Soft Machine - Third


Soft Machine - Third

Tornando a parlare della scuola di Canterbury è impossibile non focalizzarsi sulla band dalla quale tutto ha avuto inizio. I Soft Machine non sono mai stati una band commerciale, semmai sono l’incarnazione dell’esatto opposto. Sia pure con un’ovvia evoluzione il loro spirito pionieristico e la ricerca della sperimentazione sono probabilmente il loro tratto distintivo più evidente. Rimangono un gruppo oscuro e misconosciuto anche a molti ascoltatori che pure hanno raggiunto la maggiore età tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, quando il gruppo era al suo apice. A modo loro, tuttavia, furono una delle band più influenti della loro era e sicuramente una delle punte di diamante del movimento underground britannico. Inizialmente nati come uno dei complessi iniziatori della psichedelia inglese, furono anche determinanti nella genesi del progressive rock e soprattutto in quella del jazz-rock. Essi furono anche la radice dell'albero genealogico della "Canterbury Scene" con tutti gli artisti ed i gruppi che ne derivarono nel corso degli anni: Caravan, Gong, Matching Mole, Hatfield &The North,  National Health, Gilgamesh e Henry Cow per citare quelli più importanti. E poi non si può dimenticare la carriera nel rock di due membri fondatori dei Soft Machine quali Robert Wyatt e Kevin Ayers o ancora le esplorazioni jazz e jazz-rock del sassofonista Elton Dean e del bassista Hugh Hopper. Dopo gli esordi tra sperimentazione, rock e psichedelia, i Soft Machine si buttarono più profondamente nella musica elettronica jazz e nell’avanguardia con l’uscita del loro monumentale doppio album intitolato “Three”. Questa importante registrazione del 1970 può e deve essere considerata una pietra miliare del jazz rock, al pari di altre famose opere venute dagli USA, come In A Silent Way di Miles Davis o quelle di Chick Corea e Herbie Hancock. Si tratta di un doppio vinile (che su cd diventa chiaramente singolo) stracolmo di musica straordinaria, distribuita su solo quattro lunghissimi brani, due dei quali composti dal leader e tastierista Mike Ratledge e uno ciascuno da Hugh Hopper (il bassista) e Robert Wyatt (il batterista e cantante). Le composizioni rispecchiano le personalità musicali dei componenti del gruppo, dando vita ad un insieme stilisticamente variegato. La band è coadiuvata dall’apporto fondamentale di alcuni formidabili musicisti della scuola di Canterbury come Elton Dean ai sax e Jimmy Hastings al flauto ed al clarinetto. Le composizioni di Ratledge sono quelle che si collocano in un contesto più elettro jazz e appaiono misteriose e difficili ma anche estremamente affascinanti. Si tratta di una fusion con effetti particolari e sequenze di tastiera ipnotiche e ripetitive. “Slightly All the Time” e “Out-Bloody-Rageous” si snodano entrambe sfiorando i 20 minuti senza soluzione di continuità, in una spirale sonora dai contorni jazzistici piuttosto cupi sebbene in perenne movimento, in particolare la prima. “Out-Bloody-Rageous” appare più simile alle sonorità che saranno di lì a poco quelle tipiche degli altri gruppi di Canterbury e tuttavia mantiene un feeling jazzistico decisamente marcato. La genialità di Mike Ratledge non risiede solo nelle sue complesse composizioni ma anche nel suo uso del piano elettrico e dell’organo Hammond filtrato attraverso un gran numero di effetti. "Facelift" di Hugh Hopper ricorda a tratti  la "21st Century Schizoid Man" dei King Crimson, ma ha una struttura molto più complessa, in cui le diverse sezioni suonano piuttosto eterogenee. I ritmi pulsanti, i suoni a volte caotici di "Facelift" anticipano quello che Hopper fece più tardi come artista solista, ma a distanza di 48 anni questo brano resta un gioiello a cavallo tra jazz e progressive. Robert Wyatt si distingue, stilisticamente parlando, sia da Ratledge che da Hopper: la sua composizione originale "Moon in June" è infatti prima di tutto cantata (dallo stesso Wyatt) ed attinge ad alcune idee musicali pescate nei primi demo del 1967. E’ ovvio quindi che, dal punto di vista musicale, sia alternativa ai contenuti di questo album, avvicinandosi più al rock progressivo ed alla psichedelia di quanto non facciano le altre composizioni.  L‘organo di Ratledge, la voce stralunata di Wyatt, il testo satirico ne fanno una piccola suite dall’atmosfera lunare ma assolutamente originale che a suo modo interrompe la rigorosa linea jazz rock dell’album, trasportandoci in un territorio suggestivo ed onirico. Robert Wyatt costruirà la sua carriera da solista proprio sullo stile di questo piccolo capolavoro. Da queste quattro lunghissime composizioni viene fuori uno dei dischi più importanti di tutti i tempi, un'opera che, a quasi 50 anni dalla sua pubblicazione, affascina ancora per l’originalità e la profondità dei suoi contenuti. Non è per nulla facile la musica di questo mitico gruppo: richiede concentrazione e rispetto ma in cambio rilascia vibrazioni di altissimo profilo. C’era la magia nei Soft Machine, ma c’era anche la sperimentazione, la creatività, il coraggio, il pionierismo, una diffusa sensazione di intelligenza, quasi matematica. Qui è dove tutto è cominciato: Canterbury, il jazz rock, la fusion, l’avanguardia, il progressive rock. Qui è dove bisogna andare se si vuole ripercorrere in modo corretto ed esaustivo la storia della musica.