Onaje Allan Gumbs – Return To Form




Onaje Allan Gumbs – Return To Form

Nato ad Harlem e cresciuto nel Queens, il pianista Onaje Allan Gumbs ha iniziato a suonare il piano all'età di 7 anni e si è infine diplomato presso la High School of Music and Art di Manhattan. Dopo un concerto di successo con il chitarrista Kenny Burrell, Gumbs guadagnò consensi tra gli addetti ai lavori, trovando ingaggi come session man al seguito di artisti del calibro di Norman Connors, Buster Williams, Cecil McBee, Betty Carter e Nat Adderley. Inoltre è stato per 2 anni il tastierista e l’arrangiatore della band guidata dal compianto trombettista Woody Shaw. Onaje è un pianista molto apprezzato tra i suoi colleghi musicisti jazz, ed è davvero sorprendente che un artista del suo talento non abbia pubblicato che un pugno di album a suo nome. Il "ritorno" a cui allude il titolo dell’album “Return To Form” è un chiaro riferimento ad un cambio di rotta operato dal pianista verso il jazz classico, cioè una svolta radicale per rompere con lo smooth jazz che è stato lo stile preferito da Gumbs per quasi vent’anni. E’ evidente come Gumbs punti a tornare alle sue radici, tuttavia il musicista di Harlem non ha completamente abbandonato il contemporary jazz commerciale. E va aggiunto che non c’è nulla di scandaloso in questa scelta. I suoi pochi album di pop jazz sono sempre stati realizzati con cura e grande professionalità. Ma ciò che ha funzionato così bene in un ambito più leggero,  diventa una responsabilità quando l’approccio vira, come in questo caso sul jazz serio. In ultima analisi un conto sono i brani originali, ma FM oriented, come So Nice e Quiet Passion, un altro quando si deve affrontare la musica di Coltrane o Billy Strayhorn. Questo album live, registrato al Blue Note,  in ogni caso  trova un Onaje in ottima forma, accompagnato da Marcus McLaurine (uno dei bassisti di prima scelta di Clark Terry), dal batterista Payton Crossley, dal percussionista Gary Fritz e, su alcune tracce, dal sassofonista René McLean. Se si prende a campione l’approccio innovativo che Gumbs fa ad brano complesso come “Equinox” di John Coltrane si intuisce fin da subito la qualità dell’album. Il pianista lo imposta su una ritmica molto particolare, a tratti dal sapore latino, mutuando parzialmente la linea di basso di A Love Supreme, in un gioco di citazioni di Coltrane che lascia intuire anche altre opere del maestro di Hamlet. E sono altrettanto belle le reinterpretazioni in trio di "Daydream" (una ballata stupenda di Duke Ellington e Billy Strayhorn) e di "Dreamsville" di Henry Mancini. Va detto che Gumbs mette in luce anche le sue ottime doti di compositore come su "First Time We Met" che è un classico brano di hard bop ricco di spunti musicalmente interessanti. C’è molta qualità lirica in "Palace of the Seven Jewels" e "Left Side of Right" vede il sax tenore di René McLean suonare potente sul piano funkeggiante di Onaje. "A Breath of Fresh Air" è un pezzo allegro e vivace che suggerisce una passeggiata nel verde in un soleggiato pomeriggio di primavera. Un po’ Wynton Kelly, a sprazzi McCoy Tyner, con Herbie Hancock sempre sullo sfondo: così si potrebbe descrivere il pianismo di Onaje Allan Gumbs. Lui è più efficace quando non si lascia prendere dalla foga, ma è un musicista sempre tecnicamente perfetto e sufficientemente lirico e creativo per farsi apprezzare anche in un contesto come quello jazzistico che è pur sempre il punto di partenza della sua lunga carriera.  Il suono intimo e rilassato di questo album rende comunque bene l’atmosfera del piccolo club di jazz, mettendo l’ascoltatore nella condizione di godersi un bel concerto in un tavolo in prima fila al Blue Note. Il “ritorno” è completo, e se Onaje vorrà continuare ad esplorare la musica afro americana nel suo idioma più classico, il suo contributo al jazz dei giorni nostri sarà senza dubbio un valore aggiunto più che apprezzabile.