George Duke - The George Duke Quartet Presented By The Jazz Workshop 1966 Of San Francisco


George Duke - The George Duke Quartet Presented By The Jazz Workshop 1966 Of San Francisco

George Duke è stato senza ombra di dubbio uno dei principali esponenti del movimento jazz fusion, in particolare negli ’70. Fu inoltre il tastierista di Frank Zappa negli album "The Grand Wazoo", "Over-Nite Sensation" e "One Size Fits All" e collaborò nel 1969 con il violinista Jean -Luc Ponty. In seguito intraprese una strada musicale via via  sempre più commerciale, in ogni caso all'insegna della raffinatezza e della classe. Sebbene Duke fosse principalmente un tastierista, egli padroneggiava anche il sassofono, il flauto, il basso e il trombone, strumenti tuttavia mai più utilizzati personalmente negli anni del grande successo discografico. George è stato un artista solista piuttosto prolifico e ha pubblicato la bellezza di 35 album prima della sua prematura scomparsa avvenuta all'età di 67 anni nel 2013. Qui mi occuperò del suo album di debutto, dal titolo piuttosto lungo: The George Duke Quartet Presented By The Jazz Workshop 1966 Of San Francisco. Prima di qualsiasi svolta elettrica, molto tempo avanti anche dell’incontro con Zappa, questa registrazione ci permette di ascoltare un George Duke che suonerà inedito e probabilmente anche inatteso. Impegnato in un contesto di puro hard bop, questa fu davvero l’unica registrazione di jazz mainstream di Duke, in quel momento ventenne e perciò ha un valore particolarmente significativo e si rivela piuttosto interessante. L’album, per la verità registrato non proprio al top dal punto di vista della presa sonora, è nato dalla collaborazione del tastierista con un famoso jazz club della San Francisco degli anni '60, che si chiamava proprio Jazz Workshop. L'intero progetto si materializzò in modo repentino mentre Duke studiava al Conservatorio di San Francisco: stava esibendosi nel club, quando una sera è stato avvicinato dal proprietario della Saba Records, Hans Georg Brunner-Schwer che gli chiese espressamente di registrare un album. Il giovane George non voleva crederci, ma firmò un contratto e questa registrazione è il risultato di quell'incontro. Il quartetto era composto da Duke, qui esclusivamente al pianoforte acustico, David Simmons alla tromba, John Heard al contrabbasso e George Walker alla batteria. Le sessioni di registrazione furono incredibilmente rapide: se ne giova la spontaneità e la freschezza, stimolata anche dalla gioventù dei musicisti. Il nostro Duke avrà tempo nel suo futuro per produrre dischi molto più patinati ed estremamente raffinati. Ma qui siamo in un altro territorio: c’è un evidente tributo al grande John Coltrane dei suoi anni post-bop. Nonostante ciò questo album suona molto più vicino al jazz in voga tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60.  In verità il progetto fu organizzato dal pianista senza esperienza e nessun materiale preparato in anticipo, anche per questo il sound che viene fuori offre un jazz dal suono serrato ma piuttosto tradizionale per l’epoca. E’ interessante sapere che la registrazione ha richiesto solo sei ore per essere completata, la qual cosa lo rende in effetti una sorta di album dal vivo in studio in cui tutto accade di getto, senza pensarci troppo. Sebbene George Duke abbia sempre affermato che questo è il suo album più debole, tuttavia non è affatto un brutto lavoro, va preso per quello che è, in realtà un frettoloso inizio di carriera. Certo le performance immortalate in quel lontano 1966 sono tutt'altro che sconvolgenti, ma si tratta di un debutto, organizzato e suonato in fretta e furia. Però fu proprio così che George Duke riuscì  ad attirare l'attenzione di cui aveva bisogno per far avanzare la sua carriera abbastanza rapidamente. Ci sarebbero comunque voluti altri tre anni prima che la collaborazione con Luc-Ponty prendesse forma, ma da quel momento (fine anni ’60) per Duke cominciò un flusso ininterrotto di album come solista, corroborato dalle collaborazioni con il genio di Frank Zappa, che avrebbero tenuto occupato il nostro grande George per il resto dei suoi giorni. La musica da lui suonata e composta si allontanerà presto in maniera quasi definitiva dal jazz, abbracciando molti generi: di sicuro il funk, la fusion, il rock, financo la disco ed in ultimo lo smooth jazz. The George Duke Quartet Presented By The Jazz Workshop 1966 Of San Francisco non è certo il tipo di album per il quale la critica si entusiasma, ma propone la prospettiva appropriata di un artista emergente, proprio come "Takin' Off" di Herbie Hancock. (Lavoro che appare comunque più consistente e rifinito). Ci consente di ascoltare gli esordi mainstream di un paladino del jazz funk alle prese con un set acustico, esclusivamente con il pianoforte, in una collezione di sei brani hard bop tutti ottimamente eseguiti, per lo più ad alta velocità. Sfortunatamente l’album è privo di un timbro artistico memorabile ed è sicuramente un po’ grezzo: il meglio di se stesso Duke lo diede in seguito, in un ambito fusion, evidentemente in quella che era la sua naturale e più congeniale dimensione. Tuttavia la registrazione è apprezzabile e di certo rappresenta un unicum nella lunga carriera di un personaggio come George Duke, che è stato uno straordinario artista ed un uomo di grande sensibilità.