Clifford Jordan - Glass Bead Games


Clifford Jordan - Glass Bead Games

Clifford Jordan nacque a Chicago, città che vide nascere parecchi jazzisti noti per il loro stile brillante e deciso, tra cui i celebri “sassofonisti duri” come Gene Ammons ed Eddie “Lockjaw” Davis. Pur condividendo la loro ostentata spavalderia, Jordan aveva uno stile nettamente diverso, basato su toni al tempo stesso seducenti e ruvidi nelle note più gravi e acute. Sideman molto apprezzato, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta Jordan prese parte a un gran numero di registrazioni con jazzisti di altissimo livello come Lee Morgan, Horace Silver e Max Roach e realizzò diversi album da solista di notevole interesse. Jordan era poi entrato a fare parte addirittura della band di Charles Mingus, con la quale aveva registrato l’elettrizzante album live Right Now: Live at the Jazz Workshop. La ricerca di sempre nuove prospettive da parte di Mingus, pur conservando la consapevolezza dell’importanza del passato ed un eclettico insieme di raffinatezza armonica e di un furore creativo mai domo, ha esercitato sicuramente una profonda influenza su Jordan. Però nel complesso si può dire che Jordan sia un musicista jazz che non ha ricevuto il riconoscimento che avrebbe meritato. Nonostante le lodi ricevute dal collega sassofonista Sonny Rollins, Jordan rimase incompreso e forse addirittura trascurato dai critici della sua epoca. Clifford non nutriva particolare interesse per l'hard bop, per il jazz elettrico ma nemmeno per le estreme avanguardie jazzistiche. Inoltre non era spinto da una forte ambizione verso l’innovazione, come ad esempio John Coltrane. Eppure non mancano le registrazioni dove è tangibile il suo inestimabile contributo artistico: non ultimo quello che potrebbe essere l’album più creativo di Horace Silver, Further Explorations By The Horace Silver Quintet. Ma parlando di album da solista c’è una registrazione che rappresenta al meglio il talento di Clifford Jordan ed è Glass Bead Games del 1974. Una duplice sessione in cui il sassofonista guida due quartetti: il primo con il batterista Billy Higgins, il pianista Stanley Cowell ed il bassista Bill Lee; il secondo ancora con Higgins ma affiancato da Cedar Walton e Sam Jones. Album di una certa rarità, gode di un ottima reputazione tra gli appassionati e soprattutto tra i collezionisti. All'inizio del 2007 finalmente la vedova di Jordan autorizzò l'uscita della prima, completa e unica ristampa della leggendaria sessione e ora è possibile goderne anche ad un più vasto pubblico. La musica è più che all'altezza della sua fama e conferma la maestria di Jordan con il suo sax, indicando al contempo il musicista di Chicago come una delle voci più avvincenti e caratteristiche della sua epoca. Pur ispirandosi al sound di John Coltrane, il discorso musicale di Jordan è nettamente distinto da quest’ultimo. I dodici brani dell’album sono quasi concepiti come una sorta di unica suite, pur con molte sfaccettature, ed appare organicamente coerente, a sottolineare la sua fonte diretta d’ispirazione, ovvero il romanzo di Herman Hesse che è anche il titolo del lavoro. La performance dei musicisti, Jordan in primis, è straordinaria: è esemplare in quanto singolarmente creativa eppure altrettanto fortemente collaborativa. C’è una sorta di affinità mistica con A Love Supreme di John Coltrane ma Glass Bead Games di Clifford Jordan pur riconoscendosi in quella stessa sensibilità, si allontana dalla ricerca musicale trascendente di Coltrane ponendosi su un piano più facilmente fruibile. I quattro musicisti sono in così completa sincronia che i cambiamenti di tempo, di struttura e di timbro appaiono perfetti. E così la distinzione pur ovvia tra gruppo e solista come pure le pause tra le selezioni diventano tutte secondarie rispetto al continuo fluire della musica, alle inesauribili sorprese e alle delizie sonore che mantengono l'ascoltatore attento e partecipe. Anche per questo forse risulta superfluo analizzare le singole tracce una per una.  Glass Bead Games è un album pieno di rivelazioni a molti livelli. Poi va dato merito a Bill Lee che era un bassista superlativo, un sideman di prim'ordine ed un potente catalizzatore: andrebbe riconosciuto più per il suo talento musicale che per essere il padre del più famoso figlio, il regista Spike. A completare il quadro c’era anche Billy Higgins: come tanti musicisti affermano, un batterista unico e irripetibile. Infine Clifford Jordan: lui era un artista di prim'ordine, il suo modo di suonare così disinvolto e non forzato,  sciolto e concentrato, maturo e consapevole è straordinario. Resta lo stupore per come tanto talento e autenticità sia stata spesso sottovalutata. La sua retorica musicale è originalmente  espressiva, avvincente e solida. Un musicista vero, tra i più interessanti della sua epoca, che vale la pena di rivalutare.