Fats Theus – Black Out


Fats Theus – Black Out

Nel panorama musicale jazzistico dei primi anni ’70  (l'era d’oro del soul e del funk jazz), la figura e la vita del sassofonista Arthur James "Fats" Theus rimangono in gran parte oscure. Artisticamente parlando nasce all’interno del movimento della West Coast degli anni Cinquanta: come risultato delle sue frequentazioni "Fats" Theus ebbe modo di collaborare con diversi organisti jazz soprattutto nel decennio successivo, tra questi anche Reuben Wilson. La sua peraltro stringata discografia rivela che figurò in varie registrazioni in cui era l’organo Hammond a farla da padrone: ad esempio con l'organista Billy Larkin (Hold On! - 1965; Is not That A Groove! - 1966), e ancora con l'organista Jimmy McGriff (I’Ve Got A New Woman - 1968; The Worm - 1968 e Step One - 1969) ed infine anche con il chitarrista O'Donel Levy (Black Velvet - 1972). Black Out è una delle prime pubblicazioni della CTI di Creed Taylor e dal punto di vista stilistico è imparentata con le altre sessioni di funk jazz della fine degli anni sessanta e dei primi anni settanta molto in voga sulle famose etichette Prestige e Blue Note. La band a supporto del sassofonista include la star della chitarra soul-jazz Grant Green, il veterano Chuck Rainey al basso, Idris Muhammad alla batteria e l’organista Clarence Palmer. Green aveva fatto il suo ritorno alla Blue Note dopo il primo e prolifico periodo dal 1960 al 1965, ma questa volta la sua vena era fortemente influenzata dal jazz funk; il primo album di questa seconda vita fu Carryin' On del 1969. Su quella registrazione c’era anche l'organista Clarence Palmer, che non a caso, ritroviamo qui impegnato con Fats Theus. Idris Muhammad per parte sua era all’epoca un punto di forza della Blue Note e della Prestige e sarebbe diventato presto una star della stessa CTI. Il livello di musicalità delle sei tracce del disco è notevole ed il groove, che è proprio del dna di Muhammad, così come la sua ritmica sempre molto funky, risulta perfettamente appropriata al contesto. Il talentuoso Grant Green illumina la scena con i suoi fraseggi articolati e roventi. Non a caso sono proprio Grant Green e Idris Muhammad a farsi carico di gran parte del peso dell'album. Theus, più timidamente di quanto sia lecito aspettarsi dal titolare di un album, opera chiaramente nell’ombra del chitarrista, le sue sonorità sono spesso acide e tuttavia piuttosto accattivanti. Fats non è certo un sassofonista che fa della raffinatezza la sua cifra stilistica: ciononostante è in grado di impreziosire a modo suo una funky bossa come Stone Flower con arpeggi vorticosi e ruvidi staccati. Theus possiede un suono duttile ma acuto che di solito non è associato al jazz funk della fine degli anni sessanta. Con i suoi assoli orientati verso il be bop crea un contrasto intrigante: all'ascolto si evidenzia che Fats usa spesso un accento leggermente metallico, al punto che si è portati a pensare che il sassofonista suoni un tipo di sax, il Varitone elettrico, seguendo le orme di Eddie Harris e Sonny Stitt. In ogni caso è evidente che è proprio questo il sound caratteristico di questo oscuro musicista. Di fatto Theus si adatta perfettamente all'ambiente blues e funky, ma come detto offre anche eccellenti incursioni nel bop. Forse Light Sings è il momento clou di Black Out, quello dove emerge una più consistente carica di funk. Palmer si mette in evidenza con il suo Hammond, ci mette entusiasmo senza essere invadente, la batteria di Muhammad guida le danze mentre le note liquide della chitarra di Green mordono e rifiniscono il tutto. Black Out resta l'unica apparizione del chitarrista con la CTI, mentre inciderà un album a suo nome con l’etichetta gemella di Creed Taylor, la Kudu Records. In ultima analisi è un album abbastanza interessante senza essere una pietra miliare, ovviamente: se da un lato appare chiara la sua appartenenza al contesto storico nel quale è stato registrato, dall’altro mostra anche alcuni accenni di una sorta di lounge music che sembrano anticipare alcune tendenze future. La produzione di Taylor è comunque convincente, anche perché diversamente da altri suoi sforzi con la CTI, Black Out aggira mirabilmente i toni morbidi e patinati in favore di sonorità dove a dominare sono semmai i groove più grezzi e ruvidi. L’album ci consente anche di puntare i riflettori su un personaggio davvero oscuro come il sassofonista Fats Theus andando così a scoprire anche chi, come lui, non è salito alla ribalta internazionale del jazz.