Jazz Proof – Jazz Proof


Jazz Proof – Jazz Proof

I Jazz Proof sono una giovane band britannica formata da cinque elementi che propongono una musica orientata al jazz funk ed influenzata da artisti del calibro dei Brecker Brothers, dei Weather Report o David Sanborn. I Jazz Proof compongono i loro brani in proprio ed eseguono degli eccellenti e contemporanei originali che fanno del groove il loro tratto distintivo. Questo vero e proprio collettivo di musicisti di grande talento è attivo sulla scena jazz di Londra, città nella quale non è difficile poterli seguire nei numerosissimi concerti live, che, di fatto, sono stati il vero motore del loro crescente successo. La band non ha alcun appoggio da parte delle grandi majors discografiche e di conseguenza può contare solo sulla qualità della sua offerta artistica e sulla visibilità garantita dalle esibizioni dal vivo. Il materiale di base è un jazz molto geometrico e raffinato con una propensione ben definita verso la parte più elettrica e funk dello spettro musicale. Anche se relativamente nuovi nel contesto della scena britannica, i membri principali della band, Dan Redding (chitarra), Duncan Eagles (sax), George Bone (tastiere), Max Luthert (basso) e Louie Palmer (batteria) sono in grado di esprimere una vibrante e contagiosa energia, portando al contempo una buona dose di originalità nel mondo del contemporary jazz. Una misura del successo di questo nuovo ed interessante gruppo è il fatto che alcuni dei migliori musicisti del Regno Unito possono essere annoverati tra i loro ospiti: tra questi Derek Nash (Jools Holland) e Martin Shaw (Sting, Natalie Cole). Viste le premesse era molto interessante scoprire cosa avrebbe potuto riservare la loro opera prima: ebbene Jazz Proof non delude le aspettative, andando oltre il semplice debutto e presentandosi come un album solido e compiuto, privo di ingenuità e ricco di spunti piuttosto stimolanti. Bastano davvero poche note per capire di che pasta sono fatti i cinque londinesi. “Pain Boudin” apre l’album con il suo ritmo vivace ed un bel sax, ma la prime vere vibrazioni arrivano dallo stupendo assolo di piano elettrico di George Bone: groove funky jazz a mille, confermato dalla chitarra di Dan Redding. Duncan Eagles con il suo sax tenore aggiunge un’ulteriore parte improvvisata, nel contesto di un brano dove tutto fila liscio e fluente dall’inizio alla fine. Si continua sulla stessa lunghezza d’onda con “Proof In The Pudding” nella quale il feeling jazzistico è ben presente sia pure sostenuto dal magnifico tiro di una sezione ritmica che fa dell’energia pulsante il suo punto di forza: basso e batteria formano una base precisa per i puntuali interventi dei tre solisti. “Peppers” vira su atmosfere latineggianti, ammiccando alle sonorità della bossa senza mai perdere di vista l’anima jazz funk. È un pezzo bellissimo in cui Duncan Eagles dimostra di padroneggiare molto attentamente anche il sax soprano e Dan Redding mette in evidenza un'ottima padronanza anche con la chitarra acustica. Interessante l’assolo del bassista Max Luthert che prende qualche secondo di scena prima del finale corale. Potrebbe essere una sorta di paradigma dello stile jazz funk la successiva “Garstang Blue”: il sax è acido ma sempre gradevole nel suo assolo che domina il brano per oltre metà della durata per poi lasciare spazio ad un organo Hammond che in un contesto come questo non poteva davvero mancare. Il riff che si ripete è deliziosamente cantabile e stimola a continuare l’ascolto. Un ascolto che non fa mancare l’interesse nella bella “The Wriggler”, che si permette di citare “Girl From Ipanema” nascondendola tra le note del fluidissimo assolo di Rhodes di Bone, un pianista che più si procede nel disco e più si apprezza. Allo stesso modo devo ammettere una particolare predilezione per lo stile ed il fraseggio del giovane Duncan Eagles con i suoi sax. “Lurking” è il brano che suona maggiormente alla stregua di altri esempi di contemporary jazz, ed è degno di nota l’assolo di chitarra elettrica di Dan Redding il quale evidenzia un tocco molto raffinato.  L’onnipresente piano elettrico introduce il funky groove  di “The Nash” la cui parte iniziale sta tutta nella chitarra elettrica di Redding, questa volta suonata con un tono più moderno ed aggressivo, a testimonianza di eccellente versatilità. Bello ed inusuale il duetto sax – basso che, in seguito, sulle ali del bel timbro del tenore di Eagles, porta dritto verso il finale. L’atmosfera si fa più rilassata e blueseggiante sulla morbida “Dinner With Dave”, un’eccellente occasione per ascoltare George Bone esibirsi al pianoforte ed godere nuovamente del sax di Duncan Eagles che è davvero il valore aggiunto di questa band. Si fa notare il liquido assolo di basso fretless del bravissimo Max Luthert. Gagliardamente come era cominciato Jazz Proof si chiude con “Cracker”: anche in questo caso si tratta di un numero giocato su un ritmo vivace, stacchi perfetti ed assoli vertiginosi, tra questi finalmente trova spazio Louie Palmer con la sua batteria, che non manca di entusiasmare per precisione e potenza. I Jazz Proof con il loro album omonimo segnano un felice debutto nel panorama discografico ed in più danno prova di grande maturità e tecnica. Forse sono meno cerebrali e sofisticati degli Snarky Puppy, ma nella maggiore semplicità del loro progetto musicale c’è comunque una qualche affinità con i loro più famosi colleghi americani. Il tempo e le prossime registrazioni ci diranno come e quanto questi cinque talenti inglesi potranno evolversi. Nel frattempo siamo già certi che i Jazz Proof suonano un jazz elettrico moderno, spinto da un inesauribile entusiasmo e da una grande energia creativa. Nel segno del groove e cavalcando sempre l’onda lunga del miglior funk degli anni ’70. Consigliato.