Modern Jazz Quartet - Django


Modern Jazz Quartet - Django

Pensando alla storia del jazz siamo abituati a ricordare molto bene i grandi solisti che ne hanno segnato profondamente il percorso artistico e stilistico. Tuttavia ci sono stati anche dei gruppi che hanno avuto un ruolo di grande importanza e non vanno dimenticati. Il Modern Jazz Quartet fu uno di questi gruppi musicali: fu fondato nel 1952 da Milt Jackson (vibrafono), John Lewis (pianoforte e direzione musicale), Percy Heath (contrabbasso) e Kenny Clarke (batteria). Clarke fu  poi sostituito da Connie Kay nel 1955. Questo atipico e originale ensemble non aveva ne tromba ne sax nel suo organico, ma conobbe ugualmente grande notorietà grazie alla  versatilità ed alla indiscussa bravura dei suoi membri, che erano in grado di esprimersi con disinvoltura in diversi stili (bebop, cool jazz, third stream). Il suo tratto distintivo era però un’espressione contrappuntistica e classicheggiante, declinata alla perfezione in famosi brani come Vendome e Fontessa, per citarne un paio. Il quartetto in realtà non fu sempre unanimemente apprezzato, subì anche delle pesanti critiche: i motivi furono certamente da ricercare nello stile molto spesso “accademico”, nelle dichiarazioni di Lewis a proposito della loro stessa musica (lui la considerava quasi da camera) e non ultimo nella loro preferenza per un modo di presentarsi molto formale (il MJQ si esibiva in frac in sale da concerto tradizionali). Era quasi naturale che i componenti del quartetto venissero da alcuni accusati di voler piegare il jazz ad uno stile troppo "bianco", concettualmente lontano dalla musica afro americana. Questo non impedì certo al MJQ di affermarsi come uno dei gruppi jazz più sofisticati dell'era post-bop e la loro carriera durò infatti molto a lungo, dal 1952 al 1974 e poi ancora dal 1981 al 1995. La straordinaria alchimia tra pianoforte e vibrafono, così raffinatamente equilibrata, supportata da una sezione ritmica puntuale e tecnicamente ineccepibile devono però essere le chiavi di lettura di un ensemble unico ed irripetibile nell’intera storia del jazz moderno.  Django è un album del 1955 che viene considerato uno dei migliori del Modern Jazz Quartet: è il frutto di tre differenti sessioni di registrazione, effettuate nell’arco di 2 anni,  e vede la formazione nella sua composizione primigenia, dunque con Kenny Clarke alla batteria. Django inizia con la bellissima title track di Lewis, dedicata alla memoria dello straordinario chitarrista Django Reinhardt. Un brano che richiama l'enigmatica natura gitana di Reinhardt, particolarmente evidente nelle parti affidate al vibrafono di Jackson che si esprime con un tono raffinato e caldo. "One Bass Hit" è un inusuale omaggio a Dizzy Gillespie, nel quale è Percy Heath con il suo contrabbasso ad occuparsi della intricata melodia dimostrando la sua abilità, spesso sottoutilizzata. La lunare ballata di Lewis "Milano" rivela un accento mediterraneo ed evidenzia quell’approccio classicheggiante che può risultare tanto affascinante quanto controverso, a seconda di come ci si avvicina alla musica di questi artisti. Il pezzo forte dell’album è la lunga "La Ronde Suite" composta da quattro movimenti. E’ la composizione dove probabilmente emerge in misura maggiore l’ispirazione classica del quartetto. La complessa struttura è affrontata dal MJQ con indiscutibile grazia e grande raffinatezza: ogni membro si prende il suo spazio alternandosi con gli altri nel ruolo di solista e accompagnatore e distribuendo il proprio contributo in un perfetto gioco di equilibri. Le restanti quattro tracce sono le più vicine alla data di pubblicazione e risalgono al 1953: "The Queen's Fancy" è una “fuga” al tempo stesso semplice e sofisticata che si porta dietro un'aura definibile di distinta nobiltà, una sorta di firma sonora tipica del MJQ. "Delaunay's Dilemma" cambia un po’ il registro dell’album con una ventata di maggiore freschezza e libertà formale. Il brano consente ai musicisti di scatenarsi con alcuni scambi vivaci e divertenti: un modo per  dimostrare come anche il Modern Jazz Quartet fosse perfettamente all’altezza di districarsi tra ritmi sincopati ed assoli di stampo più squisitamente jazzistico. Esemplare è poi lo splendore discreto e misurato di uno standard come "Autumn in New York" e sublime è anche la cover di "But Not for Me": entrambe ci forniscono uno spaccato dell’estetica del MJQ attraverso il quale apprezzare l’abilità tecnica e l’attitudine all’improvvisazione dei quattro musicisti. La musica del Modern Jazz Quartet è strutturata in modo apparentemente rigido. Ma in verità la libera genialità del linguaggio del be bop (e persino del precedente swing) ha notevolmente ispirato la logica compositiva di John Lewis. Gli altri tre membri del gruppo non hanno problemi a dare un corpo alla sua visione del jazz, ma è Milt Jackson che sicuramente merita una citazione, soprattutto per il suo formidabile contributo allo sviluppo del vibrafono nella musica afro americana. Quello di Django è il più classico dei jazz possibili. In definitiva, lo stile stesso del Modern Jazz Quartet è diventato un’icona a sé stante. Di sicuro questo album è il luogo ideale dove apprezzare le molte virtù di uno dei migliori gruppi di jazz di tutti i tempi.