Yaz Band - You Can't Say It In Public


Yaz Band - You Can't Say It In Public

Yaz Band non è altro che lo psudonimo di Yasuyuki Takagi, un sassofonista giapponese trapiantato a a New York dal 1992. Autodidatta Yaz ha imparato a suonare il sax da solo, a casa. Acquisita una buona pratica con il suo strumento, nel 2000 ha iniziato a suonare nelle stazioni della metropolitana, (senza accompagnamento) per cercare visibilità ed essere, se possibile, coinvolto nella scena musicale della metropoli americana. Nel giugno 2001, stava suonando all’interno della Penn Station, quando un uomo che lo stava ascoltando gli chiese il numero di telefono. Prima di andarsene, gli disse: "Ricordati di me: berretto dei Mets e e T-shirt degli Yankees". Quell’uomo misterioso era il tastierista, compositore e produttore Eric Smith che in seguito invitò Yaz ad unirsi ad un gruppo di smooth jazz chiamato " Since When?". L'inizio della collaborazione tra Yaz e Eric Smith è stato esattamente così, casuale e fortuito. E poiché l’ammirazione di Yaz per lo stile smooth jazz di Eric Smith è rimasta, nel tempo, grandissima, quando ha deciso di formare la propria band non ha avuto la minima esitazione nello scegliere come suo tastierista proprio Eric. Nello stesso periodo nel quale Yaz ha conosciuto Eric Smith, un altro produttore ascoltò il sassofonista giapponese suonare nella metropolitana chiedendogli di accompagnarlo in un club chiamato "Club 101". Qui suonava la band "Joy Ryder and the New York Rhythm Allstars”. Il batterista Dave Dawson e il bassista Sly Geralds erano in quel gruppo e colpirono a tal punto Yaz da fargli sperare di poter suonare un giorno con una sezione ritmica di gran talento come quella. Il suo sogno si è avverato molto presto: Yaz cominciò ad esibirsi con i Joy Rider nei loro concerti e successivamente gli fu chiesto di diventare un membro regolare della band. La storia professionale vera e propria di Yaz inizia nel maggio del 2002 quando finalmente il progetto solista di Yasuyuki prende forma con il nome di Yaz Band. Il sassofonista chiese immediatamente a Eric Smith e Sly Geralds di unirsi al gruppo rispettivamente come tastierista e bassista, raggiunti subito dopo da Dave Dawson e Shinya Miyamoto quali batteristi. Il lineup della Yaz Band è stato poi completato dal talentuoso chitarrista Eiji Obata, un formidabile artista conosciuto a New York qualche tempo prima. La Yaz Band continuò ad esibirsi nelle stazioni della metropolitana e in molti altri eventi di tutta l'area metropolitana di New York, non perdendo mai quello spirito artigianale e un po’ naif che è la sua caratteristica. La scelta di Yaz di avere questi bravi musicisti in questo suo secondo album è stata dettata non solo dalle loro intrinseche abilità tecniche, ma anche e soprattutto dall’amicizia che si è instaurata tra un gruppo di artisti che sono cresciuti musicalmente e professionalmente nello stesso contesto e con le stesse passioni e obiettivi. You Can't Say It In Public è uscito nel 2005 ed è fondamentalmente un album di smooth jazz gioioso, brillante e vivace, a forti tinte funk. Rispecchia la grande passione di  Yaz e dei suoi colleghi per la musica ed in particolare per questo particolare sotto genere di jazz leggero. La title track indica la strada: funky groove, basso slap, ritmica trascinante e riff orecchiabile di sax fino al bell’assolo di Yaz a prendersi tutta la scena in 8 minuti di puro divertimento. “First And Goal” passa ad atmosfere più rilassate, in pieno stile smooth jazz. La melodia è accattivante  così come il bell’arrangiamento. Carina la cover del classico di Stevie Wonder “I Wish”, molto rispettosa dell’originale. Contemporary jazz da radio fm per “Thirty”, tuttavia impreziosita da un assolo molto interessante del chitarrista Eiji Obata. Non manca la ballata, qui rappresentata dalla suadente “Sweet Smell Of Love”. Yaz fa valere la liricità del suo timbro in un brano romantico che ricorda a tratti le uscite più leggere di Gato Barbieri. Il celeberrimo “Low Down” di Bozz Scaggs è riproposto con maggior enfasi su quello che è il già evidente funky feeling dell’originale: data la bellezza della canzone si tratta di una cover che è sempre ben accetta. “Yaz In The House” riporta tutto sul più genuino funky style, ascoltando il quale mi ritorna in mente il primo Fishbelly Black. Yaz e la sua band si cimentano poi in un’interpretazione molto personale di un bellissimo brano di Herbie Hancock quale “Dolphin Dance”. Il territorio resta quello dello smooth jazz ma è apprezzabile l’approccio che Yaz propone con un tema impegnativo come quello del classico jazz del pianista di Chicago. Yasuyuki Takagi può vantare una timbrica ed un fraseggio molto gradevoli, il suo intervento è davvero notevole per fluidità e controllo. You Can't Say It In Public non è certo un capolavoro tuttavia è un album che non delude e per certi versi sorprende in positivo. E’ diretto, solare e positivo, in ogni nota si coglie l’entusiasmo del giovane Yaz e della band di suoi coetanei giapponesi (trapiantati a New York) che con semplicità ed energia intrattengono l’ascoltatore senza annoiare. 58 minuti di un buon contemporary jazz suonato con la giusta dose di classe e equilibrio.