G’S Way - Patchwork


G’S Way - Patchwork

Gérald Bonnegrace, questo è il vero nome del musicista francese che si nasconde dietro al progetto G’S Way. Compositore e multistrumentista in grado di suonare con disinvoltura le tastiere, la tromba, il trombone, il flauto e le percussioni, Gerald ha messo insieme un collettivo musicale completato da Thierry Jean-Pierre al basso, Stefane Goldman alla chitarra, il sassofonista Sylvain Fetis e il batterista Sonny Troupé. G’s Way propone un energetico mix di jazz, funk e groove latini, in grado di soddisfare moltissimi appassionati ma, in particolare, coloro che hanno amato  Ray Baretto, Eumir Deodato o gli Earth Wind & Fire. Quasi 3 anni dopo l'uscita del suo primo album "Seventy Seven", G's Way è tornato nel 2014 con il suo nuovo album intitolato "Patchwork". Gli ingredienti sono gli stessi del primo lavoro ma qui c’è anche qualche interessante tocco innovativo: G's Way torna ad animare la scena con una potente ritmica, condita da una bella sezione fiati ed il suo seguito di solisti di talento di provenienza internazionale. Gérald Bonnegrace è sempre influenzato dai suoi idoli come i Fania All Star, Deodato, Fela Kuti e Grover Washington Jr. "Patchwork" ci offre un viaggio colorato che spazia dal funk alla musica latina, attraversa il jazz e tocca l'afro-beat. Questa volta "G's Way" ha invitato anche tre rappers a completare il suo personale quadro musicale, evolvendosi ulteriormente rispetto al precedente Seventy Seven. Il tocco di hip-hop fa di "Patchwork" un titolo perfettamente in linea con i contenuti dell’album, che risultano effettivamente un coacervo di stili e tendenze. Una nota di merito va data anche alla esotica copertina, in grado di colpire l’attenzione ed incuriosire dal primo sguardo. L'eccellente immagine di questa cover è di Clément Laurentin. La musica proposta è un vero inno al meglio del vintage sound degli anni ’70 ed è una piacevolissima sorpresa per chiunque abbia un debole per le sonorità che hanno caratterizzato quel fantastico momento creativo. Once Upon A Time ad esempio non è l’incipit classico delle fiabe, ma si addentra piuttosto nello stile muscolare e funk di Curtis Mayfield o Fela Ransome Kuti. Tocca il  jazz, profuma di funk e cita la musica africana. Take It Easy ha quel particolare groove che travalica i confini tra i vari sottogeneri del jazz: Lorenz Rainer brilla particolarmente alla tromba con un bell’assolo. La seguente Manikou vede il gruppo addentrarsi ulteriormente sul sentiero dell’afro beat con un classico ritmo alla maniera di Fela Kuti ribadendo un’eccellente presenza strumentale. Aleksander Terris all’organo è in questo caso il solista in primo piano. Jam Session è il ritratto di una grande vitalità centrata sul jazz funk dove si distinguono i potenti fiati e le esplosive percussioni, queste ultime un vero paradiso per gli appassionati di ritmica. Ottime le performance di Sylvain "Sly" Fetis al sax baritono, Thomas Koenig al flauto e Lorenz Rainer alla tromba. War Games riprende il tema mostrando forse ancora di più la muscolarità dei fiati. La prima incursione nell’hip hop  la troviamo in One Nation grazie alla presenza di Kohndo, uno dei migliori esponenti del rap francese. Un sapore di bossa nova è invece il leit-motiv di Sainte-Marie che è costruita attorno alle percussioni con l’aggiunta di piacevoli armonie fiatistiche di corno e impreziosita dall’uso di uno xilofono in stile jazzy. Kim Helped Me ricorda i brani di Curtis Mayfield, poiché la sezione fiati e la chitarra wah wah creano la solida base sulla quale è Trevor Mires ad esplodere il suo trombone trasformando il brano in una cascata sonora funky jazz. La seconda comparsa del rap avviene su Took So Long, ma questa volta è la voce femminile di Melina Jones  ad essere protagonista con annesso ritornello cantato dentro la solita puntuale architettura di ottoni e sax. E’ il momento di un po’ di feeling da disco anni ’70 nel bel pezzo intitolato Gotcha, ma tutto è racchiuso all’interno di un involucro funky dove non mancano synth vintage piano elettrico fino all'eccezionale assolo di sax di Fetis. Un’ultima presenza del rap viene da The Perfect Getaway grazie al cantante Bruce Sherfield. Space Invaders chiude l’album nel migliore dei modi: lo strumentale è costruito da G’s Way nello stile degli inarrivabili Incognito, ma la band tiene il passo offrendo una performance entusiasmante. Un’occasione perfetta per il tastierista Gaël Cadoux per diffondere la sua magia sul mitico Fender Rhodes?  Patchwork è un gran bell’album che delinea in modo significativo i consistenti contenuti musicali del progetto G's Way. Una miscela di stili che mantiene il suo fulcro sul jazz funk non disdegnando di toccare sapientemente anche i colori dell’Africa e l’energia urbana dell’hip hop. G’s Way mette in campo una proposta musicale a tutto tondo che è in grado di soddisfare gli appassionati dei suoni vintage ma al contempo anche coloro che sono sempre alla ricerca del nuovo. Decisamente un album che consiglio.