Quincy Jones - This Is How I Feel About Jazz


Quincy Jones - This Is How I Feel About Jazz

Non è mai facile distinguere tra coloro che hanno realmente contribuito allo sviluppo della musica (il jazz non fa eccezione) e quelli che attraverso i successi discografici, radiofonici o televisivi assurgono ad una falsa e magari effimera gloria senza incidere davvero a livello artistico. Non sorprende dunque che qualcuno ritenga che Quincy Jones sia solo un personaggio legato al pop e che sia diventato celebre grazie alle sue produzioni recenti e soprattutto  complice la collaborazione con Michael Jackson. Senza alcuna intenzione di sottovalutare il talento di quest'ultimo, Jones è ovviamente molto più di questo e non è un’esagerazione considerarlo un personaggio di primaria importanza nel jazz del ventesimo secolo.  Per meglio comprendere lo spessore di questo poliedrico artista può essere certamente un viaggio illuminante tornare indietro ad oltre tre decenni prima di Off The Wall e di Thriller, alla ricerca delle radici del Quincy Jones jazzista: ovvero al momento cruciale che avrebbe trasformato il grande arrangiatore e produttore in uno degli architetti musicali più importanti di sempre. 1956, Jones all'epoca aveva solo 23/24 anni ma era già evidente che fosse un arrangiatore nato. Se è corretto immaginare che il talento adolescenziale di Quincy fosse ancora acerbo durante i suoi primi anni di attività, trascorsi suonando nel gruppo del di poco più anziano Ray Charles, è altrettanto giusto essere consapevoli che furono le sue doti innate e la sua passione per lo studio ad aprirgli le porte del Berklee Music College. Abbandonati gli studi accademici in favore della partecipazione alla sezione fiati della big band di Lionel Hampton insieme ad altri artisti del calibro di Art Farmer e Clifford Brown, il giovane Quincy diede una svolta alla sua carriera. Incoraggiato dal leader a partecipare agli arrangiamenti del gruppo, capì presto che il suo futuro non era la tromba bensì proprio la scrittura e l’elaborazione delle partiture musicali. Il suo lavoro di arrangiatore al servizio di artisti come Cannonball Adderley, Dinah Washington, del suo vecchio amico Ray Charles e per l'esigente orchestra di Count Basie ne sono la testimonianza. Tutte queste importanti esperienze rendono più facile capire perché, pur in una fase così iniziale della sua carriera, Quincy fosse già così consapevole che la specializzazione poteva essere la sua carta vincente: era proprio la diversità a distinguerlo dalla massa. Così, quando nel settembre del 1956 trovò l'opportunità di pubblicare qualcosa sotto il suo nome, radunò un gruppo di musicisti di grande valore ai Beltone Studios, a New York, e mostrò al mondo di che pasta era fatto.  This Is How I Feel About Jazz nasce in quel momento, e con esso inizia l’ascesa di Quincy Jones nell’olimpo del jazz. E quale modo migliore poteva esserci per manifestare i suoi sentimenti nei confronti del jazz se non quello di scegliere un pezzo a cui Miles aveva intitolato un album un paio di anni prima, e rimodellarlo secondo le sue regole? La celebre "Walkin'" di Davis si presenta in modo sorprendentemente non convenzionale, prima che Jones ne padroneggi il retaggio, e lo infonda di una sensualità inaspettata: la stessa che, tra l'altro, sembra essere il filo conduttore di tutti i contenuti dell'album. Il brano, dopo un'esauriente esposizione del tema vede il basso di Paul Chambers lanciare il groove, presto affiancato dalla tromba (Art Farmer, Bernie Glow, Ernie Royal e Joe Wilder costituiscono l'arsenale di fiati). Il sax tenore di Lucky Thompson prende quindi il testimone (era proprio lui ad aver lavorato alla versione di Miles). Gli altri sax sono poi quelli di Zoot Sims e Bunny Bardach. La grande sezione fiati splende magnificamente a sottolineare i colori del brano con i suoi riff swinganti: il momento dei tromboni, in luogo del Davisiano J.J. Johnson, è riservato a Jimmy Cleveland, Urbie Green e Frank Rehak con uno spettacolare effetto sonoro. Introdotto dal delicato tocco di pianoforte di Hank Jones, il tema di "A Sleepin' Bee" è delineato dal flauto di Jerome Richardson e completato da un'intricata trama di fiati. Come nel brano precedente, Jones dirige magistralmente il grande ensemble attraverso una colorita varietà di sfumature tonali e diversi livelli di intensità. Il classico sound della grande orchestra jazz declinato secondo una sensibilità più moderna. "Sermonette" di Nat Adderley è spinto dal caratteristico basso pulsante di Charles Mingus, dalla tromba con sordina e dal magico vibrafono di Milt Jackson. Ci sono anche tre brani originali di Jones che non fanno che confermare il suo talento, evidentemente non soltanto funzionale alla fortuna di altri artisti.  Ad esempio “Stockholm Sweetnin'”: un intreccio complesso di armonie in cui il contrasto tra il potente sound della big band si confronta con le atmosfere del cool jazz. Interessante notare come malgrado Jones non partecipi più in prima persona con la sua tromba, continui a dare allo strumento un ruolo fondamentale per generare pathos. Hank Jones fa sfoggio di una fluidità delicata e sensibile con il suo pianoforte. E’ invece una sorta di atmosfera cinematografica quella che caratterizza "Evening in Paris" in cui spiccano il dolce flauto di Herbie Mann e le pennellate del pianoforte di Billy Taylor. Un brano con continui cambi di tempo che dipinge un quadro sonoro rilassato ma altrettanto vario, proprio come una serata nella capitale francese. Lo swing la fa da padrone in “Boo's Bloos” ma ogni cosa è esattamente al suo posto con perfezione e genialità. Pianoforte, sezione fiati, flauti, trombe e tromboni sono arrangiati in modo impeccabile e tutto viene sottolineato dalla batteria di Charlie Persip, che dà semplicemente al brano ciò di cui ha bisogno. Quincy Jones è una sorta di ponte tra Duke Ellington e Thelonius Monk: tradizione e modernità coniugate in una sensibilità unica nel mettere insieme i tasselli sonori che compongono le grandi orchestre. Con Jones al comando ogni strumento è esattamente dove dovrebbe essere e tutte le partiture sono interpretate come meglio non si potrebbe. Se volete approcciarvi a questo straordinario musicista This Is How I Feel About Jazz  e il suo gemello Go West Man! Sono il punto di partenza ideale. Trombettista e polistrumentista, direttore di orchestre jazz e di musica leggera, arrangiatore, attivista per i diritti del popolo afroamericano e soprattutto talent scout e produttore capace di far diventare oro tutto quel che tocca. Quincy Jones è un visionario, infaticabile e “onnivoro” esploratore del mondo dei suoni. Oggi Quincy Jones gestisce un impero da milioni di dollari. Ma non dimentica da dove viene e non smette di scoprire e promuovere talenti. Perché Q, pur senza dimenticare il passato, a 91 anni, è uno che guarda al futuro.