Eddie Bullen – Spice Island


Eddie Bullen – Spice Island

Il pianoforte nello smooth jazz è da sempre molto presente: dai tempi dei primi esperimenti di contaminazione tra il jazz ed il funk attraverso le sonorità elettriche, fino ad arrivare ai più recenti esponenti del genere, i tastieristi hanno avuto un ruolo centrale. Con risultati che non sempre sono stati e sono straordinari: gli alti e bassi sono naturali ed inevitabili, come è ovvio.  Eddie Bullen è uno dei tanti pianisti smooth jazz che hanno animato la piazza, ma appartiene alla folta schiera di quegli artisti, praticamente sconosciuti, che vale comunque la pena di prendere in considerazione. Una prima osservazione da fare è che lui proviene dall’isola caraibica di Grenada, un’origine insolita e particolare, non così comune nel panorama dello smooth jazz. La seconda è che Eddie è un pianista raffinato, dotato di grande talento e sensibilità, in grado di confezionare un jazz contemporaneo dal sapore latino che però fonda le sue radici negli anni d’oro del movimento fusion. Le sue fonti d’ispirazione, come quelle di molti altri,  sono Ramsey Lewis, George Benson, gli Spyro Gyra, Rodney Frankin, Bob James e molta della produzione degli anni  ’70 della storica etichetta CTI. Bullen ha un tocco morbido e rilassato, un’eccellente vena compositiva e si inserisce perfettamente in quel filone di musica smooth jazz di facile ascolto e piena godibilità che popola spesso i canali tematici radiofonici. Niente esplorazioni ardite, nessuna coraggiosa invenzione musicale ma piuttosto un sound molto piacevole, ricco di colori caraibici ed echi del jazz elettrico della migliore tradizione, fusi insieme ed arrangiati con classe ed equilibrio. Spice Island è il suo ultimo album, del quale lo stesso Eddie Bullen dice: “è un riflesso musicale della mia vita da adolescente cresciuto sull'isola delle spezie di Grenada, nei Caraibi. Ho scritto queste canzoni con lo stile che stava emergendo negli anni '70 come jazz contemporaneo. È presto diventato una colonna sonora dei miei ricordi, influenzando la traiettoria della mia vita.” Sono dieci bei brani, declinati in modo omogeneo ed ammantati di una apprezzabile eleganza formale. A cominciare dal pezzo d’apertura intitolato Mardi Gras: un ritorno alle sonorità del buon jazz contemporaneo, con una melodia orecchiabile e alcune reminiscenze dello stile dell'etichetta CTI di Creed Taylor. Spice Island ricorda invece l'evoluzione dello smooth jazz che aveva il suo fulcro a Chicago, con un pizzico di Ramsey Lewis e perché no? qualcosa anche degli Earth, Wind And Fire. Regata è un brano che rimanda alla giovinezza di Bullen a Grenada, dove la nautica è uno stile di vita: bella la conversazione musicale tra la chitarra e il pianoforte ad evocare la navigazione nel vento dentro un bellissimo tramonto caraibico. Si prosegue con Tanteen che cattura fin dalla prima nota, in una delicata danza di due melodie, che ricorda Lee Ritenour e Ronnie Laws mettendoci un po’ di grinta funk, grazie al lavoro della sezione ritmica. Spice Island è una sorta di viaggio musicale che si snoda attraverso le pagine di un diario colorato, fatto di sensazioni, profumi, suggestioni che rimandano quasi sempre ai paesaggi, al sole e all’atmosfera di una tipica isola dei Caraibi. C’è una bellezza intrinseca in tutto questo, ed è bravo il pianista a disegnare con la sua tastiera i contorni di un quadro ben preciso. Esattamente quello che succede con Cinnamon Hill: ovvero la musica dà la sensazione di rilassarsi su una spiaggia godendosi il tramonto, in un linguaggio che sta a metà tra lo smooth jazz ed il chill-out. Qui c’è anche un caldo sassofono alto a fare da contraltare ad una bellissima melodia guidata ovviamente dal pianoforte di Eddie. Paradise è una curiosa fusione poliritmica su base funky, in cui la metrica dispari nella struttura armonica e melodica da origine ad un feeling da classico 4/4. Il pezzo probabilmente più ardito dell’intero album è Providence, che trasporta alla fine degli anni ’70 e ad alcune sonorità affini a quelle dei Weather Report di Heavy Weather. La melodia è molto bella, mentre l’architettura armonica complessa ed il ritmo sorprendono per l’imprevedibilità nei cambiamenti. Se Providence sfiora i Weather Report, con Concepcion il rimando è a George Duke ed alla sua Dukey Stick: notevole l’intreccio di due melodie distinte che è un po’ il marchio di fabbrica di Bullen. La successiva Glen Dale è un aggressivo brano di fusion, molto funky, che consente ad Eddie di mettersi in mostra anche con il synth, con il quale come è noto, la tecnica e la sensibilità sono diverse rispetto al piano. L’album si conclude con True Blue ovvero un'interessante escursione nel mondo della world afro con un ritmo in 6/8 illuminato da un bellissimo pianoforte che crea letteralmente l’effetto del senso del viaggio  tra l’Africa e i Caraibi, compiendo una sorta di integrazione tra i ritmi delle due sponde opposte dell’Oceano Atlantico. Con Spice Island Eddie Bullen ha prodotto il suo piccolo capolavoro personale, senza dubbio il suo album migliore fino ad oggi. Mettetevi comodi, se siete a casa, e gustatevi un buon cocktail tropicale mentre il pianoforte disegna i suoi quadri colorati di Caraibi e funk, Spice Island sarà un ottimo e piacevole sottofondo. Ma potrete senz’altro apprezzarlo anche in auto oppure mentre fate jogging. E’ smooth jazz, sì,  ma di qualità.