Grover Washington, Jr. - Winelight



Grover Washington, Jr. - Winelight

Ci sono dischi che nascono perfetti, ci sono album che non invecchiano, ci sono lavori che segnano un'epoca e che cambiano per sempre il modo di rapportarsi ad un determinato stile. Siamo nel 1980, Grover Washington, Jr,. uno dei padri fondatori dello smooth jazz, ha già una lunga sequenza di album di successo alle sue spalle prodotti dal grande Creed Taylor. Poi arriva il passaggio alla Warner e la produzione di Ralph McDonald. Winelight vede dunque la luce alla fine degli anni 70, e rappresenta la firma distintiva di tutto quello che il grande Grover farà da lì in avanti. Coadiuvato da un team di musicisti straordinari, tra i quali non posso non citare un giovane Marcus Miller al basso e il gigante Steve Gadd alla batteria, Washington presenta Winelight al mondo con la veste più scintillante e perfetta possibile. Gli edonistici anni 80 sono in arrivo e anche la musica è permeata di ottimismo e buone vibrazioni. Non ci sono punti deboli qui e il disco scorre meravigliosamente sciorinando un flusso di brani memorabili, uno più bello dell'altro. Al centro il sax, alto, tenore o soprano che sia, sempre stupendamente suonato da Grover Washington Jr, con il suo inconfondibile sound, con il suo ineguagliabile e personalissimo stile. Attorno i musicisti, come detto di livello assoluto, in grado di fornire sempre un tappeto ritmico e armonico così perfettamente integrato con le composizioni da apparire quasi magico. Un'alchimia perfetta di arrangiamenti ed esecuzioni, e melodie così belle da risultare spesso cantabili. La title track Winelight, suadente come l'immagine patinata della copertina, ti resta subito in mente, Let it Flow, dedicata al suo idolo Doctor J (il grande giocatore di basket Julius Erving) nella quale il ritmo scandito ricorda il palleggio di un pallone da basket, appunto. E poi Just the two of us, con il contributo della splendida voce di Bill Whiters a segnare una pietra miliare dello smooth jazz ma anche del soul. E le altre, come Take me there, che parte lenta e poi esplode in un crescendo ritmico incontenibile sul quale Grover ci delizia con un assolo epico. In the name of love, una ballata mid-tempo sinuosa ed intrgante come poche. Così pure Make me a memory, sexy e avvolgente, dolce e fascinosa. Un album completo, magnifico, elegante, ad un punto tale che il solo difetto che gli si può imputare è quello di durare solo 39 minuti. Se ne vorrebbe ancora, e ancora, come quei dolci ai quali non si riesce a rinunciare. Ti resta dentro Winelight, lascia il segno. 32 anni dopo è vivo e fresco come il primo giorno. Ci sono dischi che nascono perfetti: questo è uno di quelli. Grover Washington, Jr. è stato uno dei più grandi. Ci ha lasciato, troppo presto, il 17 Dicembre del 1999, la sua eredità è di grande valore e tanti giovani sassofonisti gli devono molto. Lui resterà unico. Uno dei pochi che si riconoscono dopo poche note. Uno che con i suoi sax ci ha emozionato davvero.