetta, morbo congenito conosciuto anche come sindrome dalle ossa di vetro. Una malattia genetica che priva le ossa del calcio necessario per poter sostenere il peso del corpo e che impedisce la crescita. Ma quello che gli mancava in altezza, lo compensava abbondantemente con il talento. Un piccolo gigante, dotato di una sensibilità artistica fuori dal comune e da una meravigliosa attitudine verso il jazz e più in generale per la musica e per il pianoforte. Tutto il suo corpo gemeva, ma le mani al contrario sui tasti cantavano. Se ogni parte del suo fisico malato lo tradiva, le sue dieci dita invece rimasero fedeli al suo talento sino all’ultimo. In parte Bill Evans, in parte Keith Jarrett, il suo stile pianistico gli è valso l’ammirazione ed il seguito di tutti gli appassionati di jazz. Il trio rimane probabilmente il contesto in cui l'arte di Petrucciani si esprimeva al meglio, specie quando ad affiancarlo era una coppia ritmica pronta a recepire e ritrasmettere segnali proficui per lo sviluppo del suo complesso impianto ritmico-armonico. Trio In Tokyo è forse l’album dove si può cogliere pienamente tutta l’essenza di Michel: è stato recentemente rimasterizzato con l’aggiunta di una bonus track: “Take The A Train”. La registrazione documenta il periodo finale della purtroppo breve, ma intensissima carriera di Petrucciani. Questo è uno dei più alti livelli raggiunti da un trio jazz, non solo come interplay tra i musicisti, ma anche come qualità della ripresa audio, tanto che è uno dei più famosi dischi di test per l'hi-fi. Sfortunatamente l’album dura un’ora soltanto, ma è un’ora di una intensità e di un piacere di ascolto sublimi ed è evidente come in certi momenti la velocità di esecuzione di Michel sia pari solo alla sua precisione, ogni nota è sempre ben definita e caratterizzata nel suo tocco forte e sicuro. Tutti i brani sono di Petrucciani ad eccezione di una fantastica “So What” e della bonus track. Bisogna assolutamente menzionare i suoi due compagni di avventura, ovvero il batterista Steve Gadd ed il bassista Anthony Jackson sempre perfetti in ogni attacco e grandissimi in ogni dettaglio. E pensare che all’inizio la scelta fu addirittura criticata, ma di fronte ad una serata memorabile come questa, non si può che essere felicissimi che il trio sia stato immortalato esattamente come avvenne in quella meravigliosa performance giapponese. Petrucciani suona con semplicità, immediatezza e trasporto, preferendo sempre la melodia alla complicazione, il divertimento ad un approccio troppo cerebrale; è il trionfo della positività e della brillantezza rispetto all’introspezione. Il suo tocco appare, come il suo personale stile peraltro è sempre stato, percussivo, sensibile, cristallino, al punto che anche quando i fraseggi più lunghi si fanno velocissimi, ogni singola nota rimane perfettamente intellegibile. Il suo suono probabilmente riassume in qualche misura tutto il jazz della fine del XX secolo. Era una stupenda sintesi di tutto ciò che è venuto dopo Bill Evans, una sorta di sublimazione dell’arte jazzistica concentrata in un’ora di pura bellezza. Il programma della serata dal vivo conosce momenti giocosi e pieni di umorismo come con la trascinante "Cantabile", dove una ripetizione di 4 note diventa quasi un’irridente sberleffo all’adorante pubblico giapponese. Poi ci sono brani dove è il romanticismo a farla da padrone, come nella dolcissima "Love Letter", che il pianista interpreta con rara delicatezza ed una poesia incomparabile. Come detto la melodia è la caratteristica dominante dell’approccio di Petrucciani e tuttavia non manca mai il ritmo. Tutto ciò è evidente ascoltando "September Second", "Home" e "Colors". Il concerto si apre con una trascinante "Training", e davvero non si può immaginare un inizio più favoloso di questo. Restando in un atmosfera dove il ritmo e l’energia sono i segni distintivi non si può non citare la strepitosa "Little Peace In C For U": qui c’è anche l’occasione per gustarsi i fenomenali assoli di Anthony Jackson e Steve Gadd. Due straordinari artisti che non sono affatto comprimari ma parte integrante di questo concerto. Jackson predilige un suono profondo e controllato, utilizzando il basso elettrico sui registri gravi, come un contrabbasso acustico. Steve Gadd ovviamente non è da meno, in quanto maestro sia del tempo che della dinamica, sa esattamente come e quando essere potente o delicato e la sua propulsione ritmica è straordinaria. La prima delle due cover, ovvero "So What" di Miles Davis, è interessante per come il piccolo genio francese la interpreta, prima in maniera più intima e delicata e poi via via sempre più trascinante. La struttura modale  è resa con maestria e creatività, rendendo questa versione assolutamente al livello del capolavoro originario. La famosissima “Take The A Train” che sul cd è la bonus track è infine suonata in modo funambolico e velocissimo e non fa altro che dimostrare come questo genio assoluto del pianoforte (che doveva essere accompagnato sullo sgabello e per il quale venivano predisposti dei pedali speciali) fosse un musicista speciale, fuori dall’ordinario. La forza di un genio custodito in un corpo fragilissimo. Registrato nel club giapponese Blue Note nel novembre del 1997, Trio In Tokyo documenta la fine della vita breve e straordinaria di Petrucciani e ci lascia una testimonianza unica ed irripetibile di un fenomeno raro e prodigioso che travalica i confini di un genere come il jazz per entrare di diritto in quelli immortali dell’arte assoluta. (Per chi volesse approfondire l’argomento consiglio di cercare un bellissimo documentario di Michael Radford intitolato “Michel Petrucciani – Body & Soul”, che racconta tutta la sua straordinaria vita. Un omaggio ad uno spirito indomito in un corpo disobbediente.)