Oscar Pettiford - The New Oscar Pettiford Sextet


Oscar Pettiford - The New Oscar Pettiford Sextet

Nel jazz ci sono stati musicisti molto bravi, tecnicamente dotatissimi, al limite della perfezione. E poi ci sono stati quelli straordinari, artisti seminali che si possono considerare a tutti gli effetti dei veri geni. Oscar Pettiford è certamente uno di questi. Sebbene dal punto di vista della popolarità Pettiford non abbia goduto di tutta la fama che avrebbe meritato, il suo lascito è tuttavia inestimabile e la traccia da lui lasciata è un’eredità importantissima per tutto il movimento jazzistico. Christian McBride, uno dei contrabbassisti più influenti della nuova generazione, non uno qualunque, dice di Oscar Pettiford: ”probabilmente è tra i bassisti più importanti dell’era del bebop in termini di creazione di un nuovo linguaggio per il suo strumento”. Ed è una grande verità: Pettiford è stato un protagonista del be bop, ma soprattutto è un innovatore incredibilmente moderno e talentuoso per il contrabbasso. Inoltre fu uno dei pionieri del violoncello nel jazz, strumento atipico che egli iniziò a suonare nel 1949, quando i postumi di una frattura al braccio gli rendevano impossibile suonare il più grande e pesante contrabbasso. Il violoncello era raramente usato dai jazzisti a causa dei rischi elevati di stonature e della scarso volume di suono generato, ma Pettiford lo padroneggiò impeccabilmente continuando ad utilizzarlo come strumento secondario per il resto della sua carriera. In breve si impossesò della tecnica del pizzicato che utilizzò poi in vari contesti. Oscar Pettiford è conosciuto e stimato anche come compositore: tra i suoi pezzi più famosi ci sono ad esempio Tricotism, Laverne Walk, Bohemia After Dark e Swingin' Till the Girls Come Home. Parlando nello specifico dell’album The New Oscar Pettiford Sextet, c’è già da subito un motivo sufficiente per precipitarsi ad ascoltare questo disco: la presenza di Oscar Pettiford e Charles Mingus insieme in un’unica registrazione. La possibilità di ascoltare questi due giganti del contrabbasso jazz nella stessa sessione è un'occasione rara, che nessuno dovrebbe lasciarsi sfuggire. Il fatto che il resto dei musicisti coinvolti e la musica che suonano siano di altrettanto alto livello rende questa pubblicazione davvero indispensabile. Pettiford è in ottima forma in tutte le undici tracce raccolte nell’album. Divide il suo tempo quasi equamente tra violoncello e contrabbasso, e presenta il lavoro suddividendolo in due dei suoi ensemble più rinomati. Le prime sette composizioni ruotano attorno a un sestetto alimentato dall’ottima prima linea formata dal sax di Phil Urso e dal corno francese di Julius Watkins. Entrambe i musicisti sono in grado di creare un suono complementare con Urso che mette in evidenza la sua capacità di esprimersi in modo caldo o cool  senza mai compromettere un grammo del suo swing. Da parte loro, sia Mingus che ovviamente Pettiford sfruttano lo spazio offerto dalla dinamica e flessibile batteria di Percy Brice e dal discreto pianoforte di Walter Bishop, Jr. per conversare tra loro in vari ed esaltanti duetti. La combo è pressochè perfetta dal momento che Pettiford gestisce il sound più leggero del violoncello con la sua padronanza del pizzicato, mentre Mingus mantiene da par suo il motore ritmico dei brani. Ecco dunque che il mentore e l'allievo formano una squadra vincente al servizio di uno straordinario risultato. La stessa qualità, dettata dalla classe dei protagonisti, si adatta sicuramente al contesto anche nella seconda sessione di registrazione. Qui Pettiford utilizza un nonetto composto da alcuni dei migliori musicisti della fine degli anni '40. Il super gruppo è presente solo negli ultimi quattro brani ma riesce comunque a distinguersi con un sound corale agile e swingante. La ripresa sonora è un po’ più ruvida, con un la sezione ritmica più indietro nel mixaggio, ma i veloci fraseggi di Pettiford sono sempre ben udibili, ad uso e consumo di tutto il gruppo. Il sax baritono di Serge Chaloff è un'aggiunta particolarmente gradita che aggiunge colore e profondità, in particolare nel suo "Bop Scotch", dove l’interplay con un ancora giovane Al Cohn è molto intrigante. "Pendulum at Falcon's Lair" è un gran bell’esempio di classico bebop. "Tamalpais Love Song" è un perfetto quadro di quanto fosse grande Oscar Pettiford come compositore. Si capisce come Oscar sia proprio nel solco del grande Charles Mingus, con l’evidente influenza della musica classica: un brano tanto bello quanto intelligente. "Jack, the Fieldstalker" è un altro brano pieno di calore e swing. Se forse "Stockholm Sweetnin'" può essere ritenuta l'unica melodia piuttosto standard, come contraltare c’è  comunque "Low and Behold" che è una dimostrazione di quanto efficacemente il contrabbasso possa essere usato per suonare il blues, se a farlo sono due giganti come Pettiford e Mingus. Chiunque abbia una passione per il contrabbasso e sia alla ricerca di un capolavoro del jazz, interpretato per giunta nel migliore dei modi, non deve far altro che mettere le mani su questo storico album. The New Oscar Pettiford Sextet è il concentrato di quella magia unica che è stato il lavoro artistico di Oscar Pettiford.