The Haggis Horns – What Come To Mind


The Haggis Horns – What Come To Mind

Quasi tutti conoscono la musica degli anni '70, in tanti hanno ricordi legati a quella incredibile stagione di grandi fermenti: insomma chi non ama quel decennio? Molti degli artisti più importanti e rispettati di tutti i tempi hanno avuto il loro massimo splendore in questo magico arco di 10 anni che va dal 1969 al 1979, e molti generi intramontabili sono nati proprio in quel preciso periodo: tra questi uno di particolare interesse è il funk. Nei suoi momenti d'oro, il funk (insieme al diametralmente opposto progressive rock) fu uno dei generi musicali più popolari e diffusi anche grazie alla presenza creativa di gruppi notevolissimi come Earth, Wind and Fire, Parliament-Funkadelic, Kool and the Gang, The Ohio Players, Tower Of Power, BT Express, Chicago. Questi ed altri ancora scuotevano le classifiche ed animavano le discoteche degli anni '70, caratterizzando profondamente le tendenze musicali e influenzando anche il costume dell’epoca. E nella loro musica c’era molto di più del semplice divertimento: c’era tecnica, virtuosismo, qualità compositiva, originalità ed energia. Gli anni ’80 cambiarono lo scenario ed il funk perse molto della sua carica innovativa, andando via via con lo sfumarsi sempre di più e finendo più che altro col fondersi con altri stili e generi. Anche per queste ragioni, di questi tempi, il funk non ha la stessa popolarità di una volta e non attira l’attenzione del pubblico come accadeva 50 anni fa. Inoltre anche quando esce un album degno di nota, spesso è eccessivamente pervaso di elettronica, sinth, sequencer e campionamenti. La conseguenza è una carenza di corpo e di passione: di certo, tranne rare eccezioni, ci si scopre a rimpiangere le chitarre, i bassi e soprattutto le magnifiche sezioni fiati che fecero la fortuna delle band degli anni ‘70. Ebbene il funk perduto, il sound genuino e gagliardo degli artisti oggi definiti vintage è esattamente il territorio dove lavorano oggi gli Haggis Horns. Gli Haggis Horns sono una band scozzese di 7 elementi, specializzata nel sottogenere noto come "deep funk" che è fondamentalmente la forma di funk che tutti gli appassionati vorrebbero sempre ascoltare. Un tipo di musica ricco di sentimento, senz’altro più grintoso, in generale più aspro e diretto di molte altre forme edulcorate e tropo patinate in voga di questi tempi. Questi scozzesi innamorati del vintage sound possono a buon titolo fregiarsi del fatto di essere sintonizzati sulla giusta lunghezza d’onda sia per le qualità tecniche che per lo stile e l’energia che sprigionano. I membri della band hanno lavorato con gli artisti più famosi tra quelli che il funk lo hanno frequentato e con esso possiedono una reale familiarità come Jamiroquai, John Legend, The Roots, Amy Winehouse, Mark Ronson, o perfino i Duran Duran, solo per citarne alcuni. Se si vuole parlare del loro sound, gli Haggis Horns possono tranquillamente essere catalogati come funk con una attitudine verso il jazz, e in questo album sembrano quasi voler superare i loro limiti. Su What Come To Mind la band combina con disinvoltura ed uguale maestria sia brani strumentali molto trascinanti come "Return of the Haggis" che pezzi R&B più lenti e passionali come "Give Me Something Better" fino ad arrivare ad omaggi disco come "Digging in the Dirt". L’alchimia ed il fascino di questo gruppo sono dovuti principalmente al fulcro del loro sound che risiede nella magnifica sezioni fiati. Sono trombe, tromboni e sax a risultare la forza trainante dietro a tutti i brani di questo album ed ancor di più durante le loro esibizioni dal vivo. Sono musicisti esperti che conoscono i loro strumenti e amano fare ciò che fanno, il che si traduce in una gioiosa macchina da guerra che non solo suona sempre perfettamente a fuoco in ogni circostanza, ma riesce immancabilmente ad innescare un senso di divertimento e dinamicità nell’ascoltatore. Ciò che viene evocato dagli Haggis Horns è un grande omaggio al funk di un tempo fatto con grande credibilità ed una bella dose di originalità da dei seri  professionisti. Il  "deep funk" della band scozzese è apprezzabile per la genuina e rigorosa interpretazione che gli Haggis Horns riescono a darne: tanto diretta e ruvida quanto deliziosamente accessibile. Un jazz funk “cantabile” abbastanza leggero per essere suonato anche in una discoteca o in una serata in casa con gli amici, ma al contempo sufficientemente intenso e virtuoso per essere apprezzato anche da un pubblico più vicino al jazz. Un progetto divertente, elastico, non cervellotico eppure nemmeno banale o semplicistico. Dopo aver conosciuto gli Haggis Horns avrete la certezza che il funk non è mai realmente uscito di scena, sta semplicemente cambiando i suoi protagonisti.