Acid Jazz...


Acid Jazz...

Se c'è una cosa sulla quale esiste una discussione sempre aperta questa è la definizione dei generi musicali. Di fatto per compiere questa operazione si pongono necessariamente dei paletti e si mettono in atto delle restrizioni formali sulla base di determinati canoni. Per contro, i gruppi, i musicisti, gli esecutori difficilmente rispettano con rigore i codici stabiliti da una corrente o da uno stile, per cui le contaminazioni, gli sconfinamenti e le interconnessioni tra i vari generi sono estremamente comuni e aggiungerei inevitabili. L'Acid jazz è un esempio assolutamente calzante di un movimento musicale molto sfumato, fluido, sfaccettato. Nasce sul finire degli anni 80, non a caso in Inghilterra, da sempre la fucina di tutte le novità e le tendenze musicali, e come dicevo, si palesa con un polimorfismo di difficile catalogazione. Le commistioni tra funk e rock psichedelico degli anni sessanta e settanta, i rare grooves della musica black, il jazz elettrico ma anche il soul e l'r&b sono alla base di tutto. Una rielaborazione del concetto di fusion, con spruzzate di elettronica, qualche iniezione di hip-hop e l'integrazione di numerosi altri echi contemporanei completano il quadro. Una prima testimonianza è "Acid Jazz and other illicit grovees" che esce nel 1987. Ma la geniale ed azzeccatissima definizione "Acid Jazz" viene coniata dal dj londinese Gilles Peterson che insieme ad un altro importante dj britannico di nome Eddie Piller, sarà il vero e proprio motore del movimento. Una corrente fondata sulle concrete basi di un nutrito gruppo di artisti di indubbio talento e sostenuta dal vasto consenso di un pubblico entusiasta e competente.  Gilles Peterson completerà la sua parabola ascendente fondando nel 1989 l'etichetta Talkin' Loud, da lì in poi il punto di riferimento di tutti gli appassionati. Così per la Talkin' Loud registreranno fra gli altri gli Incognito, Galliano, Omar, gli Young Disciples. Eddie Piller creerà l'etichetta Acid Jazz Records da cui usciranno il fenomeno Jamiroquai ma anche James Taylor Quartet, i Brand New Havies o il chitarrista Ronnie Jordan. E qui torniamo all'argomento d'esordio di questo post: le contaminazioni. Queste delineano e caratterizzano l'acid jazz o invece ne sottolineano le differenze e la scarsa omogeneità ? A questo punto dobbiamo pensare di trovarci di volta in volta davanti a degli album di soul, di jazz-funk, addiruttura di hip-hop o di rap o siamo sempre nell'ambito di un unico grande movimento che ingloba e fa suoi tutti gli altri ? Difficile sciogliere questo dubbio. Una cosa è certa: l'acid jazz è una delle proposte più innovative ed importanti della parte finale del secolo scorso. Ed anche se molti, nel 21° secolo lo danno per finito, resta anche oggi, a mio modesto parere, vitale e ricco di fermenti sempre nuovi ed interessanti. In fondo è solo una definizione di qualcosa di molto più grande... Lunga vita all'acid jazz!