Eric Gunnison - Voyageur


Eric Gunnison - Voyageur

Quando non ascolto musica dalla mia personale discoteca mi piace molto esplorare il web a caccia di novità, artisti sconosciuti e giovani o meno giovani talenti di cui la rete è davvero piena. Qualche volta si fanno degli incontri interessanti e ne esce materiale anche per questo blog. E’ questo il caso del pianista e compositore Eric Gunnison, di cui ignoravo l’esistenza ma che, dopo un ascolto su You Tube, ha attirato la mia attenzione e mi ha spinto a cercare maggiori informazioni e testare la sua produzione discografica. Nativo di New York, ma con residenza stabile nella città di Denver in Colorado fin dal lontano 1980, Eric ha portato avanti una brillante carriera musicale durante la quale si è affermato come uno dei pilastri della vibrante scena jazz della Mile High City in veste di strumentista, di bandleader e di educatore.  Attivo da più di 30 anni come sideman e pianista/tastierista di studio, Gunnison è stato anche un insegnante presso la Lamont School Of Music di Denver e al Conservatorio  del Colorado. Gunnison  grazie alla sua competenza ed alla sua bravura ha avuto l’opportunità di esibirsi con artisti jazz di fama internazionale con una particolare specializzazione per le cantanti.  Dopo due album di estrazione jazzistica tradizionale, pubblica ora questo nuovo lavoro che vede una sterzata decisa verso una fusion raffinata e non commerciale, caratterizzata da un sound che recupera atmosfere vintage e fa uso del piano elettrico e del sintetizzatore. Voyageur, questo è il titolo dell’album, resta comunque un disco di jazz, sia pure jazz elettrico. Le contaminazioni con il funk o se volete con la fusion sono evidenti, dettate anche dalla scelta della strumentazione, ma il cuore della musica di Eric Gunnison è prevalentemente radicato nel contesto della migliore tradizione sia per quanto riguarda la tecnica dell’improvvisazione, sia per la struttura armonica dei brani. Per questa registrazione il pianista è affiancato da un gruppo di musicisti piuttosto sconosciuti ma non per questo meno validi. Bijoux Barbosa, Matt Houston, Christian Teele, Randy Chavez, Kirwan Brown, Mike Marlier sono i compagni d’avventura scelti da Gunnison per questo progetto. Il disco inizia con quello che probabilmente è il brano più fusion di Voyageur: ”Journey To Akumal” è dominato dal synth che detta la melodia su un ritmo latineggiante. L’atmosfera è un mix affascinante di new age, fusion e progressive e l’assolo centrale di Eric è assolutamente degno di nota per inventiva e originalità. Come il titolo lascia presagire “G-Funk” si sposta più decisamente verso il funk groove, mentre la melodia è condotta prima da un magistrale piano acustico e poi, sempre in pieno territorio jazzistico, da un Rhodes che farà la gioia dei molti seguaci del piano elettrico. “Tribute” affronta il tema della ballata jazzistica in modo piuttosto canonico, il trio piano – basso – batteria è la formula scelta da Gunnison per questo rilassato brano, etereo e molto gradevole. Il pianista di Denver si cimenta anche con un numero in stile bossa con “Midnight Samba” ed anche in questo caso la scelta cade sul classico pianoforte. Su di una base ritmica brasilianeggiante, Gunnison si esibisce in uno splendido assolo, dimostrando una notevole padronanza di questo particolare stile. Il pezzo forse più interessante dell’album è “Lodo Blue”, veicolato da una ritmica sincopata e scoppiettante, Eric fa sfoggio di talento e tecnica con il piano elettrico, ricreando un feeling jazz rock da anni ’70 che al mio orecchio suona irresistibile. Evidenziando una predilezione per le ritmiche latin funk, Gunnison si mette nuovamente al pianoforte acustico per proporre un altro bel brano intitolato “Five Years Ago”, colorato da un ulteriore saggio di bravura e fantasia nell’improvvisazione. “Eurasian Lullaby Redux” è animata da una particolare tensione emotiva, con continui cambi di ritmo e di atmosfera, ma a fronte di un’eco quasi new age suona come una rilassata ballata jazzistica. A chiudere questo album  ci pensa un brano per piano solo intitolato “Lost Soul”, perfetto per le indubbie doti strumentali di Gunnison. Una menzione particolare deve però essere doverosamente assegnata anche al bassista Eduardo “Bijoux” Barbosa ed al batterista Matt Houston che si distinguono in tutto l’album per la ritmica puntuale ed alcuni assoli piuttosto pregevoli.  Voyageur è decisamente una proposta interessante ed una bella scoperta nel mare magnum delle pubblicazioni musicali di questi ultimi tempi. Eric Gunnison dimostra di essere un pianista di tutto rispetto, che oltre ad un’ottima tecnica individuale, riesce ad esprimere anche delle notevoli doti di compositore. Senza particolari ambizioni o manie di protagonismo offre del buon jazz contemporaneo colorato di forti tinte fusion. Al giorno d’oggi può bastare così.